Rammento molto bene che quando parecchi anni dopo il Bertini, raggiunti i limiti di età, dovette essere d'ufficio collocato a riposo, Mussolini, con una lettera pubblicata dai giornali del tempo, nel darne l'annuncio, lo ave- , a lodato specialmente perchè in un niomento delicato per la vita nazionale si era, conte Questore di Roma, egregzamente comportato. In quei giorni ci recammo ad eseguire una minuziosa perquisizione nell'ufficio di Cesare Rossi, al Viminale, togliendo i sigilli che avevamo fatti apporre dopo il primo interrogatorio di costui. L'operazione fu assai lunga e fastidiosa, perchè dovemmo esaminare una enorme massa di carte trovate nella scrivania del Rossi e in certi scaffali. Questo lavoro ci impegnò per tre giorni senza che avessimo potuto trovare documenti attinenti al processo in istruzione. Avendo il Rossi detto che egli non possedeva più le chiavi della cassaforte, incassata in una parete dell'ufficio, fummo costretti a chiamare un fabbro ferraio per farla scassinare. Essa conteneva una forte somma di danaro, destinata alle sovvenzioni segrete che il Rossi versava mensilmente nelle mani dei giornalisti, i quali avevano venduto la penna e l'anima a Benito Mussolini. Trovammo inoltre la lista completa di codesti spregevoli gaglioffi, i quali con ridicola burbanza si atteggiavano a rappresentanti della pubblica opinione, che essi interpretavano e rendevano così come Pulcinella rappresen• ta l'anima e lo spirito del popolo napoletano. Leggendo quella lista e le ricevute rilasciate al Rossi, debitamente firmate dai beneficati dai fondi segreti del fascismo, rinvenimmo anche nomi di giornalisti che prestavano l'opera loro in fogli avversi al fascismo. Il mio stupore crebbe al massimo quando fra i beneficati lessi il nome 142 Biblioteca Gino Bianco
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