• • • • ' r • • • I I l I • • • l • • • • ,. I • ' • • • ' • • , • • • , ( • • , , • .Nel 1° • • • • • • . ' . , • • • ( • • • - ., • ., • • • • > I • • • .. ... • • I • • • • t • • • , ,. ' • \ • • ' • • ' • , ' • • • { • • • I A .....,.... ' d 1 . ~ n:1l1versar1e0 suo • • ' • • • t • I • • • • ... I • . • • • , • ' V. • • • .•...•. ' • • • • • , , I • I • • ' • • ' I • • t • • • 1 • \ • • \ • ' , ' ' ,. martirio • '· • • • \ , • , • ,.. . ' • ' . • ' ' • , • I • • ' • • • • , A cura del Coµ1itato Centrale delle opposizioni • • • ' • • • • i • • • • ,. < • ' • I J • • • • ' ' , • • • 1/ • • • • • • • I j • • • • • I • • • • • ROMA· I • ' :/_ ·, • • ' I • • . TIPOGRAFIA LUIGI MORARÀ. P. CELIMONTANA 39--B ---· '\ I / • ' • • • • f • • • • • • , • • • " , • • , • • • • , ' Con il contributodi PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Struttura di missione :umh·crsari nazionali cd eventi sportivi nazionali e imcrnazionali • • • , • , • • •
Biblioteca Gino Bianco
Biblioteca Gino Bianco
Giacomo Matteotti Nel I O Anniversario del suo martirio ----➔--- Con la coIIaborazione di : M. Abbiate - L. Albertini - G. Amendola · - A. Ani!e G. Ansaldo - G. Baldesi - C. Bellieni - M. Berlinguer - R. Bracco - E. Carrara - G. Caprin - E. Chiesa - Colonna di Cesarò - E. Corbino - C. De Lollis - F. Degni - L. Einaudi - G. Florian - G. Fe1·rero - N. Festa - T. Gallarati Scotti - P. Gobetti - E. Gonzales - A. Graziani - A Levi - A. Mancini - G. E. Modigliani - E. Molè - R. Mondolfo - E. Presutti - F. Ruffini - M. Ruini - C. Sforza - A. Stoppato - L. Salvatore11i - E. Scaglione - F. Turati ..:. G. Tarozzi - G. Trentin - M. Vinciguerra. A cura del Comitato Centrale delle opposizioni Biblioteca Gino Bianco
Biblioteca Gino Bianco
Nell'anniversario del sacrificio ITALIANI! n 10 Giugno cade l'anniversario del macabro <tSS<tssiniodi GIACOMO MATTEOTTI, immolatosi consapevolme·nte per la libertà e per i lavomtori d'Italia. n siw sacrificio riassume, comeiin simbolosacro, tutta la recente tragedia del popolo italiano. Gli oppressi e i martoriati di ogni classe e d'ogni mestiere, le innumeri schiere silenti alle quali egli aveva consacrato il cuore e la vita, videro nel suo martirio rispecchiato il loromartirio; nella sua fede operosa,, nella sua resistenza audace e tenace, videro - e vedono ancora - l'esempio animatore, che addita <td essi la via della redenzione immancabile. Perciò in tutti gli spiriti liberi, di ogni ceto e d'ogni parte, che tengono fede alle grandi idea,l-i,tà civili in nome delle quali fu compostal'Italia - contro le quali non potrebbe che disfarsi e corrompersi - la commemorazione del Martire assurge all' altezza di un rito. E, dentro e fuori il patrio confine, dovunque umanità e libertà riscuotono un culto, il nome di GIACOMO MATTEOTTI suona speranza pei miseri, conforto per gli scorati, incitamento agli animosi, ammonimento per tiitti. In questo giorno - cittadini e lavoratori d' Italia - noi invitiamo alla pietà dei 1·icordi: ma il rimpianto pietoso, ma la stessa commemorazione riBibliotecaGino Bianco
-6conoscentee commossa sarebberogesto e strepito vano, parrebbero irrisione al martirio, se l'evocato esempio del prode caduto non persuadesse a ciascuno il proposito saldo di accoglierne nel citore e negli atti la, virile fierezza, di affrontare, ove occorra, la iniqua persecitzione per la, causa, immensa alla q1taleegli si immolava. ITALIANI! .Dalla salma mal sepolta di GIACOllfO MATTEOTTI, dal rustico cimitero di Fratta Polesine che ne accoglie i resti a,ncora tormentati, dai litogM, che videro il principio e la fine del suo sublime olocliitsto e ne conserva,no il brivido, si leva arcana 1ma voce, solenne come una intimazione dei fati: La tragedia che ci ltvvelena, qiiesta incivile sequela cli sopraff'azioni e di rappresaglie, di rica,tt-i bnrbarici intimati e sofferti, che fa gli itomini lli unlt terra medesima pavidi e rissosi a vicenda e Rtranieri e nemici fra loro, .DEVE aver fine. L' 1tlilili sia de' sitoi figli, m.asia di TUTTI i sitoi figH. Cess•inole armi brandite nella pa,ce, cessi il li<dibrio del ba.çtonelevato sul capo ai fratelli, che ris1iscita, i tempi piiì, sinistri dell'antico servaggio. La catenet delle violenze sili spezzata per sempre ! E - perché il voto si adempia --.-Italiani per un minuto tutti in ginocchio ! Itltlian·i ! In a,lto le fronti e più in alto i cuori 1nentre l'ombrci del Martire passa e comanrllt ! Roma, 10 Giugno 1925. Il ComitatoCentraledelleopposizioni N. B. - L'affissione e pubblicazione di questo manifesto furono vietate dalla Questura di Roma. BibHoteca Gino Bianco
Come Matteotti commemorava i martiri Commemorazione del morti del Polesine tenuta da Gia• como Matteotti a Rovigo il 7 Gennaio 1922, "Giù il cappello, signo1·i della borghesia! "Sono i nostri poveri compagni che vi guardai,ano, signori della borghesia! Giù il cappello, e gnardateli pur voi questi poveri, che senza odio vissero e nell' angoscici clella morte non seppero odiare. Questa è la pagina del ricordo ed il ricordo della nostra mnanci dottrinci è sinonimo di arnore. Noi t·icordiamo i rnorti per cimore dei vivi, non per odio a.i ca,rnefici. Se ·i mort'i, ci lasciarono un peqno, esso fii di spargere il bene per quelli che rima.ngono. Signori della borghesia, guardate i nostri rnorti ! "Li uccideste 11oi,ma sono nostri, giiardateli e, se potete, dalla luce dei lori occhi imparcite ad amare, ma non li toccate. Essi furono iwc-isida voi; ma noi li seppelliremo. Voi cipriste le fosse, noi le ricopriremo di fiori; perché li iwcideste? '' Furono itccisi perché vollero esserefrci i primi a dire la pcirola dell'iinione, della biwna battaglia .incritenta in nome dell'Ideale. Fiwono iwcisi, perché alzarono il capo dalla terra e guardarono in faccia il signore. Perché dissero : « sia.rno legati alla gleba BibliotecaGino Bianco
