(Libretro di passione) con fotografia di due lettere di G. Matteotti e con disegni di Mario La Regina L.-IE!RBRlA. POL-ITIGA l'el!OD&Rl!,A ~o M"A. Con il contributodi PRESIDENZA DEL CONSIGLIO #SAR.t DEI MINISTRI {f~ ·• ------------------ S1rut1uradimissionc :i1uii,·crs:u1 nazionali I .,..} cd C\'Cnti spo~"livinaz!onal~ "--... Ai e mtcrn:1z1onah NA1.\0~
bhoteca Gino Bianco
ROBERTO MARVASI Dopoil martirio (Libretto di passione) LIBRERIA POLITICA MODERNA --- ROMA --- 1 . Biblioteca Gino Bianco ~,.- ---~-
PROPRIETÀ LETTERARIA Riservati tutti i diritti nei termini di legge per l'Italia e per l'Estero. STAB. TIP. COMM. F. RAZZI - PALAZZO BORSA - NAPOLI 81bhoteca Gino Bìanco
ALLA MEMORIA DI GIACOMO MATTEOTTI Biblioteca Gino Bianco
Biblic teea Gino Bianco
A Ra.i:aele Rossetti. Mio caro Rossetti, queste mie fervide note - dettate nei giorni che seguirono l' ansia e la commozione « che mai non resta » pel martirio di Giacomo Matteotti - sono parte di un piccolo saggio, che stavo preparando éon la preziosa collaborazione del nostro apostolo indimenticabile, e che la benemerita « Libreria Politica Moderna » ha, da tempo, deciso di pubbUcare per protesta, insieme, e documento della vergogna che dura. Io avevo infatti comunicato a Matteotti- sebbene personalmente non avessi la fortuna di conoscerlo - il mio proposito, e gU avev.o rivoito pre-' ghiera di aiutarmi, con notizie precise, nelle indagini che andavo svolgendo intorno all' opera di parecchi dei personaggi, trasf eritisi, in villeggiatura (probabilmente ... non lunga), dal « Viminale » e dal « Chigi », al « Regina CoeU ». L'opera paziente e complessa, fornita dal Matteotti a dimostrazione delle responsabilità, precise e categoriche, del fascismo in genere , e, in ispecie, del Mussolini, quell'opera, che B1bl oteca Gino Bianco
-6io chiamerei sferica in sua fredda e abbagliante luminosità di prove, mi avea fatto desiderare la collaborazione dell'indimenticabile autore di « Un anno di dominazione fascista» (1). Non era stata vana la mia preghiera. Il Matteotti, che - pur non conoscendomi personalmente - ebbe per me sempre affettuosa stima, così mi scrisse il 27 maggio di questo anno : « Non ho ricevuto la prima lettera cui lei accenna, ma non escludo che sia arrivata, perchè, nei nostri frequenti trapassi di residenza , dovevamo spesso abbandonare e distruggere roba. Ho iil!tenzione di fare una seconda edizione dell' « Anno »; e ho già qualche elemento raccolto, ma in modo talmente informe da non essere comunicalbile. Forse - se la Camera non darà da fare - tra una quindicina di giorni potrei avere pronta la p_artestatistica e finanziaria; e in caso gliela manderò. Ma non saprei assicurarla. Ho poi già pronta a Milano un'altra cosetta che qui per lettera non le posso scrivere, e che in caso anche le invierò, forse assai più presto. Cordiali saluti e augurii. - G. Matteotti». ( 1) « Un anno di dominazione fascista». « Numeri, fatti e docll!IIlentiraccolti a cura della Sezione statistica della Sogreteria del Partito Socialista Unitario ii, redatto da Giacomo Matteotti. B blioteca Gino Bianco
-7Seguirono, dopo questa lettera, giornate infernali - onde i venturi arrossiranno per noi - ed io prima compresi, e poi seppi, quale prezioso contributo di prove stava per venirmi, nell' interesse e a presidio della dignità del paese, da quella coscienza eroica. Ma tacerò ciò che conobbi anche se il silenzio implichi sacrifizio di pagine suggestive e impressionanti. Penso l'eredità spirituale di Matteotti essere della sua famiglia politica, del partito suo, infine dell'Italia, che egli « a viso aperto » di/ ese contro una bufera di sangue e di fango. Taccio, e lascio che altri - di me migliori - eseguano il suo testamento morale e r.e assolvano la missione, assassinata con lui, e con lui risorta. Poche ore prima che ce lo portassero via, mi giunse quest'altra lettera, una delle ultime forse dettate dalla grande vittima nel tormentoso adempimento della sua missione nobilissima: « Scusi l'irregolarità delle mie risposte, perchè non ho minuto libero, e anche alla Direzione sono assenti i due segretarii. Le mando qui unito il pezzo manoscritto che riguarda l'amnistia dei disertori. Esso fa par.te di quel lavoro che le dicevo e che non ho ancora pronto. Perciò, fraittanto, se lei citasse, può citare come tolto dalla « Giustizia » che già ne fece cenno in tempo elettorale. Appena avrò il resto completo invierò. Saluti cordiali. Augurii. - G. Matteotti ». BibliotecaGino Bianco
-8E, nella lettera, accluso, trovai il documento dattilografato e corretto, qua e là, da Lui, con quella specie di religiosa precisione e di trappistica pazienza ond' egli solea svolgere e concludere qualunque sua opera. Pubblicherei questo documento, se esso, qualche tempo fa, non fosse stato già pubbUcato, nel giornale «Roma» di Napoli, daU'o~. Arturo Labriola. Rileggo piuttosto amaramente le parole: « appena avrò il resto completo invierò ». I sicarii dell' « era nuova » dovean, dunque, conoscere le vigiUe ardenti e lè tormentose inchieste del Martire, se ne vollero, la soppressione quanJdopiù la nobile fatica stava per attingere i suoi vertici di luce. Intorno all'apostolo stringevasi da tempo la spira infame dei banditi, che avevan già fatto tristo scempio della sua carne, non mai potendone tangere lo spirito sine labe, la purissima anJimapronta alla immolazione (1). Da quelle fiamme di fratricidio, che gli urgevano contro senza paura e senza pietà, egU emergeva - apostolo di rivendicazione - più sereno più forte di prima. Andava, con passo irresistibile, verso un sogno di U- ( 1) Al!luse a tali infamie, precedenti l'assassinio, con parole di iluce, Filippo Tmaiti, in quella sua nobilissima evocazione del Martire, che meriterebbe di essere .affissa in tutto il mondo civi,le. BibliotecaGino Bianco
I i -9bertà. Vedeva egli, sentiva, che ii tragitto era di fuoco. Ma la fede goi dava piedi di acciaio contro ii tristo incendio, gli dava ali per la sua libera ascesa, levarvdolo in alto - orifiamma inverosimile - avverso la tenebra in atto. Sparito l'uomo che accingevasi a dare il contributo di sue preziose indagini a queste mie note, francamente non le vorrei pubblicare più, sembrarzJdomi che esse abb,ian perduto ogni valore da quando fu spenta la magnifica giovinezza del più vero, più degno animatore della parte documentaria di esse. Se non che fu pel tuo fraterno suggerimento che io, mentre ero tuo ospite nei giorni dell'ultimo calendimaggio, nella tua indimenticabile dolce casa, f ormai il proposito di diffondere queste pagine di sana e ferma protesta. Ero allora incline a una specie di vena ironica che tanto ti piaceva (ricordi?), non già perchè tu avessi voglia di ridere in questa ora (un'ora biennale purtroppo) di tristezza pel paese, ma perchè tu, spirito pronto e acuto in tua semplicità, conosci il valore del sarcasmo, del « castigat ridendo mores », e, conite, lo conoscono i signori Mussolini e Feder~ zoni, che ordinarono ai loro prefetti la strage dei giornali umoristici di ogni colore politico, daU' « Asino » all' « A. B. C.». Avevo prima escogitato una certa 81bllotecaGino Bianco
