Umberto Terracini e altri - Matteotti

Procede fra interruzioni, ingiurie, rumori che tendevano a rendere fisicamente impossibile di farsi ascoltare. Egli tiene fronte alla tempesta con coraggio, con intrepidezza incomparabili, finché il Presidente, dopo avere in ogni modo tentato di farlo tacere, dà la parola ad un altro deputato. Matteotti resta impavido al suo posto: ha la parola, non la cede. Dice il resoconto ufficiale della seduta : « MATTEOTTI- Onort~vole Presidente ... « PRESIDENTE- Onorevole Matteotti, se ella vuol parlare ha facoltà di continuare, ma prudentemente ». Questa parola fa fremere. « Prudentemente ». Non occorre esser dotato di una straordinaria fantasia per immaginare che proprio in quel momento cominciasse a maturare il proposito, a delinearsi la minaccia di quella soppressione che doveva avvenire dieci giorni dopo e che qualche parola minacciosa fosse udita dal Presidente. In ogni caso, il preavviso era nelle cose. Il Presidente, dunque, facendo prevalere una preoccupazione di umanità sulla ferocia naturale del suo ambiente, concede di parlare, ma consiglia di parlare con prudenza. E Matteotti risponde: « lo chiedo di parlare non prudentemente, non imprudentemente, ma parlamentarmente ». E continuò a parlare. Poneva così Egli stesso, direi in maniera solenne, consapevole, la ragione della soppressione: impedire l'esercizio del diritto parlamentare nella sua forma più pura, più assoluta, direi più sublime: la libertà di parola, e con essa e per essa il controllo e la censura del governo, il freno della tirannide. E lo uccisero. 255 ·Biblioteca Gino Bianco

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