' . allora diretto dal famigerato Virginio Gayda, colui che durante il ventennio della tirannide fascista fu il peggiore avvelenatore della pubblica opinione e che infine pagò con la vita il fio della sua miserabile dedizione. Quando il terreno fu così preparato, venne fucinata negli antri del « Messaggero )> e mandata alla Sezione di Accusa una denunzia contro i dirigenti la Banca Commerciale, accompagnata da una lunga lista di testimoni, in testa alla quale figurava il nome del Gayda. Pervenuta questa denuncia, ci trovammo di fronte a uno spinoso dilemma: o cestinare la denunzia, che appariva evidentemente infondata, presentando così il fianco all'addebito di favoritismo verso le opposizioni coalizzate sull'Aventino, oppure prenderla in considerazione, iniziando l'esame dei denunzianti e dei testi indicati da costoro, il che avrebbe richiesto l'impiego di oltre venti giorni, come si verificò. Dopo lungo esame, adottammo questo secondo partito. Quasi tutti i testi e i denunzianti ennero esaminati da Tancredi, tranne il solo Gayda, fucinatore della denunzia, che mi riserbai esaminare personalmente per potere ammirare fino a che punto sarebbe arrivata la sua inverecondia nel deporre il falso. La i;ua deposizione fu assai lunga. Egli rispondeva parlando a testa bassa per sfuggire al mio sguardo indagatore. Pochi paltonieri del giornalismo ~ della politica, fra i tanti da me conosciuti durante la lunga permanenza in Roma, eguagliarono moralmente il Gayda. 1'73 BibliotecaGino Bianco
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