... ---- 22 - Giacomo Matteotti fu freddamente inesorabile. Terminato il discorso, fra gli urli e le minacce della maggioranza, eg-li si allontanò dalla camera dicendo agli amtci e.be si congratulavano con lui: Sta bene, ma adesso preparatemi l'elogio funebre. •. Era perfettamente conscio del suo destino. E infatti, .forse a pochi passi da lui, forse nello stesso corrldoio, il despota i cui sistemi erano stati smascherati, pronunciava, forse nello stesso minuto, l'altra frase, rimasta parimenti storica: Quella bocca bisogna chiuderla con un colpo di revolver. Era 1la sentenza, di morte. Ma ci sono degli uomini per i quali la sfida alla morte è un dovere d'ufficio. Tale doveva considerarla Giacomo Matteotti che in tutta la sua opera antifascista aveva portato la meticolosa pre- -cii;ione di un diagnostico curioso dei minimi particolari. Dicono che fosse malato d'un male che non perdona, ma quet male l'anima sua sapeva, superando, obliare. . C'erano tre bambini che gli si avvinghiavano alle ginocmia e.d a,nche quei bimbi egli seppe, forse con uno strappo angoscioso alle più intime fibre del cuor del cuore, superande, obliare. Perchè egli non s'i'lludeva ..... E questa è la sua gloria maggiore; egli non era della sehitira d'imbecillì che sentenziavano: fin qui non arriva. Bgli.- aveva sentito da tempo - tutti quelli che l'accostavano àanno riferito i suoi presentimenti - aveva sentit,o che, a un tratto, per l'nfamia delle alte sfere governative, delle conserterie, della borghesia tutta, ma sopratutto per l'infamia d'un frasfuga del socialismo impazzito di rancore e d'ambi- .lÌ.ena e pel cieco fanatismo dei suoi segugi prezzolati, tutto il sistema della lotta politica si mutava e alla battaglia d'idee, a;lla polemica più o meno aspra, succedeva una guerra · Biblioteca Gino Bianco
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