-10dedica (1) al Duce magnifico (come lo chiamano i suoi bravi) che tanto era piaciuta anJchea Giovanni Ansaldo, se nonJerro, e per la quale facemmo gran ridere, mentre i poliziotti del De Bono pedinavano ... i nostri reati di opinione, la nostra opposizione al fascismo (2). Poi mi feci venir la voglia di scherzare altrimenti con... l'Altissimo del Palazzo Chigi. Pensai di scriverti una lettera aperta, nella quale ti avrei confidato che, per paura di guai, non intendevo più di anteporre alle mie note la pericolosa dedica, che, viceversa, ti avrei - per furberia - trascritta, e stampata a mo' di prefazione. Tutta questa ingenua e chiassosa allegria letteraria - pur se esprima propositi ammonitori e auspicii di giustizia - oggi mi parrebbe un sacrilegio. Le mie noterelle divennero così poca e povera cosa, da quando a esse mancò il presidio mirabile della collaborazione di Lui, che io volentieri le getterei al vento, ( 1) Eccola: « A Benito Mussolini, ex-compagno di fede, exrepublicano ten'denziale, ex-apologista della diserzione e del regicidio, attuale cugino dci re..., tremando, offro ·dedico consacro». (2) Afludo al pedi•namento della fine di marzo a Rapallo, dqve io mi ero recato per invito di Raffaele Rossetti, che mi volle testimone alle nozze civili con la sua virtuosa e intellettuale consorte. BibliotecaGino Bianco
-11se esse, pur pensate e scritte da me, non mi paressero vigilate dallo spirito di colui che era venuto loro incontro, fratello e maestro. È dunque alla memoria di Giacomo Matteotti ed è alla santità del suo martirio che io dedico, anche itt tuo nome, amico carissimo, questo libretto di passione. Mi pare così di avvicinare il mio tormento e il tuo al tormento del popolo, inchiodato alla croce del più fiero e crudele servaggio. Settembre 1924: nel terzo trigesimo del martirio. ROBERTO MARVASI Bibiioteca Gino Bianco
Biblioteca Gino Bianco
LETTERE AUTOGRAFE DI GIACOMO MATTEOTTI Biblioteca Gino Bianco
\ \ 'I Biblioteca Gino Bianco
iblioteca Gino Bianco Ecco il fac-simile delle due lettere d" ~, . i Lr'Jacomo Matteotti, delle quali ~ parola 1ieUa lettera a RafM faele Rossetti:
~/- '»'n{L-f?JJ-- ~ ·. ~« ~~~~ 7~-4<~~~ ' (/~-d4 . - ~- B1blloteca Gino Bianco
R. MARVASI - Dopo il martirio. 2 B1bhoteca Gino Bianco
Bibl"oteca Gino Bianco
Biblioteca Gino Banca
Biblioteca Gino Bìanco , r
DOPO IL MARTIRIO 1bhotecaGino 81c1nco
Biblioteca Gino Bianco
Il regime di tro:a.te al martirio. Dètto questa nota esplicativa di un breve saggio critico del movimento fascista, mentre l'emozione del paese tocca l'acme per il lugubre trovamento della salma, profanata e manomessa, del nostro Matteotti. Voglio dire sùbito che il crimine orrendo potette darmi strazio, non mi sorprese, chè esso fu un anello - il più fastoso, non l'ultimo purtroppo - della catena d'infamie che da anni avvince la Patria. L' avvince e la soffoca, appunto, - per tris1 te spudorata ironia, - nel nome stesso della Patria. Anello di catena infame, sviluppo normale e attuazione di programma omicidiario, gridato dalle « ringhiere » e dagli «arenghi», trasmesso nei «comunicati», stampato sui giornali, affisso sui manifesti, scandito, in ritmo di terrore, nei comizii della fazione e nelle aule parlamentari, il delitto di violenza - dal bando all'incendio alla strage - è ormai protagonista sulla scena politica, arbitro dei nostri destini, verbo intrasgredibile degli oppressori. Della gesta corale criminosa, che non sembra aver pausa, mentre intorno l'ansia spezza il respiro della nazione, il Mussolini è l'animatore perenne. Padre Figlio e Spirito Santo. Separare il Mussolini dalla attività del partito, attribuirgli un dissenso dai molteplici Farinacci, e un ' 81b 1oteca Gino Bianco
-24proposito di pace, significa ignorare la verità , o nasconderla, dimenticare la confessione fatta alla Camera dal medesimo Mussolini, l' 11 febbraio 1923 : « Non ci è niente da discutere - egli disse - in materia di politica interna; quello che accade, accade per mia precisa e diretta volorutàe dietro miei ordini tassativi, dei quali assumo naturalmente piena e personale responsabilità >>. E questa dichiarazione ebbe tali e tante esplicite e categoriche riconferme, in mille circostanze anche recentissime, da vietare a chicchessia il tentativo di un qualsivoglia travestimento morale del supremo responsabile di quanto accade in Italia. Se costui fosse quale ce lo vogliono descrivere i suoi accaniti paladini, dall'indomani del martirio di Matteotti, vale a dire uno che si lasciò tradire da non so quanti Giuda, egli sarebbe certamente un imbecille, e più imbecilli di lui sarebbero coloro che ab- 'bandonano le sorti del paese nelle mani di chi si lascia ingannare e tradire nello esercizio di funzioni di stretto carattere generale. Viceversa è indubita,bile che degli assassinii politici la responsabilità, per lo meno politica, non può essere che del capo del Governo, specialmente ,quando egli è, a un tempo, capo del partito che perpetrò i reati, e, dalla bocca e dal ca:lamaio di lui, suole piovere, a getto continuo, una specie di copiosa e pacchiana letteratura di eccitazione a delinquere, e i suoi decreti di amnistia per fine nazionale rimettono in circolazione la delinquenza, assolvendone i delitti passati, e autorizzando, anzi consigliando, quelli venturi. D'altra parte Biblioteca Gino Bianco
