.- ••• La lunga, conclusiva ed esauriente istruttoria dei delitti di ratto ed assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti, la quale era costata a me e al povero mio collega Umberto Guglielmo Tancredi tanto sfibrante lavoro, tanti sacrifizi e pericoli, ebbe il suo triste e vergognoso epilogo nella sconcia e lugubre farsa giudiziaria di Chieti, messa in iscena dalla farisaica requisitoria di Nicodemo Del Vasto e Vincenzo Crisafulli e dalla non meno farisaica ed ipocrita sentenza di rinvio a giudizio manipolata da Silvio Favari ed Antonio Albertini ( il terzo valente Consigliere Enrico Randaccio, magistrato egregio ed indipendente, votò in senso opposto ai suoi colleghi, dopo di avere vanamente tentato di richiamarli al senso del pudore, della responsabilità e correttezza, come dichiarò a me e a Luigi Giampietro, allora Procuratore Generale alla Corte di Appello di Palermo e come del resto fu noto nello ambiente giudiziario di Roma, subito dopo la pubblicazione della sentenza) e venne recitata nell'aula della Corte di Assise di quella città, dai due principali attori Francesco Denza, Presidente. ed Alberto Salucci, rappresentante il P. M. sotto la guida e direzione dell'ex manovale ferroviario Roberto Farinacci, il quale poco tempo prima aveva compiuto, novello Pico òella Mirandola, il miracolo di conseguire, nel breve giro di poco più di un anno, la licenza ginnasiale, quella liceale e la laurea di dottore in legge. A Chieti, in quella circostanza di tempo, la Giustizia venne oscenamente stuprata poichè colà non si fece la causa per giudicare e punire i delinquenti e complici ma, invece, cosa che supera i limiti della credibilità, si fece la causa contro l'assassinato. Infatti furono esaminati testimoni falsi che, con menzognere deposizioni, tentarono oscurare la chiara fama della vittima infelice, e tutte le arringhe pronunziate nel corso del dibattimento non furono, in sostanza, che tan212 Biblioteca Gino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==