-102Ì'opera citaJta, il Labriola dice parole, che odorano di presagio, e riaffermano la grave responsabilità dei democratici· che - egli soggiunge - « avendo affidato al fascismo il mandato di combattere il bolscevismo, furono poi nella impossibili1tà di trovare in sè stessi i mezzi per contenere il fascismo ed obbligarlo a mantenersi nei confini di un partito politico, sia pure appoggiato a serie formazioni militari». Del resto, il medesimo Amendola, nel discorrerci di una « democrazia dopo il sei aprile n, sembrò cedere alle urgenze di una profonda revisione, se non della dottrina, della prassi democraitica. E perciò ha torto di farsi severo specialmente coi critici sovversivi, egli che, in un punto del suo dibaittito, osserva che « dopo il decennio memorando chi voglia parlare ancora di democrazia non dovrà ricorrere col pensiero agli uomini, alle idee, agli eventi che precedettero il 1914 ». Bisogna dare atto di questi che potrebbero essere i sintomi di una salutare crisi spiriituale da parte di chi, per essere insorto animosamente contro i domi., natori, subì l'urto codardo della banda che assassinò :Maitteottie minaccia nuovi lutti contro il paese. Dubito però della· mentaiità amendoliana e di quelli che lo seguono; una mentalità che finisce sempre per polarizzarsi in pregiudiziali ortodosse e in preoccupazioni antisovversive. Onde in buona fede questi uomini politici - in bilico eterno fra l'antica desitra e la.,. nuova democrazia - allontanano le rivendicazioni, e danno modo ai nemici di rafforzarsi nelle loro posizioni liberticide. In proposito il discorso non può BtblrotecaGino Bianco
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