-25il duce del Fascismo ha ammesso la propria responsabilità politica col fatto della sua prepotente permanenza al potere, mentre la Giustizia deve istruire e dar giudizio su una tragedia senza precedenti, che _:_ attraverso la soppressione di un uomo politico, l'indommi di sue gravi accuse al Governo, e in vigilia di altre accuse più gravi ancora - colpisce a morte l'istiituto parlamentare, o, per -coloroche non ebbero e non abbiano più fede nell' istituto medesimo , il principio della difesa degl' interessi collettivi, l' intangibile dritto del paese a disporre dei proprii destini. Della tragedia sono incolpati i più intimi collaboratori del Duce, nella stampa e nel ministero. Il regime è eccepiitodalla pubblica opinione a tal segno da imporre arresti , dimissioni e crisi ministeriali. Un uomo, che avesse sentita la propria innocenza e la sua irresponsabilità, anche politica, avrebbe, sdegnoso, offerto le dimissioni irrevocabili, per lasciare assoluta libertà di esame ai giudici del suo paese. Costoro, ad esempio, potranno pure - e io direi dovranno - sentire l'urgenza di interrogare il capo del Governo, arbitro del partito dominante e di una milizia di par.te che ha giurato fedeltà persona:le a lui, su uomini e cose del delitto e sulla sua stessa attività di governante. Gli potranno chiedere, ad esempio, che rnsa abbia egli mai voluto dire, in uno dei suoi panegirici, il 4 febbraio 1923, a Roma, con le seguenti parole: « il governo fascista ha bisogno anche di duecentomila moschetti per tenere a posto tutte le canaglie ... >>. E che cosa significhi il telegramma delBiblioteca Gino Bianco
-26l' 11 febbraio del medesimo anno ai fascisti di Signa: « Dite aùo ai fascisti della Signa e della 'Toscana tutta che il piombo infuocato bisogna serbarlo per i nemici della Patria e del fascismo ... >>. Qualche informazione gl'istruttori potrebbero anche chiederla a proposito di una intervista, concessa 1'11 febbraio 1923, dall'onorevole Giunta, allora segretario generale del partito fascista, che, in un punto del suo colloquio, pronunziò le seguenti allegre parole: « ... Il presidente del Consiglio mi disse un giorno che, se i fascisti vorranno la pena di morte, potremo anche concederla, ma d'ora in avanti anche l'uccisione deve essere fatta in nome della legge e dello Stato (1). Comunque, se le forze negative continuassero la loro azione deleteria, qualche piazza d'Italia vedrebbe presto il plotone di esecuzione>> (2). Nè sarebbe inopportuno che il capo del governo desse agl'istruttori qualche chiarimento intorno alla letteratura , che chiamerei esplosiva, del « Popolo d'Halia >>, suo organo personale, fi.oriitoassieme al di lui... disinteres- (1) Implicitamente iiJ.Mussolini, con queste parole, dichiara'Va fegittime le uccisioni fatte fino a quei momento, anche in barba della legge e derlo Stato. (2) A integrazione di sì nobili sensi, il medesimo Giunta, pochi giorni dopo, i1 20 febbraio, in un ,suo discorso a Trieste, -si esprimeva testualmente così: « ... Non mi pento della mia rivoltella estratta nell'aula parlamentare... La milizia nazionale l'abbiamo fatta per qualche motivo. Se questa forza negativa dovesse prevalere, noi pianteremo i plotoni di esecuzione nelle piazze d'Italia ». Bibiioteca Gino Bianco
-27sato tradimento della fede socialista. Ecco qua in linea alcuni pezz1 di letteratura civile della prefata stupenda gazzetta di Sua Eccellenza: « .... J o voglio dimostrare che se un giorno o l' a!Jtroil lupo fascista entrasse neU'ovile unitario ( cioè i socialisti unitarii) che è il più sporco di tutti, nessun pastore al mondo avrà il diritto di protestare ... » («Popolo d'Itaha » del 20 aprile 1923). «Ma se le pecore rognose, la cui malvagia opera quotidiana conJtro il fascismo abbiamo avuto più voUe occasione di rilevare, vanno veramente in cerca di dispiaceri, non è escluso che possano averne di molto gravi. Quanto al Matteotti - volgare mistificatore, notissimo vigliacco e spregevolissimo ruffiano - SARÀ BENE CHE EGLI SI GUARDI. CHÈ SE DOVESSE CAPITARGLI DI TROVARSI, UN GIORNO O L'ALTRO, CON LA TESTA ROTTA (MA PROPRIO ROTTA) ... NON SARÀ CERTO IN DIRITTO DI DOLERSI DOPO TANTA IGNOBILITÀ SCRITTA E SOTTOSCRITTA ... » (« Popolo d'Italia» del 3 maggio 1923). « In altri termini, i fascisti sarebbero di nuovo - ed occorrendolo saranno - pienamente concordi contro tutti i bastardi di ieri e... di domani, e tornerebbero ( e torneranno) a picchiare nel mucchio con rinnovato fervore. Memento ... da ricordare ( « Popolo d'Italia dell'll maggio 1923). «Mai varii Turati e Modigliani e simili Matteotti sono pregati di ricomporsi nel silenzio dei trapassati, perchè il Fascismo' comincia ad essere ripreso da una strana nostalgia degli anni passati ... >>.( « Popolo d'Italia >> del 27 maggio 1923). « La volgarissima speculazione che spererebbe BibliotecaGino Bianco
-28poter inscenare contro i provvedimenti restauratori del governo fascista (3), lo ricordino bene i nostri avversarii, non sarà da noi in nessun modo tollerata ... Le rivoluzioni hanno, sì, purtroppo, come ultima e maggiore vittima, il popolo buono, ingenuo, lavoratore, ma prima delle lacrime del popolo ci sono sem-· pre state le esecuzioni solenni di coloro cui la nemesi storica jaceva risalire le giuste responsabilità ». (« Popolo d'Italia>> del 16 giugno 1923). « Pertanto il fascismo è nella condizione di fatto di un condotti(C'l'osul campo1 1 di battagUa, e non può considerare che come nemico chiunque osteggi e anche non assecondi appieno l'azione sua ... (4). Viceversa i dissenzienti sembrano voler considerare il fascismo come un partito qualunque col discutere e trattare da pari a pari (5). Ora è evidente come questo stato di incomprensione dei non fascisti verso il fascismo possa in uno od altro momento rendere necessaria una chiarificazione tale che valga a dare un carattere di irriducibilità al significato e agli effetti del rivolgimento nazionale». ( «Popolo d' Italia» del 20 giugno 1923). « La rivoluzione fascista ebbe il torto di non consegnare ad uno speciale tribunale di difesa nazionale (3) Con questo grazioso eufemismo l'organc personale di Benito Mussolini 'battezza,va le scellerate leggi 1iberticide e incivili. (4) E hanno poi il coraggio di strepitare e di sbraitare contro chi li paragona a un esercito nemico di occupazione. (5) Ma no, ma no. Non vi state ad allarmare e a scomodare. Noi sappiamo di non essere pari vostri ... BibliotecaGino Bianco
