Si decise così il suo rapimento e quando nell'automobile maledetta gli ~ssassini lo tempestavano di colpi, Matteotti fieramente li investe: « Potete uccidere me ma non l'idea che sopravviverà ... ». Parole sublimi, che non appartengono alla leggenda, ma che furono effettivamente pronunziate, come ebbe a riferire il difensore di uno degli assassini durante l'istruttoria del primo processo. La sua morte fu il degno coronamento di tutta una vita, dedicata alla causa dei lavoratori, i quali non dimenticheranno la sua memoria. Ricordo che dopo la macabra operazione affidata ai periti settori, nel piccolo cimitero di Riano, i miseri resti delle sue carni martoriate furono ricomposti ed avviati alla stazione di Monterotondo. Quivi era convenuta una folla di lavoratori, in gran parte ferrovieri e contadini, ed erano anche presenti i componenti del gruppo parlamentare socialista con alla testa Filippo Turati, disfatto dal dolore. Intervenne anche, per un ipocrita atto d'omaggio, il presidente della Camera, Alfredo Rocco. Quando la salma fu sollevata per essere deposta nel vagone ferroviario, spontaneamente la folla si inginocchiò commossa. In piedi, impacciato, era rimasto solo Rocco. Dalla folla si elevò un grido possente : << In ginocchio! >) e l'autore delle più esecrate leggi fasciste dovette anche lui inginocchiarsi, piegato dalla volontà popolare, mentre il treno si muoveva lentamente. Questo episodio, cui assistei, assume il valore di un simbolo e di un ammonimento. Mentre i rigurgiti di un passato funesto, definitivamente condannato dalla grande maggioranza degli italiani, tentano risollevarsi per ridare a questa nostra Italia, gli orrori del Tribunale Speciale e di un regime di corruzione e di violenza, tutti gli uomini liberi debbono unirsi per 284 Biblioteca Gino Bianco
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