Massimo d'Azeglio - Ai suoi elettori

42 quanto Cosse oramai spogliata d'ogni privilegio, era pur sempre una cosa strana, non adattata ai tempi, uua cosa incomoda, nn vecchiume. Ilo d~tto e scrilto che molti fra' nobili, forse anche senza volerlo o avvedersene, mostravano nel fare, nel di scorrere, nel tutt' insi (~ me un non so che da farsi aver in tasca dal prossimo. Ilo lavorato per r1nanto pofevnno le mie fo1·ze, · c, bisogna esser giusti, hnnno lavorato con me altri dell 'nristocrazia, onde si venis~e a quelle tol'me <.li governo che tolgono ogni privih1 gio, scio1gono le gerarchie, le corti, e tolgono di potersi nnoml)ÌCat·e su pc' rami dflgli alberi gcnoalogici, onùc coglier le fa·utta migliori, mcnln~ gli altri slunno coll'acqua alta bocca ed a stomaco vuoto. Tutlo ciò è stalo fatto, s'è nlla metn; il randello è pa~!ilato. sn tntli i capi, e ciii lo portava più alto degli altri ha dovuto fnr ln riverenza, J'arisl.ocrnzia è caduta, è in terra, e sto per dire mo1·ta e sotterra t a. Ot·a poi mi pare basti; mi pa•·e che si possa far pace, vivere e lasciar viven\ c ricordarsi che in Italia ci sono queslioni più importnnti di quelle dei conti e delle contesse, ed altt·e colpe più gravi di quella d'esser nato di loro. Se nell'allro mondo - non pnrlo di quello avvenire, al quale siamo tutti avviati, ma del

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==