"2.o che l'ordine di sopprimerlo era venuto dalla Ceka del P. N. F. i cui esecutori materiali erano Dumini ed altri noti - anche per questa specifica ultima funzione - allo stesso Mussolini; "3.o che avevano parlato con Mussolini ed avevano ricevuto ( ?) carte e passaporto dell'On. Matteotti a prova della sua sparizione; "4.o che bisognava aver calma perchè tutto sarebbe andato a posto. Mi supplicò di evitare che la macchina tragica, da me fornita con la solita generosa buona fede, venisse scoperta. Questione di stato. Il regime corre pericolo, mi si ripeteva. "Mussolini rischia il potere e la testa. "Cosa dovevo fare? "Ogni mia parola o gesto poteva compromettere Mussolini. Dico, lui, Mussolini, personalmente; e momentaneamente tacqui. Anche perchè Marinelli e Rossi mi narrarono, mercoledì e giovedì, di colloqui drammatici col Duce. "Ciononostante andai la notte di giovedì da Finzi (in casa dove fui ricevuto cortesemente dalla signora e dalla suocera), a dire che non potevo più vivere sotto questo incubo, che pretendevo di essere messo a posto, sopratutto moralmente. Mi si dettero assicurazioni. "Le stesse assicurazioni mercoledì, giovedì e venerdì, mi dette De Bono il quale fra le altre cose mi consigliò: "1.o di pubblicare la lettera di Dumini; "2.o mi disse che aveva provveduto a far scomparire le tracce del suo arresto. "Dumini è rimasto a Roma fino a giovedì sera. "Mercoledì lo vidi per caso verso le 22 in Galleria Colonna e mi disse che, d'accordo con MarineJJi e Rossi s'"arebbeandato l'indomani a ritirare la macchina dalla casa del Comm. Quilici che tutto ignorava. Viceversa, giovedì verso le 13, il Dumini venne da me al giornale dicendomi -- sempre a nome di Marinelli e Rossi, e, per essi, del regime, - che non si arrischiava a ritirare la macchina. Allora, io, vinto dalla generosità ancora una volta, temendo gravi conseguenze per Mussolini, ordinai al mio chauffeur di ritirarla. "Dopo il resto è :rmto ... " Questo documento finì nelle mani del giornalista Filippo Naldi, che forse aveva avuto una certa parte nell'indurre il Filippelli a redigerlo e che certo lo conserverà presso di sè. Nulla di più probante di questo che, in gergo curialesco può definirsi "chiamata di correo'' tanto più insistentemente precisa di quella contenuta nel "memoriale" Rossi: là dove si evita di accennare a quanto potrebbe dare la prova della corresponsabilità di Cesare Rossi nell'assassinio del 10 giugno. Senonchè, ambedue questi documenti non giunsero a conoscenza della difesa della parte civile Matteotti che alla fine di novembre o al principio di dicembre e, soltanto allora uno dei suoi 15 Biblioteca Gino Bianco
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