abbiamo sempre affermato che se essi non si organizzano fortmente e non adottano un'attitudine risoluta - giungendo, quando occorresse, fino al rifiuto collettivo di tutto il lavoro, qualunque sia il rischio e le sofferenze che lo sciopero implica p,er essi e per le loro famiglie - non solo i lavoratori farebbero davanti al mondo una meschina figura, ma essi1vedrebbero inoltre immancabilmente, sotto la pressione· economica della collettività, abbassarsi il livello della loro vita. E questa è appunto•, oggi, Fopinione di 1chiarata di tutti gli economisti inglesi. Inoltre no,i non abbiamo mai cessato di ripetere, con e-rande orrore d1 ei marxisti orto,<lossi, che continuerà ad essere così, anche quando tutti i mezzi di produzione fossero nazionalizzati o municipalizzati. Noi abbiamo dovuto sostenere più d'una battaglia per persuadere i socialisti cli Stato più entus.iasti che i sindacati sararn,o nccess·an anche sotto il regime social-ista, e che anzi, essi vi ragg,iungeranno un grado di sviluppo più elevato che mai. Noi abbriamo contemporaneamente messo in rilievo l'enorme influenza educati va che esePcita nello ste ·so tempo sul carattere e sulla abilità tecnica dell'individrno una associazione libera come il sindacato, manifestazione cli uno degli aspetti più essenziali della personalità umana, la facoltà produttrice. E' appu,nto perchè noi crediamo che l'azione diretta dei lavorato-ri organizzati sia per essi un vitale inter,esse e per,chè vi vediamo un elemento durevole e necessario anche in uno stato ideale, che noi abbiamo speso sette anni a cercare come l'organizzazio,ne sindacale d'oggi ancora tanto imperfetta, possa venire migliorata e quale sarebl.ie il metodo che le permetterebbe di adempiere col ma,ggior profitto la sua funzione sociale p,ermanente. Noi avevamo una convinzione così profornda dell'importanza fondamentale della « azione diretta>> esercitata da,J!'o-rganizzazione operaia, da intitolare lo studio• che le consacrammo: << La democrazia industriale».
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