Affermarono che la mattina del 10 giugno, Cesare Rossi e Carlo Bazzi - coi quali avevano stretto legami di amicizia e simpatia - si erano presentati alla pensione, invitandole per il pomeriggio ad una gita di piacere ai Castelli Romani. Esse avevano accettato con piacere l'invito e i due cavalieri erano tornati alle ore 15 dello stesso giorno a rilevarle con una elegante automobile. Dopo un rapido giro per i Castelli, la brigata si era recata a Frascati dove aveva consumato un lauto pranzo. Le due testi esclusero che durante il banchetto Rossi e Bazzi avessero parlato fra loro di politica. Solo dissero che, ad un certo punto, i due, discorrendo :fra loro, mentre le signorine mangiavano, avevano accennato a qualche cosa che in quel momento avveniva a Roma. L'indomani ci recammo a Regina Coeli per contestare al Rossi quanto avevamo appreso il giorno precedente. Rossi non riuscì a celare il suo disappunto e, rivolto a me, con aria indispettita disse: « Lei, signor Presidente, va scovando anche gli avvenimenti della mia vita da scapolo. Che cosa c'entra il banchetto di Frascati con l' affare Matteotti? ». Ed io, con volto severo: cc Voi v'ingannate e di grosso, ritenendo che il fatto che vi si contesta nulla abbia da vedere col delitto Matteotti. Con quella gita a Frascati, nelle ore della canicola solare, e precisamente quando dalla banda macabra si eseguiva il ratto del deputato socialista, voi e Bazzi avete chiaramente dimostrato che eravate già a conoscenza dell'orrendo delitto che si doveva consumare proprio mentre stavate banchettando, e volevate precostituirvi per ogni evenienza la prova dell'alibi. Tutto ciò costituisce, a carico vostro e del vostro amico, un nuovo elemento di prova della vostra colpabilità ». A queste mie parole, Rossi mutò contegno e divenne pensoso. A proposito rammento che in uno degli ultimi interrogatori il Rossi, pen180 Biblioteca Gino Bianco
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