che amianw, ma oon sianw servi del nostro simi~ ». Non per a,1,traragione ebbero il C1Wre .trafitto, il cranio spezzato, le poveri carni martoriate. Ognuno cadde presso la sua casa, perché una macchia di sangue restasse sulla soglia e creasse, non il vendicatore, rna il figlio della vittima, ma il successore al posto di combattimento lasciato viwto dal padre. "Ogni vittima ~ di un paese diverso, perché ogni paese aveva fatto la sua battaglia e perché ogni paese avesse il siw 1nartire. Così vollero i signori della borghesia, per pitnizione del servo che volle essere uomo e non pensarono, che la loro bieca volontà crea iwmini d'acciaio. Dormite in pace, morti gloriosi! Nessuno vi tocca. Altri morti girano per le contrade del Polesine e d'Italia _inattesa d'essere v·ivi. Risorgete in ispirito con loro. Se apriste gli occhi, 1wn ved1·este che rovine. Tante rovine! Lasciate che vi liberiamo l,e sedi ove parlaste, che vi liberiamo la terra ove lamoraste. I morti ehe girano, vi ripetiamo, stanno per lasciare la veste del lugubre silenzio, attendete! " Voi non odiaste: amaste soltanto. Vi sarà resa tutta la libertà, tutto l'amore. Non per voi, non per i vostri corpi mortali 1naper il vostro spi, rito vivente nelle vostre .creature. " Giù il cappello, se volete ehe i figli dei morti partiscano in im'era migliore, eoi vostri figli, il pa.ne del lavoro. BibliotecaGinoBianco
UN CARATTERE ED UNA FEDE Biblioteca Gino Bianco
Biblioteca Gino Bianco·
In memoria Da un anno ha abbandonato la trincea nella quale fu animoso combattente, e I colleghi e gli amici che con lui divisero le ansie della battaglia: ed il turbine di tragedia nel quale improvvisamente scomparve non ha più liberato il cielo della. terra In cui visse. Coloro che troncarono la sua vita, coloro che• la vollero infranta, non pensarono certo, in loro spirituale cecità, che il destino dell'uomo fosse assai più resistente della sua .vita, e ch'esso avrebbe segnato di sè, potentemente, la più straordinaria vicenda che ahbia mai turbato e sconvolto l'Italia durante la sua viia unitaria. Nel primo anniversario della sua morte il popolo italiano non potrà commemorarlo; noi non vogliamo commemorarlo: perchè ripugna alla nostra umanità accrescere la pietà già cosi grande della sua tragedia offrendo ancora il suo povero nome mortale all'odio insonne che straziò il povero corpo e non rispettò nemmeno la tomba; ma Giacomo Matteotti non ha bisogno di essere commemorato per trovarsi sempre vivo e presente nel cuore di milioni di italiani, e per grandeggiare - segnacolo l:li battaglia in morte come in vita - dinnanzi all'avversario, la cui intolleranza a.ella sua memoria è pari al timore ch'essa suscita, ed equivale al più eloquente del riconoscimenti. Il fascismo si presentava, un anno fa, come un potentissimo e solidissimo campo trincerato, forte di tutti I poteri e di tutte le armi, e mobilltato fino all'estremo limite delle risorse umàne contro avversari inermi: ebbene un solo· uomo, divelto spietatamente dalla vita, gli si è levato di fronte, ed il panico lo ha invaso, e lo scompiglio è entrato In ~sso, Biblioteca Gino Bianco
- 12 - sl che le più disperate riprese di volontà non riescono a liberarlo dal tormento del suo nome, che si vorrebbe dimenticato e disperso ai venti, ma che riempie di sè anche il silenzio imposto, e che rimane insopprimibile e minaccioso come la voce della coscienza inquieta. L'Uomo, il cui destino è stato così eccezionale e memorando, fu un carattere, Coloro che lo avvicinaror.o, anche per poco, non lo dimenticheranno. Era un uomo d'ingegno e di lavoro; era un uomo il quale, nella disordinata baraonda della politica postbellica, era riuscito ad organizzare un'attivilà intelligente, tenace e coerente, che aveva il suo fondamento in una rigorosa coscienza morale, e che si estrinsecava attraverso una operosità indefessa, molteplice e quasi onnipresente. Fu un appassionalo, e fu un idealisLa; fu, cioè, un intransigente. Ma fu, la sua, quella felice intransigenza, che rende inesorabili con se slessi, e che rende intrattabili intorno ai fini ultimi ed allo spirito informatore dell'opera propria: ma che, avendo gli occhi aperti sulla realtà nella quale bisogna muoversi,. porta a studiare quella realtà, ad esaminarla spregiudicatamente nei suoi aspetti concreti, e ad organizzarsi consapevolmente in vista degli ostacoli da superare. Perciò Matteotti fu uno ·.:itudioso,fu un osservatore, fu un registratore accurato di fat.ti, fu un analizzatore, e fu un ragionatore cauto e sicuro: perciò egli vigilò, con amore infaticato e con paziente abnegazione, alla riorganizzazione ciel suo partito colpito dalla tormenta in un me,mento di crisi profonda; perciò, ancora, egli fu sensibilissimo a quelle esigenze fondamentali di tutta la lotta antifascista che dovevano, necessariamente, farsi senlire a tutti i partiti in essa impegnati, e che dovevano spingerli, talvolta, a muta1·e gli ordini ed il fronte del combattimento. Uomini 'di parte diversa, che ebbero con lui rapporti di cordiale collaborazione su tale piano, potranno sempre testimoniare la geniale prontezza della sua intuizione politica, la mirabile capacità di riconoscere gli aspetti nuovi e più essenziali delle situazioni, e, sopratutto, l'attività insonne, la sublime dedizione all'ideale, la passione non mai placata con la quale egli lottò e si moltiplicò fino al giorno in cui cadde. Di lui può dirsi che la misura della sua :vita sia regiBiblioteca Gino Bianco
- 13 - strata, plii ancora che oa ciò che gli fu dato €il compiere nei brevi anni alla sua esistenza politica, oalla tragica grandezza del ·suo destino. Era, allorchè oisparve, in primissima linea tra i giovani; ma pochi avevano avuto possibilità dl percepire la vera portata del suo valore: perciò pareva quasi che gli amici non fossero pienamente consapevoli del tesoro che si nascondeva in lui, e che gli avversari non lo temessero abbastanza, finchè un istinto chiaroveggente non li indusse a colpir giusto. Allora avvertimmo tutto il vuoto immenso lasciato dallo scomparso. La grandezza di quel vuoto è la grandezza di Matteotti. Ed il premio riservatogli dal Destino fu questo: che Egli, solo, potè far tremare l'oste agguerrita contro cui aveva consumato le sue energie ed infranta la giovane vita! Oggi, Intorno al' suo nome, è silenzio; deve essere silenzio. L'anniversario caoe nell'acme della battaglia, come il giorno in cui egli fu rapito ai vivi. Vuol dire che la misura non è colma. Sarà colmata! L'Italia pagherà fino all'ultimo centesimo tutto il debito ch'essa ha contratto durante i lunghi secoli della servitù e dell'ignavia morale. Grnv ANNI AMENDOLA 6 Luglio 1925. BibliotecaGino Bianco
Biblioteca Gino Bianco