-29il tristo senatore che tradì i dalmati con una infame campagna. Ma molti fascisti non hanno dimenticato e non dimenticheranno per tutta la vita il tradimento di Albertini ». ( « Popolo d' Italia » dell' 8 luglio 1923). « Se il progetto Acerbo sarà respinto, il parlamentarismo disfattista verrà fatalmente al redde rationem ... ( 6). La conclusione è unica, e non vi è che un!a strada per il fascismo: occorre prepararsi! ». (« opolo d'Italia» del 13 luglio 1923). « Ci troviamo in questa situazione perchè nell'ottobre 1922, per eccessiva buona fede, non conducemmo fino in fondo una rivoluzione che doveva essere inesorabile. Uomini nefasti come Nitti, Treves, Turati, Modiglian!i, Serrati e Albertini dovevano essere consegnati ad un tribunale di difesa nazionale. Le vipere velenose non si scaldano e non si lasciano libere >>.( « PopolQ d'Italia>> del 13 luglio 1923). « Poichè non si fucilarono allora poche dozzine di furf atliti - e la cosa non avrebbe fatto impressione di sorta - le carogne come le vipere si riscaldari,o ql sole della generosità fascista (7) ... Il governo fascista, quando è l'ora, appUca con tutti i sacramenti della più ortodossa legalità le necessarie ch_ir:urgi.e.. >>( « Popolo (6) E infatti fa nefasta legge Acerbo fu fatta votare... a mano ar,mata. O. la legge o... la vita; questo il motto d'ordine dei ricostruttori. (7) Ecco il semplicismo alilucinato delle persone feroci. Esse non sanno, nè sospettano, che nemmeno la soppressione di tutti gli avversarii contemporanei varrà a salvarle daUe inesorabili sanzioni storiche. BibliotecaGino Bianco
-30d'Itailia » del 19 agosto 1923). «L'armamento della milizia, la quale disporrà d'ora innanzi di mezzo milione d'uomini, risponde alle parole pronunziate da Mussolini alla Camera, di volere cioè conservare ii nuovo regime ad ogn'i costo... Nessuna opposizione poteva o potrà mai rovesciare il fascismo, nè votare contro... (8). (« Popolo d'Italia» del 6 agosto 1923). « Il deputato Amendola domanda perchè mai, se il fascismo ha il consenso nazionale, non si abolisca la milizia nazionale. A questo signore, che gira ancora in1 disturbato per Roma (9), rispondiamo che la milizia non è rivolta contro il popolo, ma sibbene contro una minoranza sparuta e screditata di canaglie che hanno sempre tradito l'Italia. Il nuovo Cagoia Amendola che invoca la libertà, quasi che tutti i f ossat~ (8) Non è questo un gergo da a1J1tinazionee da antitalia? Ed hanno, codesti bestemmiatori, la faccia di scanda1izzarsi per le criti<:he della più autorevole stampa estera che, mo.ssa da sensi di civiltà e da vero amore per la nostra Italia, insorge contro il di-spotismo che la opprime. (9) Queste nobili espressioni il « Popolo d'Hali.a » le stampava 1ml finire dell'agosto 1923, senza che, naturalmente, il procuratore del re sentisse hl dovere d'intervenire. L'invito a intervenire era, del resto, rivolto, dall'organo di Mussolini, a personaggi oggi più ,potenti dei lprocura,tori del re. E non fu v,ano l'appello, chè, dopo pochi mesi, l'Amendola era vigliaccairnente aggrediito da una mezza dozzina di canaglie, alcune del1e quali, oggi a Regina Coeli, hanno poi assassinato Matteotti. Del gruppo fu condottierq lo chauffeur Zaccagnino, che circola - quello sì « indisturbato » - per le vie di Roma, in attesa forse di qualche fotografia dedicata del Duce. B bliotecaGino Bianco
-31d'Italia fossero pieni di carogne antinazionali, ha finora avuto troppo larga licenza. Il fascismo è stato verso di lui troppo magnanimo, così come fu generoso verso gli altri delinquenti antin!azionali, che rispondono ai nomi di Nitti, Albertini, Don! Sturzo, Treves, Modigliani, Serrati, Turati ed altri (10). Se il fascismo, invece di essere troppo ingenuo e buono, avesse liquidato queste canaglie che appestano la nazione .... Il fascismo oggi sconta l'errore di aver fatto una rivoluzione soltanto col sangue dei suoi militi eroici e non col sangue degli avversarii. Ma, 'appunto per questo, appunto per sanare una omissione iniziale, è necessario che la milizia rimanga al suo posto saldamente, perchè essa potrebbe anche servire per quattro canaglie da mettere al muro ... » (11). («Popolo d'Italia del 23 maggio 1923). « Quando il porco di Basilicata era al governo dava libertà ai funzionari di celebrare il 1.0 maggio ... Le rivoluzioni hanno i loro diritti e non è bene lasciarle incompiute ... Malgrado Cagoia, la marcia su Roma sarà celebrata ( 10) Anche su quest'altro reato il procuratore del re si è costituzionalmente addormenta,to « pel bene inseparabile del re -e del!la patria ». L'insigne personaggio da Gran Via ha dormito sugli a,llori di Roma antica, mentre la banda Dumini affilava, tra Palazzo Chigi, Vimina,le e « Corriere Ita1iano », i1 « ferro freddo » per gli eroismi ulteriori. (11) Vivaddio! Eccolo svela,to i1 compito della milizia nazionale, che, fra poco tempo, si appresta a giurare fedeltà al re d'Italia. Costui è pregato di farci sapere se approva questo programma enunciato dall'organo di suo cugino. B blioteca Gino Bianco
-32formidabilmente, e i diecimilagagliardetti che sfileranno per la capitale daranno a tutte le canaglie la sensazione vivida che l'Italia è sempre in armi non solo contro il sovversivismo pestilenziale, ma anche contro Cagoia ed i suoi sparuti, lamentosi chierici (12). (Popolo d'Italia» dell'll ottobre 1923.) « È da qualche tempo che il conte Sforza (cugino del re (13) ed ex-ambasciatore a Parigi) - marchese della menzogna - si agitçznegli ambienti politici e diplomatici e cerca di far dimenticare la sua spudorataggine che lo ha esiliato per sempre dalla diplomazia e dalla vita politica. Che il conte Sforza sif agiti, ora che è sfuggito all'olio di ricino che i fascisti della sua terra intendevano. propinargli giustamente, si può anche comprendere, ma non ~i comprende con (12) E, come per Amendola, anche quest'altro appello non fu vano. Dopo poche settimane il villino Nitti fu invaso, e le virtuose eroiche donne della casa· di lui furono vilmente minacciate e Qffese, mentre gli inva,sori frugavano - iene novi-ssime - in tutti gli angoli de!l villino per trovare i[ Nitti e assassinarlo. E, in mancanza di meglio, rubarono. (13) Anche lui, Mussolini, è cugino del re, dopo averne, in sostanza, auspicata l'uccisione con la sua apologia del regicidio, riii.facciatagli, in piena Camera, dall'on. Giovanni Cqnti, nel suo discorso del. 17 novembre 1922, e po,i riconfermata da Pietro Nenni. Noi siamo avversarii politici del conte Sforza. Ma dobbiamo •ricono,5cereohe, fra i due cugini, ci è una bella differenza. Il conte Sforza non barattò la sua fede per acciuffare -comunque una fortuna politica, nè si compiacque neHe amici.zie coi Naldi, Dumini, Filippelli e simiglianti Albino Volpi e Cesare Rossi. 81b ioteca Gino Bianco
