Vincenzo Vacirca - L'ultimo martire della libertà

- 27 - sul cuore di Roma, in Piazza Colonna, sollo le finestre del Palazzo Ghigi, ove ha residenza Mussolini, insieme a due giovani socialisti, munito d'un secchiello di colla e d'una scala e d'un fascio di manifesti elettorali, mettersi a fare l'attacchino. Naturalme11te, i fascisti accorsi strapparono subito i manifesti appena attaccati, ed egli ad atlacarne degli altri,, è quelli a strapparli ancora, finchè stufi dell'operazione portarono via colla e mani- .fosti che il deputato socialista difendè come polè. Molla gente s'era radunata a commentare, sottovoce, il fallo. I giornali ne parlarono. Matteotti sorrideva soddisfallo. l,o scopo era raggiunto: dare un'allra prova tangibile della violenza fascista e dell'atmosfera d'illegalità in cui le elezioni s'erano svolte. Egli credeva che il fascismo sarebbe crollato sotto il peso dei suoi crimini e della sua cancrenosa corruzione. E' il destino delle dittature. Ma per affrettare l'evento, pensava, occorrevano uomini coraggiosi ed attivi, che ne denunziassero le azioni abbiette, che convogliassero ed organizzassero il malcontento tacito a rischio anche della vita. Credeva nella virtù fecondatrice del sacrifizio. Si ribellava alla fatalilà, il comodo rifugio dei poltroni. Credeva nella potenza della volontà, come nella potenza della verità e del bene. Ma queste tre forze della natura gli sembravano destinale alla sterilità se separate tra di loro. Occorreva fonderle e legarle. Occorreva mettere la volontà umana a servizio della verità e del bene; e al• Biblioteca Gino B,anco

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