Umberto Terracini e altri - Matteotti

' I Egli ci ammonisce che dobbiamo colpire non a scopo di vendetta, ma per necessità sociale, tutti i ceti, le caste, le strutture, gli organismi, le istituzioni che al fascismo han dato vita e sostegno; che la Costituente, al cui verdetto tutti dovremo inchinarci, dovrà risolvere radicalmente questi problemi. Tutto ciò Egli dice ora a voi in quest'istante per tramite mio. Il· male però è che ben altro oratore meriterebbe il nostro Matteotti, ed io pensando a ciò confido e spero che nessuno di voi mi crederà artificioso quando vi dico che parlando mi sento invaso da mortificazione per la pochezza delle mie forze in rapporto alla riverenza per il nostro Martire, e alla solennità ed austerità di questa riunione. E la mia trepidazione è resa ancor più palpitante perché ancora tutti noi ricordiamo - perché l'eco non si è spenta nei nostri cuori - la sublime, insuperabile orazione che un altro grande scomparso, un altro uomo che a noi tutti fu superiore e maestro, e che un giorno dovremo particolarmente onorare, Filippo Turati, pronunciò quando le iene fasciste cercavano ancora di straziare il corpo e la memoria della loro vittima e si accanivano contro di noi che tentavamo di ribellarci a tanta infamia, a tanto delitto. Voi ben ricordate il fremito di commozione che pervase tutti noi quando l'incomparabile oratore, il grande Turati, disse per Matteotti parole che si possono ripetere perché sono ancora oggi vere come erano vere allora: « Egli non è ~n morto, non è un vinto, non è neppure un assassinato. Egli vive, Egli è qui presente e pugnante; Egli è un accusatore; Egli è un giudicatore, Egli è un vindice ». E Turati continuava con le parole rotte dal singhiozzo: « Non è il nostro vindice, o colleghi, sarebbe troppo misera e fu269 Biblioteca Gino Bianco

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