Mario Mariani - Matteotti

- 31 - che essi ritenevano l'Italia anche più vigliacca di quel che era effettivamente. Nel pomeriggio de'l dodici Giugno il Duce di presenta al-· la Camera. Un ansia cupa tiene Roma· e l'Italia; è un incubo che pesa sulla vita della nazione, vi peserà poi per settimane e per mesi e, non ostante tutti gli sforzi per dissiparlo, vi peserà in eterno. La Camera è nervosa, agitata, convulsa; l'occupa, con la calura estiva, il senso de'll'uragano imminente e un oscuro malessere che nessun parlamento, nessuna assen.1blea ha saputo mai. Consessi di popolo hanno discusso di colpe, di delitti, ma si trattava di crimini politici compiuti nel sole in nome d'un principio e d'un ideale, crimini che qualcuno osava giustificare in nome dt una suprema giustizia. Niente di tutto questo qui; qui la viltà dei mandanti e degli esecutori, un sangue puro insozzato dal solo contatto di i;hi lo versa, e l'ombra attorno e il mistero; qui la vergogna di trascinare la lotta civile nei vicoli oscuri dell,a malavita, nel drammaccio volgare, qui l'agguato iniquo, la lunga premeditazione, il tentativo di occultare il cada vere, le prove, lo sgomento degli assassini, il sudiciume della menzognia. Vioienza senza bellezza: infamia. Una angoscia cupa tiene l'opposizione che vorrebbe ancora sperare, una cupa angoscia divora i deputati della maggioranza, i complici che già sanno, ma che si preparano alle estreme dife,se, ad altri delitti forse pur di salvare il colpevole che li travolgerebbe cadendo. E il colpevole è là, al banco presidenziale. La faccia flaccida, cagnazza è più pallida dell'usato, su'l cranio lucido che la sifilide ha spelacchiato si rappiglia il sudore freddo, l'occhio spento è smarrito, non si fissa più per minacciare nell'abituale grottesca smorfia d'imperio e di ferocia, l,a bocca ignobile accentua l'arco laido del labbro superiore e trema, la pappagorgia da Pulcinella, da parassita invecchiato si Biblioteca Gino Bianco

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