Ricordi personali Fu in una maLt.inadi quell'inverno 1921 che Giacomo Matteotti, con un gran berrettone calato fin su gli occhi, con un gran mantello nero, la barba lunga, capitò alla Associazione Veneta Cooperativa, domandando di me e dell'amico on. Giacometti. In hreve sapemmo che egli aveva dovuto abbandonare il Polesine, che però non voleva i;tarsene troppo distante dalla mamma, dalla moglie e dai figliuoli e ci pregava di procurargli una stanzetta dove poter lavorare e ricevere i suoi compagni polesani, profughi come lui. E gli trovammo una stanzetta vicino alla Piazza S. Marco, ma essendo troppo centrale, egli veniva a lavorare nei nostri uffici. Fu cosi che iniziammo la nostra amicizia che poi si· rinsaldò sempre più. E fu da allora che conoscendolo ben diverso da quello che lo avevo creduto imparai a volergli bene. Lo conobbi lavoratore instancabile, studioso appassionato, anima ardente, indagatore freddo, compulsatore di cifre, analizzatore di fatti. Lavorava e infondeva agli altri la voglia di lavorare. Essendo con lui, vicino a lui ol si vergognava nello star senza far niente, e allora gli si domandava di poter far qualcosa. Veramente egli raramente lasciava il tempo di star senza far niente, perchè qualche 'incarico lo aveva sempre da dare, sia che fosse vicino sia che fosse lontano.' E come non aveva riguardo lui per Il Partito a far qualsiasi cosa, financo l'afflssatore di manifesti, esigeva che altri non avesse riguardi. Ah quante volte si mostrava indignato con quelli che si mostravano pigri o ohe si «vergognavano», che temevano di umiliarsi I Ma poi finiva col riderne e far lui, tutto lui. Biblioteca Gino Bianco
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