JI6 co11do che in quella persona prevale l'una o l'altra di qudle, essa agisce in un modo od in un altro. Ora diciamo subito, che l'equilibrio fra capitale e lavoro (che invero è malagevole determinare· precisamente in che consista, e che può assumere forme diverse) è assai difficile ad ottenersi; e, ottenuto che sia, esso è, per natura sua, a1ssai instabile, cosicchè facilmente lo si perde. Aggiungiamo che gli spostamenti che avvengono in questo equilibrio, specialmente quauclo l'asrnciazione si sviluppa, sono nella maggior parte dei casi dati dalla prevalenza del capitale; e che così pure da principio la mancanza d'equilibrio è prodotta per lo più dalla medesima causa. Si uniscano queste osservazioni a quelle fatte più addietro intorno alle forze di lavoro cd ai ·alariati nelle associazioni, cd al caso che spesso ne determina, e alle ahitudini e agli interessi che ne mantengono, le forme imperfette assunte da principio; e si avranno così tutte le cause che rendono assai difficile il dare ed il mantenere il carattere cooperativo alle soci,età di procl nzione. Ma circa questa questione dell'equilibrio fra capitale e lavoro occorre intenderci meglio: facciamo un caso in cui tale equilibrio sussista, e vediamo che cosa possa avvenire. Su]Jponiamo una associazione in cui tutti i soci posseggano una quota di capitale presso a poco eguale; in cui lavoriuo i soci soltanto; e la capacità, l'attività, la previdenza di ciascuno si equivalgono ad un dipresso fra di loro. In tal caso vi sarà veramente equilibrio fra gli elementi che assumono l'impresa, nè ci sarà alcnn ostacolo a che al capitale ed al lavoro sia attribuita la parte che loro spetta. Ed anche se fra i soci vi sia qualcuno che non lavori, ma che contribuisca semplicemente col capitale, pnrchè ciò resti entro certe proporzioni, nè questi possa assumere la prevalenza, le cose non cambieranno. Anzi la presenza di qualche capitalista, ccl anche, fino ;:i,cl un certo punto, una leggi,erissima prevalenza del
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