veniva subito ripristinato da Mussolini - con tutti gli onori - nell'ufficio di "Ispettore Generale" del P. N. F. e, come tale, il l.o giugno 1926 veniva ufficialmente ricevuto dal re insieme a tutto il direttorio fascista.* Si delineava in pieno la beffa della giustizia, ma la sua preparazione, già prima della sua messa in atto, aveva agito sull'ambiente. L'amnistia aveva disorientato il gran pubblico. Il Vaticano (a quel momento ancora ... totalitariamente fascistofilo) aveva agito sul partito "popolare" (cattolici) lentamente distaccandolo dall'Aventino. Giovanni Amendola, sempre più gravemente ammalato non poteva più esercitare la sua funzione di elemento coesivo della opposizione aventiniana; e così questa si era ridotta a continuare l'opera propria solo nei giornali e nelle riunioni dei partiti di sinistra; onde l'Aventino non fu più in grado di rilevare, collettivamente, la flagrante denegazione di giustizia consacrata dalla chiusura dell'istruttoria giudiziaria. Si aggiunga infine che la polizia fascista aveva preparato il suo gran colpo. Il capitano Quaglia dei carabinieri aveva profittato del dinamismo dell'ex deputato socialista Zaniboni per sfruttare il suo eroismo, già messo a prova durante la guerra, ed indurlo ad essere l'esecutore di un attentato contro Mussolini ... naturalmente fermato a tempo il 28 ottobre al mattino. E così Zaniboni si trasformò per il gran pubblico in sicario socialista, ed il partito socialista "matteottiano" fu senz'altro disciolto, e per varie settimane tutta la stampa-aventiniana fu soppressa. Tale soppressione cessò un po' alla volta. Il partito social-democratico si ricostituì subito mutando nome. Ma nel frattempo il compito "matteottiniano" che era stato quello dell'Aventino restò affidato tutto e soltanto ai compagni del Martire e alla parte civile. Lo intese questa e si preparava ad assolverlo; ma la magistratura vigilava! Si finse cioè di credere che il dibattimento - pur castrato ed imbavagliato - avrebbe provocato "gravi disordini" se celebrato a Roma (come di dovere) e la Sezione di Accusa rimandò tale dibattimento alla lontana solitaria Corte di Assise di Chieti; in una regione d'Italia da tempo conquistata dai fascisti. Era troppo. La vedova di Matteotti, di sua iniziativa, con una lettera di suo pugno, scrissli al presidente della Corte di Assise di Chieti, che si ritirava dal dibattito diventato ormai una beffa sinistra dopo che era st:ito ridotto al contradditorio coi soli cinque criminali di professione. Ma per legge, la lettera della vedova Matteotti non poteva liberarla dall'obbligo di presentarsi in giudizio. Bisognava notificare la desistenza agli accusati ed al Procuratore Generale, depositando l'atto alla cancelleria della Corte di Chieti. Cosicchè apparve chiaro il dovere di profittare di tale atto - di solito puramente rituale - per dire tutto * Più tardi, 1929, Marinelli sarà eletto deputato della Camera dei fasci e delle corporazioni sulla lista governativa, (la sola, allora, autorizzata per legge) e ritroverà sui banchi degli "onorevoli" - eletti a quel modo! - il degnissimo estensore delle sentenze della Sezione di Accusa! Sintesi del regime! 27 BibliotecaGino Bianco
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