-33altrettanta facilità la linea di condotta del signor Barrère, il quale dovrebbe cominciare a persuadersi che nell'Italia fascista una maggiore discrezione è assol:utamente necessaria... ». ( « Popolo d'Itaha » del 26 novembre 1923). « Intorno al duce è tutto un martellare giocondo di cuori ed è una infrangibile barriera di armi e di armati. Il primo sta a provare il consenso, la seconda dimostrerà la forza, occorrendo, e la farà valere (14). (« Popolo d'Italia» del 23 novembre 1923. E potrei citare, senza pausa, alitre gemme di questa letteratura da Codice Penale, fiorita nella serra giornalistica di Sua Eccellenza, a documento di una responsabilità politica che, fino a quando non sia per lo meno contestaita, potrà sempre dare agli incolpati di Regina Coeli il dritto di aspettare 1' assoluzione (15). Basta seguire le escandescenze polemi- ,chedel Farinacci e del giornale tragicomico « l' Impero » a persuadersene. Codesta gente nella sua « matta bestialità» può destare, come desta, un senso (14) Seguirono quasi i;ubito l'invasione brigantesca del vi,la lino Nitti, e i,l tentato assassinio dell'onorevole Amendola, aJhla loro volta seguìti, senza troppe interruzioni, <la altre consimili infamie. Non si può negare, a questi er~i del purgante e dell'aggressione dei venti contro uno, la virtù della coerenza nella attuazione del '1oroprogramma micidiak ( 15) ·Consiglio i lettori che voglia.no il quadro perfetto e completo dell'opera di eccitamento a delinquere, compiuta :senza tregua e .senza pietà dalla sedicente « era nuova», ad acquistare « Il fascismo della prima vra » (pagine estratte da!l PoR. MARVASI - Dopo il martirio. B1bl1otecaGino Biancò
-34di nausea in ogni retta coscienza, ma deve a essa però riconoscersi una sincerità che altri - in prima linea il Duce - non hanno. È, sì, la sincerità del bandito, la iattanza torbida del criminale che vanta la gesta di ieri ed esal1 ta quella successiva; Essa però disgusta forse meno della ipocrisia che astutamente dissimula e nasconde la perversità delle intenzioni. Non è già - si badi - che il Mussolini mascheri sempre e inorpelli la sua personalità; anzi, quando l'aria è cheta intorno, egli compiacesi spavaldamente di elettrizzarla, col suo gesto fulminaitorio, anche attraverso leittere e telegrammi ai suoi colonnelli e ras, per tenerne desto lo spirito micidiale e diffondere nel paese preoccupazioni e terrore. Se non che egli suole avvi- , cendare tendenziosamente la prassi della intimidazione con l'improvvisa mostra di un paternalismo equitativo, al callido scopo di dissimulare il suo pravo disegno; ed è, per tanto, ,che i delitti peggiori la fazione possa consumarli l'indomani dei così detti discorsi « normalizzatori ». Questo contraddittorjo e polo d'Italia) di Giacomo Matteotti, una pubblicazione postuma, a cura del Partito Socialista Un~tario, con prefazione; oppure « Un anno di dominazione fascista», edLto anche dal Partito Unitario, che, appunto, riproduce testualmente i brani del Popolo d'Italia, -0heio, a mia vdlta, riproduco, in questo saggio, insieme ad a,ltro abominevole· materiale che il povero Matteotti scovò per poi gettare in vetrina a disprezzo del nemico interno e ad ammonimento dei venturi. Cor.rederò questo saggio di altre riproduzioni dei... fioretti della Compa,gnia di Cesare Rossi, Dumini ecc. Bibl oter.a Gino Bianco
-35istrionico atteggiamento il Mussolini se lo può consentire perchè conosce la forza che a lui riuscì di estrarre dal tradimento della sua fede e dalla illusione che egli seppe sus·citare in tante giovinezze, immolatesi a un miraggio falso e bugiardo, per lo spiegabile sdegno in esse acceso dalla svalutazione deplorevole del sacrifizio di guerra. Di conoscere tale forza egli dette prova l'indomani della marcia su Roma, nel punto d'irridere all'assemblea legislativa e di rinfacciarle di non avere egli fatto dell' « aula sorda e grigia un bivacco di manipoli)). Fu quello il primo saggio di una politica che ondeggiò sempremai fra l'arbitrio criminoso e la ciarla petulanite e mendace, a riaffermare pensieri di concordia e propositi .... d'indulgenza e di ritorno alla legalità (16), mentre il bando l'incendio l'omicidio occupano tutta quanta la cronaca n'era del bell'i,talo regno. Nel perenne oscillare fra minaccie e carezze, crimini e resipiscenze, consiste l'attività di colui che oggi ha in pugno i nostri destini. L'astuta altalena dà modo, frattanto, al -capitalismo industriale e agrario - pavido di moti rivoluzionari - di giustificare la propria ulteriore solidarietà -coi responsabili di questa « f etida rovina n, come la battezzò, forse un po' tardi, ( 16) Imprudente la premessa, se non fosse una burla, chè essa implicitamente ammette, e quasi ,proclama, uno stato di illegalità che imperversa da quando surse l'era nuova. E i diséorsi recentissimi - che, a1meno in parte, salvarono la dignità del Senato - degli onorevoli Albertini Sforza e Abiat::, tutt'altro che sovversivi, riconfermano questa dura realtà. Biblioteca Gino Bianco
-36Gabriele D'Annunzio. L'.ansia della patria non li commove. Logici. Le fiamme, che oggi ci urgono, non furono forse suscita.itedai gaudenti il privilegio della ricchezza privata, agraria e commerciale? La funesta fazione, in armi contro il corruccio proletario, non fu, dunque, arruolata, con fior di milioni, dalla industria pallida e tremebonda, e non fu essa protetta da _) tutti i governi, senza eccezione e senza pausa, fino al governo Fa:eta, quello del finto stato d'assedio? Non deve allora sorprendere la recente cinica dichiarazione di quel tale comlnehdatore Silvestri, in sua nequizia, coerente, alla pari degli altri industriali in polemica col senatore Einaudi, che fanno ressa apologetica intorno al Duce, sbandierandone la gonfia eloquenza, esibitrice di un patriottismo di falso conio (17), da tutti i punti cardinali della penisola. L'ormai vecchio gioco serve a salvare la parassitaria finanza di lor signori, nuovamente minacciata dallo sfacelo del fascismo. Questa palliazione di nascoste magagne è così evidente da non isfuggire neanco all'occhio inesperto di un bamibino. Se se ne accorgesse Gioberti (18), alla pari del Machiavelli e dell'Oriani citato a getto con- ( 17) Leggere, a ri:prova, nella Giustizia di Milano, la quasi qnotidiana documentazione che l'integro giornale offre al ,pubblico della attivi,tà di ,questo i.nverqsimile commediante, che volle, obbedendo, forse, a un senso di emulazione, riabilitare Rabagas, supe;andolo ... ( 18) Già, a prqposito del Gioberti, ·che sta .mandando in visibilio, col Gentile,-~ il,filosofo dell'ammazzamen•o, - squaB•bliotecaGino Bianco
