Vincenzo Vacirca - L'ultimo martire della libertà

- 28 - !ora nessuna potenza di maleficio, nessuna tracotanza di dittatura avrebbero potuto resistere a lungo. Occorreva sopratutto scuotere gli italiani dal torpore vile,' dallo scetticismo rassegnalo infondendo loro fede nella purezza dei nemici della diltalura, degli assertori e dei difensori della libertà. Diceva a Raffaele Rossetti, un v:1loroso, sua degna anima fraterna: « Gli italiani sono stati troppo volte ingannati dai capi nei quali essi avevano posta la propria fiducia; oni essi sono disposti a credere soltanto a chi mostra loro il proprio sangue ». C'è in queste parole un senso profetico che accora. Questa della necessità del sacrificio era una sua preoccupazione dominante. Come nell'aprile scorso, parlando al Congresso dei socialisti del Belgio fieramente diceva: - « Noi non chiediamo nulla ai compagni esteri. La nostra libnlà dobbiamo conquistarcela da noi. Chi non sa !ollare per la libertà non ne è degno.» - Cosl, in uno degli ullimi suoi scrilli, • L'ora dei giovani• dedicalo alla gioventù socialista, ribadiva tale concetto. Di quell'articolo voglio leggervi un brano in cui è riassunto il suo credo politico e il suo credo morale. ·«Si,' noi dobbiamo riconoscere e ripetere: alle mao• gioranze liberamente espresse, il dirilto di governare, di dettare leggi e di difendersi dalle minoranze faziose che tentassero sopraffarle. Stolta è la lusinga di redimere il B1b11otecaGino Bnnco

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