Giacomo Matteotti vive e vivrà sempre, come il simbolo eterno degli oppressi, dei perseguitati, dei torturati dal fascismo, in nome di una morale cinica e criminale che trovò l'esaltatore in Giovanni Gentile, per il quale il n1anganello omicida appariva come la grazia di Dio! Simbolo ma anche Nemesi vendicatrice, come rilevò Filippo Turati nel suo indimenticabile discorso ai parlamentari dell'Aventino, discorso che è anche una possente pagina letteraria e d1e dovrebbe essere ripetuto nelle scuole ai giovani ignari. Simbolo e Nemesi vendicatrice, per cui questo morto pesò sulla vita del fascismo e la sua Ombra dovette apparire al dittatore tremante dinanzi al plotone d'esecuzione. I lavoratori non potranno mai dimenticarlo, perchè sanno che tutta la sua vita fu una dedizione continua alFidea socialista e per la causa dei lavoratori si sacrificò e morì. Di famiglia borghese, avrebbe potuto vivere una vita tranquilla ed agiata. Giurista, economista, avrebbe potuto raccogliere dai suoi studi e dalla sua attività professionale cariche ed onori. Matteotti disdegna però gli onori e soprattutto la vita troppo facile. A 14 anni si iscrive al Partito Socialista ed il suo posto è tra gli operai, tra i contadini del Polesine. Tra salariati agricoli e proprietari della sua regione, nell'altro dopo guerra, infuriava una durissima lotta e Matteotti vi partecipa attivamente. Gli agrari lo odiano, lo perseguitano, lo calunniano colle accuse più atroci e più insulse, ma tutto ciò non lo turba e non fa che rafforzare il suo senso del dovere. Riservato, freddo all'apparenza, sdegnoso di ogni gesto demagogico, ac282 Biblioteca Gino Bianco
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