lario, che viene prelevato. E il tasso del profitto varia in senso inverso di quello dei salari. Nella dottrina che vi ho esposto, noi abbiamo supposto, al contrario, che l'imprenditore avesse acquistato la mano d'opera al suo vero prezzo ( salvo eccezioni assai frequenti, Io riconosco) (r), ma che rivendendola abbia aumentato il prezzo. Il profitto è il ricavato in più e per conseguenza è sul consumatore che è prelevato. Risulta da ciò che, in caso di abolizione del profitto, è il consumatore, più che l'operaio che è chiamato a goderne i benefici. Ed ecco perchè noi siamo cooperatisti e non collettivisti. E' perchè il consumatore a noi sembra essere, più ancora del salariato, vittima dell'organizzazione economica ed è perchè noi riteniamo che da lui debba cocominciare l'emancipazione socia!~. Ma bisogna aggiungere che la più grande parte dei co11sumatori essendo precisamente costituita cli operai salariati ed il tributo prelevato sul consumatore non potendo essere da lui pagato che sul prodotto del suo lavoro le due spiegazioni non sono così divergenti in fatti quanto sembra a prima vista. Cionullameno, teoi-i-camente, esse sono opposte ed è utile di distinguerle. § 2. - Perchè il profitto è destinato a sparire. Il desiderio del profitto è oggi il principale 1notore non solo di tutta la nostra atti•vità economica, ma ben anco di tutta la nostra vita sociale; per conseguenza è permesso di credere che la soppressione di un tale motore cambierebbe completamente le condizioni della nostra vita e gli stessi caratteri della nostra civiltà. (r) Si deve pure rimarcare che in molti casi, per esempio nelle industrie a swtJatù1g system (a salari di f;:1111::è:),eia parte del consumatore che l'operaio è sfruttato. Ciò avviene pe1chè il monopolio del fabbricante cambia cli faccia e si rivolge contro l'operaio.
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