Mario Mariani - Matteotti

- 38in fondo agli occhi e aggiunse: « Del resto dipende dai giovani, dipende da voi... » Tirò un lungo sospiro e ripetè ancora: « Bisognerebbe essere giovani. .. N.oi non eravamo forse preparati a questo genere di lotta ». Mi strinse la mano, si calò il cappello sugli occhi e se ne andò, curve le spalie, traballando. Ma egli aveva in orrore il sangue e sopratutto la responsabilità del sangue. E non teneva in nessun conto l'onore del suo partito. Lo rividi ancora, per l'ultima volta in Italia, quattro o cinque giorni prima dell'attentato di Anteo Zamboni del quale attentato come spiegherò in altro luogo, i sovversivi non ebbero nessuna colpa, nemmeno morale. L'attentato di Anteo Zamboni, con le sue conseguenze, distrusse anzi la possibilità di un tentativo che non mirava alla vita del Presidente, ma che mirava, con un rapido colpo di mano da eseguirsi a Roma, da pochissimi disperati, a capovolgere d'improvviso una .situazione. Ora i pochi che dovevano partecipare al colpo di mano sapevano che probabilmente avrebbe loro costato inutilmente la vita e siccome nel Fascio di Milano avevano due o tre fiduciari sapevano anche che la rappresaglia sarebbe stata dovunque terribile. Il Fascio di Mi'lano aveva in nota centosettantadue persone che dovevano essere sgozzate, nel loro domicilio, in caso di morte del Presidente o di qualunque serio conato di rivo'lta. Dovunque potemmo avvertimmo senza destare sospetti, coloro che erano registrati nelle liste d'ostaggi, di andarsène. La mattina del venticinque ottobre io dunque salivo, insieme ad altro noto socialista di cui taccio il nome perchè ancora in patria, le scale di casa Turati per avvertirlo che, per i primi di Novembre, era necessario si allontanas.se da Milano e dall'Italia. Egli scosse la testa con un -;orriso doloroso. Eravamo nella camera dove c!R poche :-;cl!irnnnc era BibliotecaGinoBianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==