Un grande esempio Lo conobbi pri~a della marcia ·su Roma. Era venuto nell'ufficio romano del Co·rriei-e a narrarmi episodi di vio- . lenza che_gli rivoltavano l'anima e che dovevano incontrare il biasimo di coloro stessi i quali avevano avversato in buona fede l'azione dei socialisti. Lo vedo ancora seduto di fronte a me parlarmi con dignità e misura, con quella linea che si addice a chi visita per la prima volta un uomo di altra parte e non vuole che il suo passo sia attribuito a moventi meno che nobili. Da allora non ebbi più occasione di incontrarlo. Vivo invece spiritualmente colla sua memoria da quella prima sera in cui fu annunciàta la sua scomparsa. Mi sono testimoni quanti mi circondano che ebbi subito i più gravi presagi e che non tardai molte ore ad intuire tutta la tragedia e ad inserirla al suo vero posto nel quadro della vita grama e disperata che gli oppositori più irriducibili del regime andavano conducendo da quasi due anni. · Quale succedersi di sinistre rivelazioni 'da allora, e quante vicende indimenticabili I Ma sopratutto quale amara esperienza del carattere e del prlnclpii di tanta parte della nostra classe dirigente I Erra chi crede che la sofferenza di noi liberali sia determinata solo dalle gesta dei · nostri avversari al potere e dalla compressione di cui siamo vittime. No: la rende particolarmente acuta l'adattamento di tante figure, di tanti ceti, di tanti ambienti alle manifestazioni •apertamente criminose o pseudo-legali di questa compressione. Ed è su tale adattamento che pesa tutta la responsabilità della mancata giustizia. Ad un anno di distanza l'ombra di Matteotti è Inulta. Nè la legge, nè Biblioteca Gino Bianco
- 16 - la sanzione pubblica hanno colpito gli _autori ed i mandanti del delitto. Ho detto « tutta la responsabilità». Ma è proprio cosi? Cioè noi oppositori abbiamo compiuto intero il nostro dovere verso la memoria èlel martire? ~iamo sempre stati all'altezza dell'esempio che emana dal suo sacrificio? Lo chiedo sempre a me stesso per ciò che riguarda il dovere mio, ·e dobbiamo continuamente domandarcelo tutti. Non è che questa lotta politica vada combattuta con audacia irriflessiva; non è che richieda gesti 1 quali superino èli una linea sola i limiti che alla lotta politica sono consentiti. Tutt'altro. Ma se le circostanze èlella vita, se l'attività: che abbiamo scelto e da cui abbiamo derivato qualche nome o qualche autorità ci hanno collocato In posizioni a cui sono inerenti doveri speciali, allora dobbiamo bere l'amaro calice sino In fondo. Matteotti seppe berlo senza vacillare, ed oggi è nell'Empireo di quegli eletti_che morirono per un'Idea. Eccoci convenuti da tutte le parti politiche per onorarlo in queste pagine. SI può facilmente Irridere alla diversità èlelle provenienze, èlelle fedi, delle aspirazioni degli oppositori. Eppure, lungi dal costituire la nostra conèlanna, una tale disparità rappresenta il simbolo della nostra santa causa. riassume le nostre migliori speranze per l'avvenire. Nessuno di noi presume di custodire nel proprio petto tutto il vero e tutto Il buono. Ciascuno ha Il suo sacrario di principi! e di Idealità su cui non è disposto a transigere; ma ciascuno rifiuta èll considerarsi Infallibile, sottopone il suo patrimonio èli fede al vaglio continuo della discussione e della critica, ed acconsente a rivederlo, aiI espellerne l'errore. Vogliamo cosi aare l'immagine di quell'Italia che vagheggiamo, nella quale I singoli, le classi ed I partiti siano veramente liberi di far tutto fuorchè di offendere la llberta altrui. Per noi liberali Il liberalismo è non solo un metodo ma anche un programma. Per i socialisti non è uu programma, ma deve essere almeno un metodo. Sul tronco poi delle èlue maggiori divisioni del pensiero politico ed economico s'Innestino pure varietà di scuole e parti Biverse. Ma ognuna proceda per la sua straila, senza pretendere Biblioteca Gino Bianco
...... 17 - di soverchiare le altre, di imporre le sue opinioni. le sue finalità. Tolleranti si sia verso tutti, meno ohe ~·erso sè stessi. La grande crisi infatti in cui siamo coinvolti non è tanto crisi politica, quanto morale. Cioè non e tanto crisi di pensiero, quanto di carattere. Il vento ohe turbina fa troppo piegare gl'Italiani a destra od a sinistra, dalla parte dominante. Noi vogliamo resistere alla bufera, uscire da queste dure vicende colla fama di non avei' piegato, colla gloria di aver gettato le basi di una :vita più nobile pel domani. Questo è il solo monumento degno che possiamo erigere in memoria di Giacomo Matteotti che col suo sacrificio incomparabile può aspirare al vanto di aver onorato più che il suo partito un'idea la quale supera i partiti, o, meglio ancora, lo spirito umano nel suo complesso e tormentoso sforzo di ascensione. LUIGI ALBERTINI BibliotecaGinoBianco
• Biblioteca Gino Bianco
Matteotti finanziere Non conobbi personalmente Giacomo Matteotti. Ero stato invece compagno di studio di suo fratello Matteo, quando egli, tra il 1899 ed il 1900, frequentava il Laboratorio di Economia politica dell'Università di Torino e vi compieva, sotto la guida del comun~ maestro Salvatore Cagnetti De Martiis, quegli studii sull'assicurazione contro la disoccupazione che l'Editore Bocca dava fuori l'anno dopo in un bel volume, che ancor oggi si consulta con frutto. L'abito scientifico doveva essere in quella famiglia quasi una seconda natura; ed in questo articolo vorrei accennare alle traccie che di esso si trovano negli scritti di Colui che oggi si commemora. Le cose scritte dai polemisti politici hanno sovratutto un valore storico; sono un'arma che il combattente adopera allo scopo di conseguire un fine e vanno perciò giudicate non tanto al saggio della perfezione loro, scientifica, del rigore del metodo, della critica delle fonti, quanto in relazione al contributo recato alla dimostrazione della bontà dello scopo a cui il polepiista mirava. Rileggendo le «Reliquie» raccolte dagli amici e la relazione da lui stesa, per incarico'. della Commissione finanze e tesoro della Camera, sul bilancio di previsione dell'entrata per l'esercizio 1922-1923, mi sono persuaso nuovamente, come già lo ero quando, lui vivo, ml trovai non di rado in disaccordo con le sue tesi, che le battaglie da lui combattute avevano come premessa l'ossequio al principio superiore dell'interesse collettivo. I polemisti politici si distinguono invero in due categorie: quelli che BibliotecaGino Bianco
