Alessandro Schiavi - La vita e l'opera di Giacomo Matteotti

280 LA VITA E L'OPERA DI GIACOMO MATTEOTTI poscia estradato e interrogato, « si chiuse nel più assoluto silenzio, e atteggiava le labbra a un sorriso di scherno». Siccome l'opinione pubblica accusava come complici del delitto Aldo Finzi, Sottosegretario di Stato agli Interni, e il generale De Bono, direttore generale della P.S. e Capo della Milizia fascista, furono sentiti entrambi. Finzi negò d'aver avuto alcuna parte sia pure indiretta nella perpetrazione del delitto, e che il denaro occorrente per effettuare i delitti fascisti in Italia fosse stato versato dai fondi segreti del Ministero, facendo capire çhe lo fosse dai fondi segreti del Partito amministrati da Marinelli, e che mesi prima il ministero dell'Interno, per ordine di Mussolini, aveva versato una cospicua somma nelle mani di Amerigo Dumini. De Bono, presentatosi spontaneamente, riferì di una riunione segreta tenuta il 12 giugno dopo l'arresto di Dumini e Putato, fra lui, Finzi, Rossi e Marinelli, dove dal Rossi seppe che i due arrestati avrebbero finito col parlare. E il De Bono : « E che cosa potranno dire? ». « Diranno », riprese il Rossi « che è stato il Presidente che ha ordinato loro di rapire Matteotti ». De Bono: « Bada come parli! ». Marinelli confermò : « Sì, Eccellenza, le cose stanno proprio come ha detto Cesarino». L'indomani De Bono informava di ciò per telefono. Mussolini che rispose : « Ho capito, mi vogliono ricattare. Bene, bene, ce la vedremo. Domani mi dirai tutto». L'indomani, contestato al Finzi quanto aveva detto il De Bono, confermò e aggiunse particolari di secondaria importanza. Finzi, odiato e destituito da Mussolini, sorvegliato così da non riuscire ad evadere in Francia, finì nell'ultima fase della guerra, tra gli ostaggi ·dei tedeschi e fu fucilato alle Fosse Ardeatine. BibliotecaGino Bianco

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