SULL'AVENTINO 211 Ove la SUia ombra si leva, ivi si stende attorno la soletn:nità del deserto. Nei parliamo da quest'aula parlamentare memtre non vi è più un Parlamento. I soli eletti stanno sull'Aventino delle loro coscienze, donde nessun adesc:amernto li rimove sinché il sole della libertà 1IIOn albeggi, l'imperio della legge non sia restituito e cessi la rappresentanza del popolo di essere la beffa atroce a cui l'hanno ridotta. Le futili contese taccionio fra essi, e una grande unità si costituisce fra essi tutti e fra ,essi•e l'ooima della Nazione. Qu.ella, che fu la maggioranza, è ridotta a un rej>Ulrtodi milizia, cui è intimat,o l'obbedire in silenzio, perché ogni sua parola la disgregherebbe. I due tro,rwo,ninon si saldano. E i politici già si dom,andano se vi sia più un Governo, se vi possa essere più un Governo. Se vi è per l'Italia; se vi è per il resto del mondo. Ma un paese moderno non vive senza queste· cose che vennero rrw.rw: un Parlameinto rispettato e libero; un Governo legale e no,n sospettato. Signori, dall',eccidio di Giacomo Matteotti la. nuova storia d'Italia incomincia. A noi solo un compito: esserne d~gni. Eppur.e, neppure questo ci consola. Perché,, se un eccidio, e il più brutale degli eccidi era necessario, una cosa non era necessaria: che colpisse Lui. E, se parve, c,ome ho detto, ch'egli fosse il più desigrnato perché era il più forte e il più degno, dice l'effetto che non sempre è profetessa la malizia ,dei masnadieri. Lui giovane, Lui forte, Lui armato di tutte le armi civili, Lui temerario nel ooraggw, Lui che si fece volontarrio della morte - questo fanciullo dagli occhi pieni di bontà, che tutti ci rimbr.ottava ed a tutti indulgeva, perché tutto sapeva comprendere e sapeva la inanità ,delle prediche contro la umana fralezza; Lui, figlio di una madre antica, che geme; Lui, sp,oso di una sposa giovine, che paventa di' Biblioteca Gino Bianco
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