Roberto Marvasi - Dopo il martirio

-43versò (22). La stessa opinione pubblica fu fuorviata da un sofisma, che nJonsi può dire quanto sia peri.i. coloso. Si disse che era impossibile mettere sullo stesso piano coloro che combattevano lo « Stato » (- veramente sarebbe occorso dire: « l'ordine pubblico », inteso in una maniera antisocialista - ) e i suoi avversari (-fra i quali si ponevano anche coloro, come Turati, che non hanno mai pensato ad altro fuorchè all'ordine pubblico-); e che perciò se le violenze «socialiste » dovevano essere represse, le violenze «fasciste >> dovevano essere considerate come « operazioni di polizia>>.Questo far dipendere la repressione dei reati previsti dal Codice penale dalle opinioni politiche dei colpevoli sarebbe la più insigne somaraggine, se non rivelasse una spaventevole confusione degli spiriti. Esiste dunque un omicidio «socialista>> che si deve punire, e un omicidio «fascista>> che si può assolvere? Così crolla tutto l'edificio giuridico delle nostre società, e si ritorna, nonchè alle Signorie italiane, ai sistemi di Tamerlano >>. A me piacque di rilevare queste acute osservazioni del Labriola, che ha, per altro, il torto di perdere (22) Non so davvero se il Nitti, come afferma Labriola, abbia datq l'obliquo consiglio. Ma certo mi impressionò, dopo il trionfo fascista, una intervista, pubblicata da!l Gi/Jrnale d'Italia, con un parlamentare, qualifrcato « un amico di Nitti ». In tale intervista si affermava che, in fondo, Nitti non vedeva male il programma di Mussolini. In proposito, una spiegazione non guasterebbe. Bibl'oteca Gino Bianco

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