Pietro Nenni - L'assassinio di Matteotti ed il processo al regime

- 17 - zione coi socialisti unitari, o almeno con la Confed-erazione, clile ha, a varie riprese, tentato il duce. Dalla tribuna della Camera, Matteotti aveva attaccato il rassismo con una fierezza insuperabile. L'ultimo discorso pronunciato dopo l'inaugurazione della XXVII legislatura, e per opporsi alla convalida in blocco della maggioranza di Cesare Rossi, era stato un vero atto d'accusa. Il d-eputato socialista aveva difes·o con grande calore la libera sovranità del popolo contro il governo della forza. Un altro discorso che la « ceka » fascista non gli I perdonava, egli lo aveva pronunciato a Bruxelles, dove si era recato valicando la fronti-era a piedi. Il giorno successivo a quello in cui fu assassinato, egli avrebbe dovuto parlare alla Camera sull'esercizio· provvisorio e senza fare dello « scandalismo:) personalistico, si riprometteva di dimostrare il bluff delle previsioni di De Stefani e di richiamare l'attenzione del paese sulle troppo rapide fortune maturate all'ombra di Palazzo Chigi e del Viminale, con fenomeni di corruzione identici a quelli che caratterizzarono il secondo impero in Francia. Ce n'era, più che abbastanza perchè i fascisti si ritenessero in diritto di sopprimere questo avversario, il quale non si rassegnava a prendere atto det fatto compiuto. L'istruttoria non ha ancora chiarito esattamente i moventi del delitto e forse non li chiarirà, troppa gente essendo oggi interessata a tacere; ma la conoscienza del fascismo e della mentali tà dei suoi capi è elemento più che sufficiente ad intendere come è potuta .sorgere, e come si è rapidamente concretizzata l'idea· del delitto. Sono anni che il fascismo è abituato ad agire fuori della legge, fuori della morale, fuori della umanità, onde ciò che in questo delitto appare enorme, giudicato in rapporto alla delinquenza comune, è spiegabilissimo, naturalissimo se si tiene ·mente al fatto che il delitto fu organizzato al ministero degli interni, per mandato di uomini eh-e, come Rossi, Marinelli~ Filippelli, si sentivano protetti dalla loro posizione gerarchica nel fascismo e nello Stato, e per mano di delinquenti, Dumini, Volpi, Viola, ecc., eh-e avendo una infinità di delitti sulla coscienza, la facevano da padroni e non avevano che un nome da BibliotecaGino Bianco

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