Roberto Marvasi - Dopo il martirio

-53nei rapporti del re che - ove una rivoluzione fosse divampata nel 1922 - ne sarebbe il promotore e il presidio. Può il Mussolini, che n'è cugino, attribuirgli una responsabilità, che noi, sebbene antimonarchici, non ci diamo la pena di asserire, anche per non offrire pretesti a persecuzioni fiscali per offese al monarca? Vorremmo, per tanto, che gli attuali dominatori ricordassero il principio della irresponsabilità del sovrano e il rispetto che a costui è dovuto dai sudditi, senza lasciarselo ricordare da un memento sovversivo, che le circostanze sembrano ironizzare. D'altra parte, se anche questa occupazione militare e poliziesca che ci felicita, fosse una rivoluzione, essa non potrebbe, senza disonorarsi e infangarsi, reclamare i dritti all'incendio e al bando e all'omicidio. La rivoluzione francese - che davvero segnò la trasformazione, anzi il crollo, delle forme politiche e dell'organizzazione sociale feudalistica del vecchio regime - ebbe, fmanco nell'ora sua più accesa, quando degenerò nel terrore, i suoi ,tribunali straordinarii, e la sua giustizia eccezionale. Essa significò il pensiero e obedì al senso di ribellione dell'enorme maggioranza del paese, che - non premuta da milizie di parte e da squadre spaventose - nella società imperante vide i motivi della propria miseria e in essa riconobbe l'ostacolo alla evoluzione storica e l'abba;ttette. Paragonare alla marcia su Roma simile rivolgimento radicale e profondo - direi prismatico - della società (che ebbe un rimbalzo nel mondo intero, diffondendo e propagando luci di civiltà, che Biblioteca Gino Bianco

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