- 21) - ragionano da un punto di vista; non si curano di approfondire od anche solo di ricercare la verità. della loro tesi in sè stessa, la sua· conformità all'interesse generale; ma partono dalla premessa che essi debbono difendere quella tesi che giova al trionfo del loro ideale - partito, proletariato, regime, stato -. I loro ragionamenti non di rado sono esatti, inconfutabili, entro I limiti della premessa fatta. Contro di essi ogni lotta è vana, perchè, appartenendo ad un altro mondo; ad un altro partito, ad un'altra religione, nonostante l'impeccabile logica "del ragionamen- . to, le conclusioni sono Inaccettabili, perchè la premessa è ripugnante. Fortunatamente vi è un'altra categoria di polemisti: quelli che non ragionano da un punto 'di vista, sia questo il punto di vista _delleclassi operale o.di quelle imprenditrici, nell'agricoltura o dell'industria, del socialismo o del capitalismo. Ragionano, puramente e semplicemente. Difendono una causa, perchè dessa è parsa buona e giusta al loro spirito; non perchè essi debbono trovare gli argomenti atti a dimostrare la giustezza della tesi prescelta. Matteotti non aveva l'abito mentale del sacerdoti di religioni novelle. _SI sente In lui il difensore aegll operai, del contadini; Il quale vuole tuttavia l'elevazione di tutti gli uomini, non Il trionfo di una classe sull'altra sterminata e vinta. Dlfen<leuna tesi perchè è giusta, non perchè il suo trionfo giovi alla parte sua e nuoccia alla parte avversa. Se una tesi apparentemente utile al cosidetto proletariato gli appare Ingiusta o non almostrabile da un punto di vista generale, egli la respinge. Caratteristico è il suo metoao di trattare Il problema dell'esenzione dei piccoli redditi aall'lmposta. I volgari patroni del punto di vista ael proletariato si Inalberano ogni volta sentono discorrere di tassazione degli operai, <lei contadini, "dei mezzadri, del piccoli proprietari, come se la ragione del loro diritto ad essere esenti derivasse <lalla loro appartenenza ad una classe. Matteotti non accetta Il ragionamento « del punto "di vista». Non vuole esentare I piccoli proprietari, perchè appartenenti ad una classe tra cui Il suo partito poteva raccogliere reclute. ·« E' assai meglio unltl- ·care tutte le esenzioni, progressività, ecc., In una unica Biblioteca Gino Bianco
- 21 imposta, di indole personale, la complementare. Quindi alla base tutte le imposte reali, oggettive, sui beni mobili e immobili, sui redditi, misti o di puro capitale o lavoro, con aliquote basse, semplici ed uniche; sopra di esse la complementare, che si asside sulla somma famigliare delle precedenti, con aliquote fortemente progressive, esen-· zioni o detrazioni. In tale modo soltanto si grava meno su colui elle ha una scarsa somma di redditi, quali essi siano; e non su chi ne ha molti, per quanto piccolo sia ciascuno, come invece avverrebbe con le empiriche proposte esenzioni singolari ed oggettive. Sarebbe mgiusto applicare una forte aliquota del 25 per cento a chi ha un solo reddito agricolo di 12.000 lire ed esentare o diminuire l'aliquota al 10 per cento, per chi avesse, per esempio, sette redditi da 2.000 lire ciascuno ». (Reliquie, pag. 86-87). Con queste parole Matteotti buttava a mare la triste demagogia del dopo gu~rra a favore delle classi dei piccoli proprietari, dei piccoli affittuari, del piccoli bottegai, degli operai. Tutti i redditi tassati alla base con miti aliquote; ma la complementare esenti tutti coloro i quali, qualunque sia la natura del loro reddito, non toccano una determinata cifra di reddito annuo. Se nella relazione alla Commissione finanze e tesoro (Documento n. 1013-A e 1013-bis-A pag. 50), si manifesta contrario alla tassazione per ritenuta sui salari operai, ciò non accade perchè si tratta di operai, sibbene perchè i loro redditi sono già tassati abbastanza con le imposte sui consumi, perchè la tassazione sarebbe troppo costosa, perchè, risolvendosi in un'imposta pagata dagli industriali salvo rivalsa, non sarebbe educativa. Argomenti non politici, ma finanziari, quali possono essere esposti in una discussione puramente tecnica e scientifica. Nè egli vuole il privilegio per il privilegio; chè, se l'operaio raggiunge sul serio un reddito superiore, Matteotti vuole che a lui si applichi « una imposta normale o personale, ma non la trattenuta sul salario quotidiano >. Ed In ciò egli concorda con quanti vogliono l'imposta sentita e quindi politicamente 'educativa. Discorre nella stessa relazione élella Imposta straordinaria sul patrimonio. Chi ricQrda le matte querele dl chi Biblioteca Gino Bianco
- 22 ~ voieva nel 1919 la confisca dei capitali privali al disopra . delle 100.000 o delle 500.000 lire; le impazienze degli ordini t1el giorno con cui si voleva usare l'imposta per livellare le fortune e compiere le vendette dei neutralisti contro gli interventisti, respira a leggere il ragionamento del relatore. Non parla il socialista, bensl lo studioso, che conosce la tecnica tributaria, ha valutato le esperienze passate e non vuole l'imposta che ammazzi i ricchi, ma l'imposta bene concepita e logica in ordine al fine suo. L'imposta sul patrimonio, egli dice, o è un prelievo straordinario sulla fortuna per far fronte alle spese della guerra ed è un'imposta permanente. Se è un prelievo, bisogna serbarle la sua indole, non concedere lunghe rateazioni ed indurre i contribuenti a pagarla col capitale. Se è una imposta permanente, deve potersi pagare col reddito e deve esserne ridotta l'aliquota. L'attuale imposta italiana non è nè una cosa nè l'altra. Se ne concesse la rateazione, sicchè i contribuenti la vogliono pagare sul reddito annuo; ma è troppo alta e quindi esaurisce ed irrita il redditiere. « L'aliquota alta sul reddito ucciderà anche questa volta la verità dell'accertamento». (Relazione nn. 1013-A e 1013-bis A, pag. 22-23). Farmi che le citazioni fatte siano bastevoli a dimostrare che Matteotti aveva l'abito mentale dello studioso. Verleva il problema con lo stesso occhio col quale lo vediamo tutti noi che ci poniamo in ogni caso la domanda: « il provvedimento proposto quali effetti immediati e lontani produce? l'utile di una classe è bilanciato dal danno di altre? quale è la risultante meno costosa e più favorevole per lo Stato e la collettività.? Certamente Matteotti esercitò liberamente il suo diritto di critica sui provvedimenti. dei governi avversari e principalmente su quelli del partito oggi al potere. Le ime critiche, le quali furono spesso acerbe e talvolta si indirizzarono anche a convincimenti da me manifestati, appartengono al tipo di quelle le quali trovano la loro naturale soluzione nel pubblico dibattito. E' impossibile andar d'accordo con un comunista, il quale vuole una finanza congegnata in modo da distruggere la borghesia. E' del pari impossibile andar d'accordo con il nazionalista, se questi, BibliotecaGino Bianco
