Alessandro Schiavi - La vita e l'opera di Giacomo Matteotti

84 LA VITA E L'OPERA DI GIACOMO MATTEOTTI C'è qui, e nel seguito, tutta l'angoscia del Segretario del Partito Socialista Unitario, solo, isolato, impotente di fronte alla marcia fascista, al manifesto reale rientrato, alla chiamata di Mussolini dal re, al suo incarico di comporre il Governo. E subito dopo il 28 ottobre, ai primi di novembre, egli scrive al Turati : « ... tutto si è svolto fuori di ogni nostra azione o possibilità di azione ». « Se il Governo o il re avessero voluto resistere, sarebbe stato facilissimo. Si dice che il re dapprima avesse consentito allo stato. d'assedio: e solo poi abbia pensato altrimenti. Si dice che i comandi di esercito abbiano risposto che essi erano pronti a resistere solo se il Governo voleva fare sul serio. Ciò che ... naturalmente Facta non voleva». E conclude: « L'unica questione da dibattere è questa: se l'atteggiamento nostro debba e possa essere apertamente avverso, o se bisognerà, per vivere, vellutare la nostra opposizione, considerare il fatto rivoluzionario ed esclusivamente dannoso alla democrazia, e portarci sui problemi concreti » .4 Cominciano le ambascie per il contegno di alcuni compagni e, a proposito della andata di Gino Baldesi a Gardone da D'Annunzio, si disse per salvare la Confederazione del Lavoro, e meritevole perciò di « riconoscenza ». « Non sento - scrive al Turati 1'8 dicembre - che noi gli dqbbiamo alcuna " riconoscenza per essersi esposto alle malignità ", ecc. Oggi ci vuole assai poco coraggio ad esporsi a tali specie di malignità. Ce ne voleva nel 1919-20 quando ti ci esponevi tu. Non oggi, che tutti sanno con 4 Op. cit., p. 201. Biblioteca Gino Bianco

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