-99sivi e con la sua allusione al « senso del limite ». La. verità è che, in quelle torbide vigilie, una sola preoccupazione ;:eneva tutti gli animi: campare al così detto pericolo bolscevico. E proprio dalle zone della democrazia vennero i più efficaci aiuti ,ai fasci. Ricordiamo con profondo disgusito le teatrali e oscene profferte di appoggio al governo di Mussolini da parte dell'onorevole Giolitti, preso, alla sua volta, da panico, e, da tempo, deciso a pagarsi la piccola rappresaglietta contro i « popolari )> e i socialisti che, alcuni mesi prima, non gli avean fatto comporre il ministero. L'aria si era saturata di simili viltà a tal segno da far correre, nei primi tempi, la voce di una possibile partecipazione al ministero fascista di Baldesi di Buozzi e di D'Aragona. Di costui chi ha dimenticato le dichiarazioni... ragionevoli, fatte alla Camera, che assai compiacquero il Duce? Per fortuna su tawte ambiguità si abbattette, provvidenziale, l'eloquenza ironica di Filippo Turati, la fiera protesta di Lazzari e il memorabile atto di accusa di Giovanni Conti. È però ben certo che la democrazia esce con le ossa rotte da questi dolorosi avvenimenti. E una ~ua difesa - come quella che trovo in una recente pubblicazione dell'onorevole Amendola (37}- può intendersi soltanto dal punto di vista dei suoi principii generali e della sua filosofia, che nulla han da vedere con la sua mala prattica. Questa non è (37) Giovanni Amendola: <( La democrazia dopo il VI aprile MCMXXIV >> - Edizioni Corbaccio - Milano. Bib1iotecaGino Bianco
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