-37tinuo dagli apologisti del fascismo, potrebbe ripeter loro sul vol:to ciò che egli scrisse, a protesta in un luogo della « Apologia >>: « l'empietà riusciva più schifosa e insanabile che in addietro, perchè priva di ogni realtà e orpellata dall'ipocrisia>>. Ma non è il caso d'indugiarci,sul proposito, in più lungo discorso, mentre il martirio del più alto a,ccusatore di questo regime pose automaticamente il quesito dei rapporti fra Mussolini e gli accusati del misfatto, fino al giorno del loro arresto. Ripeto che specialmente i giudici istruttori del processo - se liberi, come, toto corde, auguro alla giustizia del mio paese che essi siano - non possono prescindere da detta indagine. Il cape dre e centurie dell' « era nuova », guai se codesti nov1ss1m1 esaltatori sapessero che il Gioberti fu co11a'boratoredi Mazzini (- non quello purgato con l'olio di ricino di Bazzi e compagnia -) col pseudonimo di Demofilo, che fu detenuto nella fortezza di Torinq, e poi (bandiito dal Piemonte nel 1833, come affiliato alle Società segrete) esule a Parigi e a Bruxelles. Guai .se gli sprezzatori della democrazia !Sapessero che Gioberti, nel 1848, regnando Carlo Alberto, formò il ministero, detto precisamente ... demqcratico. Noi non '5iamo certamente giobertiani, ma vor.remtrnoun poco più rispettato l'autore del « Gesuita moderno » da coloro che si fanno :sgabello delle di lui teorie, non capendole, forse, gran ,c:he.Vorrei dire a costoro: citate un po' meno il grande piemontest; e imitatene, invece, la dignità del vivere e del sentire, ricordando, ad esempio, che Gio0e-rti, ,f:iopoessersi dimesso da rappresentante il suo Stato a Parigi, rifiutò pensioni e onori, e morì nella fede del lavoro. ©ggi, per mollare la preda, occorre ,, un asperrimo combattimento ». Virtù romana ... BibliotecaGirioBianco
-38del governo e del fascismo dovrebbe desiderarla , anzi imporla , nel suo proprio interesse. Non basta ostentare rispetto alla libertà del potere giudiziario, che è , del resito, veramente libero , quando lo sia non per altrui concessione, ma per propria intima viritù, e che, in ogni modo, dà solo facoltà di pronunziare sentenze: l'esecuzione di queste non è di competenza sua, bensì del potere esecutivo, che oggi è presieduto - con la forza e in barba al consenso - da chi un giorno potrebbe essere costretto a eseguirle contro i personaggi più cospicui del partito che egli impersona e capeggia, a eseguirle, vale a dire, moralmente, contro di sè. Chi guardi la situazione da tale punto ·di luce politico-giudiziario ha il dritto di revocare in dubbio la famosa « enorme tranquillità » del governo e del suo presidente. E il ballo di San Vito, da •cui pare preso)l Farinacci, - che sbraita contro mezzo mondo e suscita dubbii anche nell'animo di quelli che non avean finora pensato le cose malvage, escogitate· da quel cervello in convulsione epilettica, - denunzia uno stato d;ìnquietudine, se non addirittura il panico delle alte sfere, di fronte al crimine, che tuttora turba la •coscienzadel mondo civile. Fioccano da tutte le bande motivi di sospetto e di preoccupazione, ,che vietano, a una onesta e libera istruttoria, l' indifferenza. Il memoriale di Rossi e le indiscrezioni durante la sua latitanza, il così detto « testamento morale» di Aldo Finzi, riaffermato dal giornale « Il Popolo », con serietà di argomenti e di prove, la inesplicabile permanenza del De Bono Biblioteca Gino Bianco
-39- - escluso dalla Direzione Generale della Pubblica Sicurezza - nel comando della sedicente milizia nazionale (19), la medesima grottesca risoluzione della crisi ministeriale, il lungo occultamento e la profanazione della salma del Martire, i modi del suo trovamento, l'epistolario di Bazzi (già tratto in arresto) da Parigi, le polemiche della stampa foraggiata, per attribuire al delitto causali fantastiche e deviatrici, le ingiurie alla memoria del Martire, le minacce e le aggressioni contro i dttadini che ne onorano la memoria, e, infine, 1-a lacerazione del pa;tto statutario, che, senza entusiasmare noi, dovrebbe essere sacro alla ortodossia, e il bavaglio ai giornali per impedire il controllo della pubblica opinione sulla istruttoria, e questa sorvegliare impunemente, per accopparla, occorrendo; tutto insomma un materiale incendiario che non può essere gettato via dai giudici fra i rifiuti dell'archivio: esso divamperebbe, assalendo il medesimo -istituitodella giustizia. Appunto è qua il dramma sociale della gente d'Italia, da quando, l'indo- ( 1.9) Questo .strabiliante per.sonaggio di Ponson du Terrail, poohi mesi or sono, e precisamente il 29 novembre 1923, inviava al1' onorevole Mussolini, da Napoli, il seguente telegramma, firmato anche da a:1-trifascisti: « Quattrocento uf ficiaU della milizia, pronti ad uccidere e a morire per la patria e per il fascismo, lanciano al Duce dell'Italia nuova il loro più f edela e formidabile: A noi!». Per la storia: l'autore di questa robaccia andava la sera a rimbambire la sua feroce vecchiaia nei bals Tabarin, come potette ·stampare, senza tema di smentita, La Voce Repubblicana. Biblioteca Gino Bianco
-40mani dell' aspro dovere, da essa assolto ìn trincea, mutilandosi e uccidendosi contro il nemico di fuori, fu presa prigioniera dal nemico interno, che, oggi, in armi, a·ccampa contro la sua liber,tà, dopo aver parlato spavaldo testualmente così ai fratelli assediati: « ... Qualcuno potrebbe domandare: perchè tanto clamore? perchè tanti armati? ... Io dichiaro che voglio governare, se possibile, col consenso maggiore dei cittadini; ma, nell'attesa che questo consenso si formi, si alimenti e si fortifichi, io accantono il massimo delle forze disponibili. Perchè può darsi, per avventura, che la forza faccia ritrovare il conisenso e in ogni caso quando mancasse il consenso ci è la forza». (Mussolini - Discorso al Ministero delle Finanze - 7 marzo 1923). Esistono - lo so - impostori che giustificano questi spudorati precetti e -diffide come dritti della rivoluzione, alla pari dell'assassinio e di ogni altra gesta di preordinata crudeltà. Dritti della rivoluzione? Di quale rivoluzione? Avvenne in Italia una trasformazione politioa attraverso il mutamento dei suoi istituti? Il medesimo Mussolini lo nega ogni quarto d'ora: lo ha negato recentemente al Palazzo Madama, nel suo dis-corsoai senatori, che gli elargirono il più buffo voto che Assemblea abbia mai dato, consentendogli di rimanere al governo dopo averlo ammonito a restituire al paese la pace e la legalità. Il capo del governo, pur di acciuffare quel voto di tolleranza (che discredita quelli che glie lo dettero e li fa responsabili di quanto oggi accade in danno del paese), esaltò l'origine legali:taBibliotecaGino Bianco