-·23 - come per lo più accade, definisce la nazione in modo i:ta identificarla arbitrariamente con gli interessi di dati ceti privilegiati. Ma conservatori, liberali e socialisti sono forzati a giungere alle medesime conclusioni od a lasciar sussistere divergenze secondarie, se tutti partono dall'uguale premessa ciel massimo vantaggio al massimo numero possibile di membri, viventi e futuri, della società. Poichè, implicitamenle, per la sua educazione scientifica, Matteotti partiva da questa premessa, le linee essenziali. della sua finanza erano quelle medesime, le quali formano il patrimonio comune della finanza degli Stati moderni: quelle medesime, le quali, con particolari degni di discussione critica, tendono a realizzarsi nel sistema tributario attualmente vigente in Italia. Miti imposte reali proporzionali alla base, complementare progressiva personale al di sopra: non dicono la stessa cosa il ministro e l'antiministro De Stefani ed il suo più agguerrito avversario Matteotti? Ma, quanto maggiore apparirebbe e sarebbe l'opera dei ministri, i quali aspirano al nome di riformatori, se ad essi fosse vietato di legiferare per decreti, e fossero invece costretti alla fatica improba, logorante della discussione pubblica, a dimostrare, parola per parola, l'eccellenza delle loro prÒposte, a far trionfare, in duri combattimenti, ·punto per punto il loro ideale. Questo è 11vero vaglio della verità: di assoggettare se stessa, liberamente, illimitatamente al martello della critica. Matteotti difese sino all'ultimo giorno di sua vita il diritto alla critica; poichè sapeva che l'elevazione delle classi lavoratrici, da lui amate e difese, non poteva conseguirsi con mezzi incapaci a reggere all'urto della critica avversaria. LUIGI EIN.A.UDI BibliotecaGino Bianco
' i Bibliotéca Gino !?ianco
Il documenta tor e In questa rievocazione della figura del Marlire - cosl fusa nell'intima unità di un grande carattere - non deve dimenticarsi la sua opera continua ed inflesslt1ile d1 documentatore. Le violenze ed i bluffs del nuovo regime lo ebbero di contro documentatore formidabile. Ed egli fece di questo compito una missione. Noi vediamo e denunciamo ogni giorno intollerabili arbitrii e grottesche esaltazioni; ma tutto· ciò ci sembra quasi assurdo, e Cf)SÌ contrario alle leggi elementari della verità e della decenza, che abbiamo bisogno, noi stessi, di un accertamento documentale. Giacomo Matteotti fu ucciso - forse - per le prove minute e schiaccianti che portò alla Camera sulle violenze elettorali. Ed aveva già sollevato odii fierissimi per l'elenco -- che stilla lagrime e sangue - dei fatti atroci e selvaggi. raccolti nel suo libro su ·« un anno dl dominazione fascista~- In quel libro vi è anche la y,;ù efficace requisitoria contro il mito ed il vanto mendace di un'Italia economicamente stremata e boccheggiante, che il fascismo avrebbe raccolta e portata a miracolosa salvazione. E' un elenco duro e scabro di numeri e di fatti, Turati diceva che ·gli scritti di Matteotti erano tutti muscoli e nervi, senza contorno di polpa; ma la loro forza è proprio Il; nelle ordinanze di cifre allineate a battaglia contro la retorica fascista. Bastano a Matteotti poche cifre, una breve tabellina, per sgonfiare un otre di esaltazione e di vento. Matteotti fu, per temperamento, antiretorico; odiava Il << pressapoco», le affermazioni a vuoto, ogni forma di Biblio~ecaGino Bianco .,__,._,....,,,.JL._._ ............ ..J..
- 26 - declamazione. Io .gli 'dicevo che ·«pensava per cifre>·; ed il suo spirito di concretezza, di precisione, meticoloso, matematico, si disposava in lui all'ardore inestinguibile di un idealismo, che lo addusse al martirio. Egli fu veramente teste e - come dicevano i primi cristiani - confessore che idealità e concretezza non si contraddicono, ed hanno per comune nemico la retorica che avvelena e devasta i cervelli, e sono - tutte e due - espressioni di quella forza e serietà di carattere che fu la grande dote di Matteotti e deve essere la meta e la luce morale per gli italiani. Matteotti portava anche nel maneggiare le cifre un senso vigile ed austero di responsabilità. Questo « antinazionale» - che nei convegni europei di socialisti rivendicava all'Italia il dovere di riguadagnarsi da sola la libertà, senza mendicare aiuti esteriori, - recava nell'esame dei fatti economici e flnanziarii del nostro paese lo scrupolo più rigoroso; e non deformava o accentuava i lati ancora oscuri O· depressi; e metteva in luce i progressi e le migliorie, dovute al sacrificio ed allo sforzo del popolo italiano. Mostrò che essi preesistevano all'avvento fascista; e che, se continuavano tuttora, era malgrado più che mercè l'azione del fascismo. Mostrò che l'economia italiana era già da tempo entrata in convalescenza, e rivendicò nobilmente al socialisti l' «onore» e la responsabilità di aver-vi contribuito, spingendo i precedenti governi al riassetto tributario, « mentre i fascisti eccitavano tutta la demagogia antiflscale delle classi abbienti, organizzavano gli scioperi dei contribuenti, e facevano armare e sussidiare. le prime bande della guerriglia civile». Solidamente difeso dalle .serie qualità: di studioso, Matteotti non prestò mai orecchio alle lusinghe di una circolazione dilatata per dar lavoro alle classi operaie; e denunciò il danno di ogni specie di enflagione monetaria, che si riduce a decurtazione di salarii ed a vantaggio di esili gruppi privilegiati. Affermando poi - come egli fece - la vanità del « miracolismo che si illude di influire immediatamente con la volontà politica sopra il fatto economico » pose - nella onestà profonda della sua coscienB.ibliotecaGino Bianco
