' I vano essere superate. La unificazione dei due partiti, e delle varie frazioni in cui si eran divisi, si imponeva con tutta chiarezza come una esigenza pregiudiziale della lotta. « I fatti del resto lo impongono - riferisco ancora le parole sue - anche al di sopra delle nostre minori antipatie e risentimenti. Se non possono muoversi i pa1·titi ufficialmente, i socialisti dell'uno e dell'altro campo debbono porre la questione e risolverla. Senza ritardo » . . Davanti a tali testimonianze, soltanto dei poveri di spirito e dei filistei, non di altro capaci che di biascicare la lettera e negati ad esplicare il verbo; soltanto dei ritardatari della storia, possono appigliarsi alle aspre espressioni contro il comunismo, che si accompagnavano {non vi è tra noi, alcuno cne lo ignori) a questo vaticinio. Con quale coscienza si può mai tentare di giustificare per questa via il fatto enorme che sta a carico dell,a socialdemocrazia nostrana, di avere essa riprodotto a freddo e con meditato calcolo la divisione, dopo che la unità dei socialisti, auspicata da Matteotti, era stata riconsacrata al fuoco della lotta antifascista e nel pieno di questa wtta aveva originato, per spontanea convergenza di indirizzo nell'azione, un patto di fraterna alleanza con i comunisti? Intanto onestà storica vuole che I' atteggiamento di Matteotti si collochi nel suo tempo, e che il raffronto si istituisca con una realtà tutt'altro che delineata ancora distintamente nei suoi tratti. Il comunismo si stagliava in quegli anni nei suoi aspetti più aspri e più accesamente polemici, esercitandosi, non senza eccessi e fuorviamenti, come forza di rottura del vecchio equilibrio in cui si era bilanciata la socialdemocrazia e1:1ropea, che alla lunga aveva trovato comodo, per sua mala sorte!, di scambiare il metodo democratico con la legalità borghese, fino a portarsi al limite della rinunzia. Se guardiamo in particolar modo ali 'Italia, a più forte ragione potreb315 Bib ioteca Gino Bianco
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