di Forni, alle bastonature di Rosetti e di Gonzales, fino all'assassinio di Piccinini, era una catena sola. Il delitto era entrato nel costume. La con8uetudine aveva vinto ogni capacità di sorpresa. La sopportazione degli italiani era stata sottoposta a collaudi veramente imponenti. L'omertà e l'acquiescenza erano nell'aria. Tutto si poteva osare. • * • Ma per uno di quei fenomeni complessi che hanno la loro or1g1ne nei recessi più profondi della coscienza individuale e collettiva all'annunzio del delitto di Roma la catena di omertà e di acquiescenza si spezzò. In tempi di sconvolgimenti profondi, pur essendo avvezzi a vedere atti delittuosi molteplici e vari, accade talvolta che se ne verifichi uno il quale appare compendiarli e superarli tutti. L'assassinio di Matteotti è di questi. Con quel delitto l'Italia ebbe improvvisa la visione della propria abiezione, sentì cigolare i cardini della sua vita sociale, si scosse, urlò, formidabile, il suo sdegno. Ed il fascismo - fino allora - tracotante, ebbe paura. Il momento fu grave, pieno di incognite paurose. Ma tra l'ondeggiamento minaccioso ed oscuro delle masse e la pavida perplessità del potere esecutivo, si levò austera e solenne la voce dei veri eletti del popolo, che parlarono pacati alle masse, aperti al potere, affermando nella serenità della propria coscienza che giunto era il momento non della vendetta, ma della giustizia, non della tregua ma della pace. Giustizia e pace che non potevano e$sere raggiunte che ristabilendo l'imperio della legge che altro non è se non la traduzione giuridica della coscienza morale posta in fondo ad ogni uomo . • * • La necessità di coalizzare tutte le forze antifasciste per difendere quel minimo di libertà che era rimasto e per preparare la riscossa dal giogo di 218 Biblioteca Gino Bianco
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