· - 27 - za -; alcuni criterii più vasti che la stessa critica antifascista. , Noi aggiorneremo e diffonderemo - come ci sarà consentito dall'attuale compressione - il libro éli Matteotti, redatto con cura talmente minuziosa che una cifra -- una sola cifra - non potè essere smentita. Ed oggi che è passato non un solo anno, ma due anni e mezzo, di « era nuova», gli avvenimenti ed i dati riconfermano in modo suggestivo le affermazioni di allora. Brevissimi esempi, sui temi che aprono le prime pagine del libro, e riguardano fenomeni strettamente allacciati fra loro: i cambi, la bilancia commerciale, la circolazione, i prezzi. Atl una smentita di Mussolini davanti alla Camera, Matteotti ricordò ch'egli aveva veramente promessa la lira a cinquanta centesimi oro. Promessa smentita dai fatti, e Matteotti - mentre chiariva nel suo libro che prima del fascismo la lira tendeva a migliorare - non nascondeva le sue preoccupazioni per qualche nuovo sintomo di svalutazione; che oggi é apparso più netto, più reciso, più continuo e fu chiamato cla un economista amico al regime « il lento affondamento nella sabbia». Il dollaro, che pochi mesi prima della marcia su Roma era disceso sotto le 20 lire - ed era comunque rimasto a 20,9 nella media del 1922 - sall a 21,7 nel 1923; a 22,9 nel 1924; a 23,0 nel primo bimestre del 1925; e - mentre scriviamo - è quasi a 25. Su questa scala di inasprimento non influi soltanto la politica fascista, ma anche - e Matteotti lo ricordava - il peso di rapporti internazionali non ancora definiti; e pur qui gravò l'errato atteggiamento per la Ruhr; e - comunque - l'Italia si trova ora quasi sola, con una moneta di scarso pregio, In mezzo ad un'Europa che ha ristabilito anche nei paesi vinti Il Tallone d'oro. 'All'altra affermazione fascista - di aver ereditata una bilancia commerciale in oisastroso squilibrio ed averla subito risanata - Matteotti contrapponeva da un lato gli incauti calcoli. Jannaccone, ammessi da De Ste!anl, che già nel 1922 le nostre esportazioni invisibili avrebbero ripianato i saldi con l'estero; e d'altro lato metteva in BibliotecaGinoBianco
28 - evidenza che il disavanzo commerciale, aggravato 'dalla guerra, si andava già da tempo riconducendo alle proporzioni prebelliche; ed Il fascismo non· aveva accelerato il ritmo di miglioramento. Il deficit, o eccedenza delle importazioni sulle esportazioni, che aveva toccato i 15 miliardi nel 1920, già si era ridotto a meno di 9 miliardi nel 1921 ed a 6 e mezzo nel 1922. Pur tenendo conto dei metodi statistici mutati nel 1921, la riduzione era notevole e rapida; ben più che sotto il regime fascista, nel quale il deficit fu di miliardi 6,2 nel 1923 e di 5,1 nel 1924 e si mostrano, nei primi mesi di quest'anno, indici d'arresto. Gennaio 1925 ha 700 milioni di deficit in confronto a 300· nel gennaio 1924; febbraio 600 milioni in luogo di 400; m~rzo porta a più di un miilardo il disavanzo che era di soli 300 milioni nel mese corrispondente dell'anno passato. Vi sono certamente cause transitorie, come i non lieti raccolti; e non durerà un aggravemento che ci riporterebbe agli squilibri del 1920; ma è significativo che un regime di p1·oclamato «produttivismo)), - all'ombra della siepe ultraprotettrice dei cambi, - non abbia ottenuto pur favorevoli risultati. ' Per la circolazione bancaria Matteotti delineava, con la nuda evidenza delle cifre, la curva di contrazione già avviata prima del 1922 e rallentata da un'azione ritardatrice del fascismo. Dal vertice di 20 miliardi, cui l'avevano spinta ,le liquidazioni ed i postumi di guerra, la circolazione delle banche era discesa nel 1921 a miliardi 17,9; e - malgrado il disastro della ~conto - l'antico ed inetto regime l'aveva ridotta a 17,3 poco prima della marcia fascista. Ben era possibile - come ha confermato Paratore - diminuirla ancora di alcuni miliardi; ma Il fascismo l'ha mantenuta a 19,7, e l'ha peggiorata qualitativamente; nè squillano vittoria i bollettini di guerra annunciati da De Stefani contro la ri<>ttosa,pervicacia deli'enflagione cartacea e aei cambi «ribelli». I dati sui prezzi, completati sino ad oggi, confermano ciò che diceva ereticalmente, un anno e mezzo fa, Giacomo Matteotti. La media di quelli all;ingrosso (da 100 nel 1913) era a 562 nel 1922; ed il fascismo l'ha vista · salire a 575 nel 1923, a 584 nel 1924, a 658 in aprile 1925. BibliotecaGino Bianco
- 29 - Si assottiglia, in proporzione, il potere d'acquisto della lira che era di 20 centesimi nel 1922, ed è scemato man mano, tormentosamente, a 18,7 nel 1923, a 18,1 nel 1924, a 15,9 in marzo 1925. La lira ha perduto, dunque, quasi un quarto della sua capacità di acquisto. Ed è aumentato il costo della vita, che (da 100 nel 1920) era a 118,31 nel 1922; a 117,26 nel 1923; a 121,87 nel 1924; ed è a 134,08 nel febbraio del 1925. Nè aumentano nella stessa misura i Sl!,larii,che, secondo le rivelazioni della Cassa infortunii, avevano una media di lire 18,19 nel 1922; ed Il 1923 li decurtò a 16,92; si mantennero quasi invariati a 17,01 nel 1924; mentre il primo trimestre del 1925 segna un aumento a 17,81. Pochi· numeri bastavano a Matteotti per strappare le false aureole, onde &iera cinto il capo il fascismo. L'opposizione continuerà, nel suo solco, l'opera del documen- . tatore, per tutti gli aspetti a.ella vita economica e finanziaria. Bastano qui pochi cenni, essendo sembrato necessario che nella rievocazione del Martire, non mancasse un semplice serto di cifre, quali egli usava nella sua buona battaglia. .l MEUCCIO RUINI BibliotecaGino Bianco
Biblioteca Gino Bianco
Matteott internazionalista . L'artista «significa» ciò che « detta dentro». Il martire «fa» ciò che gli si detta dentro, sia dall'intuito -morale, sia dalla riflessione. Ecco perchè la vita e le opere dell'artista possono anche essere in contrasto col suoi capolavori; mentre il vero capolavoro del martire è la perfetta corrispondenza fra le proprie convinzioni e la vita vissuta: fino al sacrificio. Nè tutti i martiri realizzano quella perfetta corrispondenza fra le convinzioni· e la vita colla stessa consapevolezza e colla stessa facilità. Vi è chi arriva al sacrificio, per frenesia di dedizione, con gioia, senza nessuna remora critica. Altri vi arriva con tutta la consapevolezza, per un•· atto di volontà ragionata che vince le remore della critica, sofroca le voci profonde dell'istinto, e realizza Il gesto veramente eroico: quello dell'eroismo _non improvviso; non rapido, ma meditato, lento freddo. Giacomo Matteotti fu di questi ultimi. Egli andò incontro al destino con tutta consapevolezza. Non che prevedesse il giorno e l'ora e il modo orribile; sapeva che c!ò sarebbe avvenuto; ma deliberatamente non tenne conto di tale certezza; la eliminò dal ragionamento; ed operò secondo che gli dettava dentro I Ed egli doveUe siffattamente abituarsi a non tener conto d'i quella certezza, che egli potè servirsi fino all'ultimo di tutto l'aiuto che la cultura e l'intelligenza erano in grado di fornirgli nell'adempimento del dovere. E chi l'ha avvicinato non dimenticherà che per farlo rinunziare all'abituale severità verso sè e verso gli altri nella prescrizione e nell'esecuzione dei compiti necessarii; bastava attirarlo sul terreno della discussione ragionata. BibliotecaGino Bianco