-41ria e costituzionale della crisi che rovesciò lui e i suoi gregarii addosso al paese. Ed ebbe questa volta, vivaddio, ragione il s-ignar Mussolini, che fu sempre, da quando tradì la sua fede, il fermo e feroce puntello del vecchio regime, aumentando i privilegi della classe dominanite nei suoi gruppi capitalistici e nelle sue caste egemoniche. Il movimento, che si nomò dal fascismo, fu il contrario di una rivoluzione, anzi questa intese di soffocare allorchè l'occupazione delle fabbriche parve segnarne l'inizio. Se davvero quel movimento avesse voluto esprimere e imporre la trasfomnazione politica degli istituti vigenti, avrebbe dovuto essere es,traneo e contrario a questi, e, infine, sopraffarli per dar vi1ta a un nuovo regime con nuove forme politiche e sociali. Viceversa il fascismo si mosse a difesa della monarchia, dopo che il suo Duce le aveva puntato contro la « tendenzialità repubblicana », e di questa esatta contraddizione in termini non pochi di quei giovani (che, errando in buona fede, conferirono prestigio al moto liberticida) dolorosamente si stupirono, e in parecchi di loro la maraviglia diventò sdegno e motivo di resipiscenza, ,chesi va tuttora diffondendo e accrescendo a tal segno da stremare sempre più e isolare la fazione, che· il paese, inerme e stanco, guarda come un esercito di occupazione (20) e ne auspica lo sgombro. È ridicolo, (20) A tal proposito, in Voce Repubblican,1, del 31 marzo 1923, Alfredo de Donno, in un acuto suo scritto sulla « Paura della Libertà», osserva: « Un Governo che sente il Biblioteca Gino Bianco
-42dunque, parlare di rivoluzione a proposito di uno spudorato fenomeno di conservazione reazionaria. Solo chi campa nella luna può aggiustar fede a simili frottole. Una intesa sorda e obliqua con tutti i ministeri, che hanno preceduta la marcia su Roma, dette al fascismo la possibilità delle sue trionfali azioni punitive, che avevano i loro codardi mittenti negli industriali e nei governanti loro alleati. Au~orevole conferma di tal fatto io trovo in una recente pubblicazione dell'on. Arturo Labriola (21), un ex-ministro, che, in un punto del capitolo su « la controrivoluzione fascista», così parla: « Tutti i fascisti ammettono che il rapido successo del loro movimento si deve anche al fatto che quasi tutti i governi lo favorirono, a cominciare dall'on. Nitti, il quale, se non sono male informato, consigliò, per primo, in certi casi, accordi fra la forza pubblica e i fascisti; e nessuno lo av1 bisogno di difendersi con le armi contro tutti, chi rappresenta? E' chiaro: sè stesso. Dato il •sistema, preferia'!DL•pensare a un manipdlo di militari che riescano a penetrare in territorio straniero, e, impadronitisi di una ,posizione, vi si barricano dentro e aspettano, con le munizioni alla mano, il nemico. O, se ivi piace meglio, si può anche pensare ad ·una masnada di briganti che, asserragliati in una fattoria, seminano il terrore fra i vil'lici e assaltano i carabinieri che osino affrontarli. Operazioni di guerra, dunque, non arte di governar~ ». (21) ARTURO LABRIOLA: Le due politiche - Fascismo eriformiS1no (note). B"blioteca Gino Bianco
-43versò (22). La stessa opinione pubblica fu fuorviata da un sofisma, che nJonsi può dire quanto sia peri.i. coloso. Si disse che era impossibile mettere sullo stesso piano coloro che combattevano lo « Stato » (- veramente sarebbe occorso dire: « l'ordine pubblico », inteso in una maniera antisocialista - ) e i suoi avversari (-fra i quali si ponevano anche coloro, come Turati, che non hanno mai pensato ad altro fuorchè all'ordine pubblico-); e che perciò se le violenze «socialiste » dovevano essere represse, le violenze «fasciste >> dovevano essere considerate come « operazioni di polizia>>.Questo far dipendere la repressione dei reati previsti dal Codice penale dalle opinioni politiche dei colpevoli sarebbe la più insigne somaraggine, se non rivelasse una spaventevole confusione degli spiriti. Esiste dunque un omicidio «socialista>> che si deve punire, e un omicidio «fascista>> che si può assolvere? Così crolla tutto l'edificio giuridico delle nostre società, e si ritorna, nonchè alle Signorie italiane, ai sistemi di Tamerlano >>. A me piacque di rilevare queste acute osservazioni del Labriola, che ha, per altro, il torto di perdere (22) Non so davvero se il Nitti, come afferma Labriola, abbia datq l'obliquo consiglio. Ma certo mi impressionò, dopo il trionfo fascista, una intervista, pubblicata da!l Gi/Jrnale d'Italia, con un parlamentare, qualifrcato « un amico di Nitti ». In tale intervista si affermava che, in fondo, Nitti non vedeva male il programma di Mussolini. In proposito, una spiegazione non guasterebbe. Bibl'oteca Gino Bianco
-44spesso di vista le responsabilità di Gioli,tti di fronte al fascismo prima e dopo la marcia su Roma. L'ex-ministro del Lavoro (- con osservazioni e dati di fatto, i quali hanno, in questo -caso, l'indubitabile valore di una testimonianza, che non potette, che io sappia, essere eccepita -) assoda il preciso carattere dell'attività fascista, fastoso movimento per commissione, che invano tenta pur oggi di riabilitarsi nella ingenua solidarietà delle giovinezze, non ancora fuori del 1tristo incanto. Credo anzi, sia debito elementare di giustizia identificare la non resistenza del partito socialista alla travolgente offensiva, che certa critica partigiana battezzò codardia. Si pensi che non si scontrarono due fazioni, due eserciti. Bensì enormi masse, armate (23) dal medesimo governo borghese, - che dissimulava, anzi fingeva canagliescamente una neutralità impostagli dal volere del paese - si gettarono addosso ai sovversivi, che, stretti dall'indegno assedio, col complice presidio della Polizia, di una parte della magistraitura e dell'esercito, non potevano che essere accoppati! Gli inermi non battettero mai, se non erro, aggressori armati fino. ai denti e protetti da tutte le bande. Il medesimo Dino Grandi - nel tempo di una sua «fronda)), molito sottolineàta nei circoli della ... « ricostruzione >>- ha scritto che « la spedizion'e punitiva divenne qua e là un incousulto e coreografico eccesso di violenze in- (23) E imbottite di elementi fedifraghi del socialismo e, in genere, della rivoluzione, onde ,provenivano. BibliotecaGino Bianco
