William Morris ed i suoi ideali sociali

mento di vita, non come una ragione della vita, dominante perciò sulle vite umane. Basterebbero subito meno J.eggi, e più chiare e semplici, conctrnenti sopra1,utto la protezione dell'individuo. In quanto alla proprietà, perdendo essa la sua qualità di feticcio, se ne considererebbe soltanto l'uso; si direbbe, per es·empio: Dobbiamo noi ( il pubblico) sfruttare quella miniera o chiuderla? E' necessario per noi coltivare tutto questo parco a grano, oppure possiamo lasciarlo come luogo di ricreazio.ne? Sarà bene migliorare queste macchine da fare scarpe, o possiamo tirare innanzi lasciandole come sono? Sarà necessari-o fare appe.Jlo agli specialisti volontari per la bonifica di quella palude, o basterà la legge di compenso ·ad indurli a coltivarla? E così via .... « E, per tornare al futuro governo, esso dovrebbe essere dedito a-11'-amministrazione delle cose piuttosto che al gov·erno di persone. Le nazioni, come enti politici, non avrebbero più ragione d'esistere. Civiltà starel:;be a dire federazione di varie comunità grandi o pic·cole, regolate ciascuna localmente dalla propria società, e tutte facenti capo ad una specie di ente centrale incaricato sopratutto e quasi esclusivamente di tutelare i principi del viver sociale .... Le varie federazioni potrebbero formarsi o dissolversi, qualora le condizioni del luogo, del clima, della lingua, !o esigessero; ma sempre pacificamente, di comune accordo. Naturalmente, i rapporti fra i Comuni della federazionc andrebbero trattati per delegazione; ma i delegati non dovrebbero rappresentare nulla di più delle persone o della faccenda per la quale son delegati; per esempio: - Siamo una comunità dedita sopratutto alla fabbricazione deHe scarpe, e voi siete sopratutto tessitori. Procluciamo noi troppe scarpe? Converrebbe meglio che per un mese o due taluno di noi si desse al giardinaggio, oppure possiamo continuare a produrre? - E cosi via. Per me la questione essenziale, in un simile ordi-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==