- 32 - La severità cedeva il posto all'entusiasmo intellettuale il più ardente e, appunto perciò, qualche volta, il più intransigente. Una simile personalità etica ed intellettuale doveva necessariamente rivelarsi in ogni opera e in ogni momento: nel bugigattolo fetido ove lavorava in Piazza cli Spagna ecl in Parlamento, nella polemica giornalistica e nel clandestino accorrere nei luoghi più terremotati dal fascismo. Ma - se non m'inganno - tale personalità si è rivelata più perfettamente, che in ogni altra, nell'azione che Giacomo Matteotti ha spiegata nell'Internazionale. Alla fine del 1922, quando il Partito Socialista Unitai•io era appena stato creato, e quando l'esito facilmente trionfale della Marcia su Roma non poteva certo concorrere a diminuire Il discredito che aveva cofpito all'estero il movimento socialista italiano, per i suoi insuccessi e per la sua scissione, Matteotti non esita, e alla prima occasione porta in un grande convegno di oltre confine la parola del socialismo italiano. Rompe la tradizione un po' troppo sedentaria di troppi socialisti italiani e a Lilla al Congresso socialista francese pronunzia il più forte e più organico discorso sui ,problemi internazionali del momento. Senza demagogia herveista (tanto cara in passato a tanti superpatriotti del presente I), ma colla cognizione profonda dei problemi economici egli parla delle aspirazioni e della ' ricostruzione europea da socialista, da internazionalista. E se un insuperabile pudore patriottico gli vieta di additare i casi del proprio paese come una conferma di tante verità socialiste ed internazionaliste; quello stesso silenzio avvalora l'assunto, e ancora una volta questo Internazionalista non dimentico avrà reso il miglior servizio al proprio paese, mostrando che non tutto e non tutti avevano ceduto e rinnegato di qua dalle Alpi. A Lilla giunse ignoto e fra tutte le immaginabili diffidenze. Ne ripartì consacrato consigliere espertissimo dell'azione internazionale che solo merita di esser considerato .tale: quello che accoppia il sentimento alla realtà, e che non sacrifica nessun interesse essenziale, ma tutti si sforza di conciliarli. Cosl da 1i a poche settimane riecco Matteotti a Parigi BibliotecaGino Bianco
- 33 - per la riunione dei parlamentari dell'intesa convocati a trattare delle riparazioni. l\Iatteotti arriva; non trova_ i tedeschi; ne reclama .l'invito immediato. I tedeschi non i,ossono venire. La Ruhr era stata invasa proprio allora. L'odio clei vinti, la pazze illusioni dei vincitori divampavano. La riunione di Parigi mandò una Commissione a Berlino. Matteotti vi fu, naturalmente, incluso. I lavori di quei convegni non potevano aver la pretesa di forgiare un progetto accettabile, tal quale, dai Governi. Bisognava invece reagire agli sciovinisti esacerbati ed esultanti, dominandoli colla limpida e forte riaffermazione dei doveri internazionali, ma anche sgominandoli colle argomentazioni fredrle dell'economia. Matteotti era l'uomo che ci voleva, e fu dei collaboratori più efficaci del risultato. E questo non fu certo senza influenza per il futuro: senza quei convegni, e senza le loro ripercussioni in Francia ed in Inghilterra, Dawes sarebbe ancora di là da venire. Dopo Parigi e Berlino, Matteotti non potè venire ad Amburgo. Gli rifiutarono il passaporto all'ultimo momento; e ancora non aveva predisposto il passaggio del confine senza permessi e senza bolli. Ma poi lo predispose e lo attuò. Seppe egli che lo rincorsero subito cli là dal confine e non per fargli dei complimenti? Forse. Ma non se ne preoccupò. Ed intelligente qual'era intuì certo tutto quel che la calunnia avrebbe ricamato intorno al viaggio «clandestino». Ma questo non lo riguardava 1 Il suo dovere era quello di andare; non a far chiacchiere o congiure, ma a portare - nonostante tutto! - la parola dei socialisti italiani nelle discussioni internazionali. E a tali discussioni egli partecipò con una serenità lucida di studioso, che non avrebbe mai fatto supporre ch'egli fosse amihe un inseguito 1 Egli portava una fiaccola nella notte. Questa ne faceva necessariamente un bersaglio: il primo bersaglio e il più bramato. Ma all'insidia non inavvertita egli rispondeva, senza mutare la sua andatura da S. Sebastiano, levando più alto la fiaccola - che non si è spenta! GIUSEPPE EMANLlELE MODIGLIANI 3 BibliotecaGino Bianco
I
Matteotti giurista Giacomo Matteotti ebbe mente di giurista. Erano del suo ingegno, fra altre nobilissime, alcune doti, che fanno il giuris!a: l'acutezza e la limpiclezza ciel pensiero, l'austerità del metodo, e, sopratutto, una potente facoltà di critica ed insieme 9i sistemazione e sintesi. Naturalmente il fenomeno giuridico si affacciava in lui intimamente connesso col substrato umano, sociale ecl economico, del quale è come la espressione. Gli studi economici e finanziari, che lo attrassero di più e specialmente il meraviglioso apostolato politico, che più Lardi lo assorbi tutto, fino all'olocausto supremo, gli tolsero di lavorare nel campo ciel diritto; ma di quelle sue floListupende fanno sicura testimonianza gli scritti da Lui pubblicati in materia penale, benchè scarsi di numero. Il libro sulla Recidiva (saggio di revision·e critica ccn clali statistici, F. Bocca, 1910) è un saggio mirabile di quella sua vasta ed umana concezione psicologica del diritl(·, mentre alcuni suoi studi sulla Sentenza penale, brevi ma precisi, dettati su argomento assai arduo e condotti con fl, nezza di tecnicismo, mostrano l'austerità del suo metodo e la sua virtù di costruzione sistematica. Certo fece ben poco; ma il poco che fece non sarà travolto dall'oblio ed anzi rimarrà indice d'un'attituiline scientifica cli prim'ordine, nella quale il fervore di critica e d'innovazione, rifuggendo da ogni improvvisazione facilona (oggi tanto in voga I), temperava e quasi castigava se stesso con la severità e l'oculatezza della ricérca. BibliotecaGino Bianco
- 36 - I giuristi e speoialmente i penalisti italiani possono, pertanto, reolamare, almeno in parte, oome patrimonio loro la memoria santa del purissimo Martire, che morendo per la libertà, testimoniò ancora una volta che diritto e libertà sono termini indissolubili, beni ideali eterni. EUGENIO FLORIAN BibliotecaGinoBianco
