Parlando della lugubre farsa giudiziaria di Chieti, non potei trattenermi dal dirgli che quel triste episodio non tornava certo ad onore del regime e che aveva coperto di obbrobrio i nomi di quei magistrati i quali avevano preparata quella sconcia commedia giudiziaria e degli altri due che l'avevano recitata sotto la guida di Farinacci. A questo mio franco linguaggio il Vaselli che, quantunque fascista, conservava in fondo all'anima sentimenti di uomo onesto, mi rispose con le parole che io ben ricordo: « lo per me, caro Presidente, tutti i dieci mandanti, esecutori materiali e complici, li avrei condannati all'ergastolo come si meritavano, ma ciò non era possibile fare perchè Cesare Rossi era in possesso di segreti delicatissimi, che avrebbe indubbiamente rivelato i.n Corte di Assise. Allora si ricorse al ripiego di separare l'omicidio dal ratto e, con il Rossi, estromettere dal processo anche Marinelli, Putato, Filippelli e la spia jugoslava ». A questo punto, ricordi il lettore le parole dette a me, in confidenza, da Cesare Rossi nel suo penultimo interrogatorio, nel momento in cui ci eravamo trovati soli « Il buon generale riserba i migliori colpi per l'ultima prova della battaglia; allorchè saremo in Corte di Assise, dal mi.o banco di imputato rivelerò tutto quanto ha fatto ed intendeva fare Benito Mussolini)). Continuando sempre quel colloquio confidenziale, Vaselli mi disse: ccMa Lei sa cosa fecero quei porci la sera del loro ritorno dal bosco della Quartarella? Andarono a lavarsi le mani, bruttate dal sangue di Matteotti, nella casa del Fasciolo, segretario particolare di Mussolini! )). Mi fece inoltre sapere che, per disciplina di partito, egli aveva dovuto accettare l'incarico di assistere Dumini davanti la Corte di Assise di Chieti e che, per questo motivo si era recato in quella città. Esaurito il testimoniale, la sera prima dell'inizio della discussione - mi raccontò Vaselli - si erano riuniti in casa del Presidente della Corte, Francesco Denza, tutti i di169 Bibliotec.a Gino Bianco
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