-45giustificate>>. Ciò non ha impedito, all'attuale sottosegretario di Stato, in questi ultimi mesi di inferocirsi e di andarsene nel marzo a Genova a esaltare l'ignobile aggressione contro Gonzales, Rossetti, Canepa e altri valentuomi, riuniiti a deliberare sulle elezioni allora imminenti. Non esistono dunque nè il coraggio leonino dei vinCÌ'tori, nè la codardia dei viniti. Esiste solo una violenza organizzata da coloro che sono chiamati dalle leggi e dal loro medesimo giuramento a reprimerla. Io, socialista, posso conserntire in un solo appunto mosso alla mia parte: di non avere essa abbastanza esàltait:ii valori morali e di aver dato soverchia importanza alle cooperative ai sindacati professionali, e, in genere, alle elezioni. E anche ammetto, e l'ho dichiarato in un mio libro sulla guerra, che l'insistere sulla propaganda del neutralismo fu un errore, perchè il neutralismo va predicrutoe imposto internazionalmente la vigilia e non l'indomani del suo divampare niente meno che nelle forme conflagrrutorie. Io che sono nemico acerrimo della guerra assai più forse di parecchi neutralisti, se non posso opporre la rivoluzione alla guerra, difendo la mia patria, pur auspicandola libera fra le altre patrie -senza barriere, contro il flagello della invasione e contro la servitù. Tale il mio pensiero. Dov'è l'errore? In me o nei miei compagni e contraddittori? Non mi pronunzio, chè non credo alle sentenze definitive. Ma reputo iniqua e ingiusta l'accusa che si move agli assertori della itesi neutralista, dai monopolizzatori del Biblioteca Gino Bianco
-46patriottismo (24 ), di antinazione ». 11 fatto della guerra, ponendo il problema dei suoi motivi, che son tutti di predominio economico e di competizione fra le varie forze industriali, in concorrenza spietata nel mondo, giustifica l'insurrezione spirituale dei classisti rigidi, che denunziano il pretesto della patria, estratto dai concorrenti in danno del proletariato mondiale. Il nostro dissenso dai neutràlisti intransigenti non è già nel negare tale pretesto, bensì nel ritenere che debba il flagello di guerra essere impedito internazionalmente dal proletaria,to insorto, e non da una nazione sì e dall'altra no. La medesima internazionalità del principio della lotta di classe, non consente che questo sia attuato « in una parte più e meno altrove >>. Una mia frase: « O tutti inermi o tutti in fl,rmi » intese appunto di assodare il principio del disarmo universale col metodo marxistico dell'unione di tutti i lavoratori, e non coi palliativi della « lega delle nazioni », onde le buone intenzioni sono bandite, giorno per giorno, ora per ora, dalla realità (25). (24) Fra costoro in prima linea i nazionalisti, lasciatisi ipoi trarrqui11amente ingoiare dal fascismo. Pochi anni prima del 1oro assorbimento, Luigi Luzzatti aveva potuto, a1la Camera, isenza esserne !rintuzzato, abbozzare, in un suo discorso, la seguente definizione testuale: « II nazionalismo è la caricatura del patriottismo». (25) In polemica cortese con Amedeo Bol'diga, che mi aveva contrastato ta1e punto di vista, con una sua lettera, poi riprodotta nella mia « Critica della guerra», io dicevo, fra l'altro: « ... Un sociali.smo che non sia internazionalista non ha rnB1bhoteca Gino Bianco
-47Io, però anche ritenendo errata la tesi di un neutralismo a ogni costo (- anche a costo di lasciare che la guerra imperversi nonostante la predica contraria, anche a costo di non impedire la calata del « secondo nemico >> di Turati --) riconobbi sempre la nobiltà dell'errore e deplorai, con repugnanza, la goffagine gione di essere. Il socialismo in fondo è uno stato dell'anima collettiva, che riconosce il malanno dei proprii ordinamenti economici e ne reclama la mutazione ab imis. Tale stato d'animo non è il travaglio di una nazione sola: è il travaglio del mondo intero. L'epigrafica terapia marxista è appunto nelle ;parole: << Lavoratori di tuHo il mondo unitevi». E dunque: o la nostra propaganda ha l'unico ritmo, l'unica pulsazione, reclamati dalla sua finalità internazionale, o meglio è rinunziare ad essa ». E concludevo così: << Poichè il socialismo è contro tutte le guerre, non è soltanto contro la guerra in Ita:lia, onde la vanità di una propaganda neutralistica in ltalia, mentre a1trove, a pochi passi, gli altri proletariati si massacrano. Vanità e demenza .. Se non sapemmo imporre il disarmo al mondo intero, non abbiamo il diritto di separarci dal conflitto universale. Questo deriva, oltre che dailla mala volontà borghese, dalla nostra inerzia passata, e dal fatto che l'azione internazionalista fu fiacca, fu formale, fù nulla. Oggi noi non ci ,poniamo contro 1a nostra confessione politica, difendendo la nostra patria. Ciascuno porta oggi, nel campo della contesa cruenta, chiuse nel petto, le fiamme della propria fede, inestinguibili. Ma nessuno di noi deve oggi separarsi dal proposito e: dalla volontà, anzi dalla pa;ssione, di difendere l'Italia e le sue più alte fortune». (Vedi: Roberto Marvasi: « Tutte le fiamme», << critica della guerra,, - Biblioteca di Scintilla .. , Roma 1916). Brb'oteca Gino Bianco
-48di certe accuse di antitalianità (26) lancia;te contro uomini che non sarebbero internazionalis,ti, se non amassero la loro pa1tria quanto, se non più, delle altre. Il diverso modo di guardare le conseguenze del fatto della guerra - sempre mai deprecate -, purchè esso sia sincero, e promosso da convinzioni programmatiche e da desiderio di bene, non autorizza e giustifica gli ostracismi inflitti ai contraddittori, la creazione di quella specie di pulcinellesca valle di Giosafat,te con a destra i patriotti, anche del calibro di Farinacci, e a sinistra i rèprobi, fra i quali, .si badi, a conflagrazione divampata, Mussolini, il. .. « duce magnifico» fu in prima linea. Gli esaltatori di questo Napoleone redivivo han dimenticato, o fingono di avere dimentica;to, ·che fu proprio lui il principale compilatore del manifesto, lanciato dal partito sc::ialista italiano còntro la guerra. A rinfrescare la memoria dei sicofanti voglio riprodurre la lettera che Mussolini mi mandava da Milano (dov'egli, dalle colonne del nostro « Avanti! >> faceva allora il dia- (26) L'ultima, la più ridicqla fu quella dell'on. E. M. Gray, che avventò, col preordinato coro dei ... senatori di Mussolini, contro l'onorevole Arnaldo Lucci, niente meno che l'appellativo di « spia deU'Austria ». La calunnia non campò dieci minuti. Essa ricevette .sepoltura, dltre che dahla immediata reazione della pubblica opinione, dalle miserabili spiegazioni ei,pettora:te dal Gray. Tali i metodi del1'era nuova, in bilico fra l'assassinio fisico e quello morale. Bib ioteca Gino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==