Il padre Un anno fa il 10 giugno 1924, Giacomo Matteotti, deputato al Parlamento Nazionale ,fu sorpreso di pieno giorno, in una via della Capitale del Regno, da una banda di scherani; rapi lo, imbavaglialo, accollellato; ucciso; il suo cadavere, mal deposto in una macchia remota; i suoi indumenti, miseramente dispersi lungo le strade della campagna, o trafugati. Da quel giorno, gravi vicende si sono succedute, presenti alla vostra e alla nostra memoria; ma un solo fatto tutte le riepiloga e riassume, e ciò è la sorveglianza occhiuta che vigila il Nome del Morto, il suo solo povero nome, e l'immagine; così che, per deplorevole pervertimento, l'Ucciso sembra essere stato Egli l'uccisore, e gli uccisori le vittime. Un anno è trascorso, i Suoi figli hanno un anno di più; nelle prime incerte intuizioni dell'infanzia, nei primi crepuscoli della ragione, nelle prime oscure interpretazioni di certi sguardi, nelle prime inquiete ricerche del significato di certi compianti, la figura del Padre è già. forse apparsa loro, improntandone di milanconia la vita. Ma la Madre non può neppure insegnar loro a perdonare ai colpevoli, perchè, secondo una temeraria dottrina, proclamata sulle piazze e nelle sedi auliche, i colpevoli non hanno bisogno di perdono, ma essi stessi, secondo il loro arbitrio, lo ministrano alle vittime.• Ora, o cittadini italiani, noi non vi parliamo in nome dei nostri ideali politici, che sono diversi, divergenti, forse fallaci; e non ricordiamo neppure gli ideali politici dell'Ucciso, che forse errò più volte, come tutti gli uomini di parte errano. No; di Lui sia ricordata oggi soltanto la qualità Biblioteca Gino Bianco
- 38 - che egli ebbe più forte e più viva, quella per cui è più vicino al cuore di milioni di italiani: il suo affetto per i piccoli figli, la sua particolare ed alta qualità di Padre. Questo egli fu sopratutto. S'era cercata la sposa nella prima virilità, secondo l'uso della gente umile e coraggiosa, aveva voluto costruirsi la famiglia fondandola su giuste nozze; . secondo la salda tradizione dei contadini e degli artieri delle nostre regioni, di tutLo il nostro popolo. Fu la paternità felice che gli conferi quella sua sorridente audacia; fu il riveren Le timore eh'Egli, come tutti i padri, provò dinanzi alla propria creatura, che lo indusse a severità verso se stesso ed altrui; fu lo spasimo ch'Egli provò dinanzi alla- culla dei figli, ed il desiderio immenso di gettarvi dentro tutto il bene e tutta la verità, che gli diedero il respiro indomito nelle lotte, e la forza della resistenza suprema sotto il ferro degli assassini. Quando Egli fu ucciso, il sentimento popolare non esitò, non errò; pose in bocca a Lui morente l'invocazione ai piccoli: « i miei figli saranno orgogliosi del loro Padre ». Cosi lo videro, lo vollero vedere, i milioni di uomini, che si logorano per dare pane alla prole; cosi, non ansioso di storiche consacrazioni del suo sacrificio, disdegnoso di ogni speranza di gloria, dimentico di ogni plauso volgare; ma pensieroso solo di quanto i figli diranno un giorno di Lui. Questo affetto supremo segnò tuUa la sua vita, e la morte sua: nessun italiano può negare rimpianto a Giacomo Matteotti, quando gli si ridesti nella memoria quell'attimo di truce podestà dell'omhra. Ah, quei colpi mortali uccisero più che un uomo, violarono più che le leggi scritte, essi feriron0 il sentimento più profondo del nostro popolo, quello della famiglia, e la dignità e podestà più rispettate, quelle di chi è padre. Pure qualcuno dice: « Ohimè I Io sono legato alla macchina o alla marra, al banco della boltega, o allo sportello dell'ufficio: troppa è già I.a mia pena quotidiana: che cosa mi importa, se v'è un morto di più, in Italia?». E qualche altro dice: « -perchè volete voi parlare di tre piccoli orfani a me, che vivo sicuro nella mia casa ben tutelata, tra la mia prole felice? ». E qualche altra dice ancora: « cessate di nominare· quel morto infausto, cessate di commuovere BibliotecaGino Bianco
- 39 - senza ecopo i molti che attendono rassegnati alla loro fatica, e di irritare i pochi che attendono lieti al loro hrnro ». Ma noi strenuamente neghiamo che l'assassinio di Gia- · corno Matteotti, uomo di parte, non riguardi i tranquilli cittadini, alieni dal partecipare. Esso 1•iguarda invece tatti, è per tutti un allarme, sarà per tutti un rimorso. Esso avverte il fi~lio che forse il padre gli potrll. essere ucciso da odio partigiano, esso ammonisce il padre che forse il figlio domani po1trà essere sottoposto ai supremi arbitrii della ragione di Stato tornata in onore. Il pianto di quegli orfani, che è vietato di nominare, trema in fondo al vagito di ogni nuova cuna; il lamento di quella Vedova riecheggia nel saluto che ogni sposa fiorente rivolga allo sposo; le grida di disperazione di quella Madre canuta vibrano in fondo all'ansia di ogni madre italiana. E voi pochi, che vi illudete di non udirli, voi che non li volete sentire, li udrete forse un giorno prorompere all'improvviso tra le mura stesse della vostra casa: perchè un paese in cui gìi orfani, svegliandosi nella notte fonda, possano sentir salire dalla via le grida oscene acclamanti agli assassini del loro padre, è un triste paese, destinato a beverarsi di lacrime e di sangue. ·Questo ijestino che. minaccia l'Italia è atroce. E noi non lo allontaneremo, e voi, cittadini, non lo allontanerete , dal capo dei figli vostri, se tutti innalzandosi dal caso atroce di Giacomo Matteotti non sapremo considerare le condizioni generali della vita italiana, e dare opera per modificarle, con animo deliberato. Nei vostri affetti familiari voi dovete trovare la guida per ·preoccuparvi anche dell'avvenire della Patria: della Patria, la quale comprende ed abbraccia la sorte dei vostri figli, e le cose che più vi sono care, la sicurezza della vostra casa, la letizia della vostra mensa, il sorriso del vostro ultimo nato. Per troppi secoli di servitù e di vergogna, in Italia l'arte di ordire i crimini si a.hiamò ardimento, e quella r,li dissimularli si chiamò prudenza; l'adattamento di giudici ciechi e sordi si chiamò disciplina, l'abitudine di trarsi da parte e di lasciare mano libera ai sicari si chiamò buon senso; e queste consuetudini, . connaturate alle vicende quotidiane della vita nazionale, crearono all'Italia fama BibliotecaGino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==