Balza, Torresani, Zaiotti, e durò un anno e mezzo, sotto una ridda di interrogatori, inquisizioni, inganni, torture morali. Il 21 aprile del 1835 sette congiurati della « Giovine Italia • ebbero la sentenza: al Rosa toccarono tre anni di carcere duro allo Spielberg. Qui, con i ferri ai piedi, nella ruvida divisa -:arceraria, il Rosa fu addetto al lavoro forzato: un paio di grosse calza di lana per settimana con aghi di legno. Ebbe una cella vicina a quella di Federico Confalonieri, e il giovane popolano congiurato della « Giovine Italia • poté in lunghe conversazioni informare il vecchio aristocratico cospiratore del tempo carbonaro sull'evoluzione delle cose italiane, stabilendo un contatto ideale tra due fasi della storia italiana. La vita dello Spielberg era quella che il Pellico descrisse nelle Mie prigioni: le stesse angherie (per ordine imperiale fu al Rosa proibito di allevare un passero infilatosi nella cella), le stesse astuzie dei reclusi (il Rosa riuscì a fabbricarsi un coltello, una pipa, a ricucirsi i vestiti per non spiacere alla cuoca furtivamente intravista), pochissimi libri di lettura, e solo scientifici (la Divina Commedia fu perciò proibita). Rosa studiò da solo greco, tedesco e francese. Allo scadere della pena il Rosa fu condotto ad Iseo, e posto sotto sorveglianza speciale: tutti i carcerati avevano fatto voto di non parlare della loro reclusione per non compromettere i rimasti. Donde la meraviglia, espressa dal Rosa nell'Autobiografia, per la pubblicazione delle Mie prigioni del Pellico, e il curioso giudizio sull'opera: • Come i Promessi Sposi, è il libro della rassegnazione: commosse i cuori sensibili d'una grande moltitudine in tutta Europa, ma non suscitò un cospiratore, un martire per la libertà nazionale ». Altrettanto acuto il giudizio sull'uomo: « Pellico, ch'io vidi dopo con sottile !ilo di vita fisica, nulla sperava di prossimo per questa patria, ma s'occupava di più di quella celeste •
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