Alessandro Schiavi - La vita e l'opera di Giacomo Matteotti

SULL'AVENTINO 207 mlO, per le quali vivemmo, per Ze quali oggi più che mai abbiamo, anche se stanchi e sopraffatti dal disgusto, il dovere .di vivere. E il dover.e di viver,e è ,am,.ch,e, soprattutt,o, il dovere di mo<rirequando l'ora lo comanda. Di morire per rivivere; .di morire perché tutto un popolo morto riviva;' di morire ,perché il n;,ostro sangue purifichi le zolle, le s-acre wllei della Patriia, che alla Patria - se le fec,<YTl!lii su.do-redi servi - procacciano messi avvelenate. E qu:.estovivo, che è qui accanto a me, alla mia destra, ritto nella sua svelta figura di g~vmnle arciere, di cui voi vedete il so-rris,o,di cui v,oi scorgete il cipiglio - perché n,on è wn'allucinazioine, pe,nché lo vJedetè, perr:chéoon vi ing~nno, - questo vivo, questo sup«stite, questo ormai immor,tale e invulnerabile, fatto tale d'(li netmici nostri e d'Italia; questo vivo, nell'odierno rito, è trasfigurato. È Lui ed è tutti. È uno ed è l'universale. È un individuo ed è una ge:nte. Invano gli avranno tagliuzmto le membra, iinvano (come si narra) lo av11ammoassoggettato allo scempio più atroce, invano il suo vi;o, dolce e severo, .s,arà stato sfigurato. Le membra si si<moricomposte. Il miracolo di Galilea si è rinnovato. A che le vane ricerche, o farisei d'ogni stirpe? A che gli idrov,olamti sul lago, a che il perlustrore la macchia, il frugare nei forni? L'avello ci ha reso la salma. Il morto si leva. E parla. E ridice le parole s-antle,strozzategli nella gola, che furono da wno dei sicari tra·mamdate alle genti, che son Sue quamd'anche non le avesse pronunciate, che s.o,n vere se anche non fossero realtà, perché sono l'anima Sua; le parole che si incideran11,o nel bronzo sulla targa che mureremo qui o sul monum,e,nto ,che riz~ sulla piazza a monito dei futuri : « Uccidete me, ma l'idea che è in me no,n la ucciderete mai... La mia idea non muore ... I miei bambini si glorieBibliotecaGino Bianco

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