132 LA VITA E L'OPERA DI GIACOMO MATTEOTTI per quella data, nessuno è preparato e il tempo manca per concentrarsi perché si ha la sensazione che, nessuno domandando la parola, il presidente sta per chiudere la discussione e proclamare legalmente eletti i deputati fascisti. Matteotti volge un'occhiata in giro, vede quella perplessità, e siccome, oltre l'audacia, ha più o meno in memoria la documentazione, s'alza e comincia. « Un altro rilievo, che può essere fatto solamente da un conoscitore della tecnica parlamentare : in ragione dello spazio occupato quel giorno da Matteotti nei resoconti stenografici della Camera, il suo discorso avrebbe dovuto durare venti minuti, mentre durò un'ora e mezzo. « Il tempo in più fu occupato dalla deputazione fascista: trecentocinquanta energumeni che, a getto quasi continuo, eruttavano valanghe di rumori e di ingiurie, grida di "provocatore! traditore! venduto! "; mostravano pugni tesi, accennavano a scagliarsi all'assalto dei banchi della opposizione, mentre Matteotti res_tava diritto al suo posto, calmissimo, interrompendo talvolta il suo dire per lasciare passare le ondate di voci più intuonanti e riprendendo poi la parola al punto stesso in cui l'aveva sospesa. « Ma bisogna essere giusti anche con i nemici. Quegli " onorevoli "· in camicia nera non avevano torto nel darsi in preda a così grande indignazione. Quelle trecentocinquanta medaglie di deputato erano state guadagnate mediante uno sforzo grandioso : circa un milione di reati a termine della legge elettorale, come fu poi calcolato. Matteotti domandava l'annullamento in blocco dei risultati di tanto lavoro, dimostrando, con fatti e cifre, che nelle elezioni generali del 6 aprile 1924 il fascismo aveva vinto unicamente colla violenza e colla frode. « Più grave ancora: questa dimostrazione veniva fatta, non soltanto al cospetto dei deputati dell'opposizione, già informatissimi, e veniva raccolta dagli stenografi che la avrebbero eternizzata negli " atti ufficiali " della Camera, Biblioteca Gino Bianco
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