318 LA VITA E L'OPERA DI GIACOMO MATTEOTTI fretta e furia, poterono presenziare. Ma vi era anche, pel Senato, un vecchio generale, il senatore Zuppelli visibilmente commosso; e - appartato dal crocchio - l'allora Presidente della Camera Fascista, on. Rocco. Nessun segno, neanche in lontananza, di squadristi o camicie nere. All'atto dell'introduzione del feretro nel carro funerario, uno dei nostri - che doveva poi espiare la sua fedeltà con una lunga relegazione alle isole - intimò con ferma voce : " Tutti in ginocchio!" E tutti, innanzi a tutti il vecchio generale, si inginocchiarono. Solo l'on. Rocco si piegò a mezzo, a grande stento e indeciso, come chi vuole e non può. L'anchilosi morale era più forte dell'ipocrisia. « Fu ventura che la Signora Velia, improvvisamente ammalatasi, o alla quale le forze erano mancate, non venisse con noi. Così non assistette alla lunga penosissima sosta nella stazione di Bologna, della quale gli accessi al pubblico erano stati severamente vietati, ma i binari erano occllpati da un'orda di camicie nere, cariche di armi, che circondarono la nostra vettura irridendo e insultando cinicamente i dolenti e il cadavere. Qualcuno pronunciò le parole : " Questo è il primo; poi verranno gli altri ". Giammai umanità mi parve più caduta in- basso. Un manipolo di ferrovieri salutava da lontano, timidamente, levandosi il berretto, guardandosi attorno sospettoso. « Quando nella scialba mattinata, dentro il borgo che era tutto silente come un camposanto, il feretro fu _portato, a braccia di compagni, dalla stazione alla casa, il salotto a terreno era già convertito in c~ppella ardente. Poco dopo, annunciata da un ansioso mormorio degli astanti, scendeva, barcollando, la Signora Isabella. La vedemmo lanciarsi sul feretro come indemoniata, nell'atto di una lupa cui si fossero uccisi i lupetti; e, stringendolo convulsa come se non volesse abbandonarlo mai più, la udimmo er9mpere in un fragore di ululati e di imprecazioni che l'animo non mi BibliotecaGino Bianco
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