La Vita Una lettera di Matteotti a Togliatti L'ora dei giovani L'ultimo viaggio di Matteotti ali' estero Biblioteca Gino Bianco Documenti su Giacomo Matteotti, raccolti a cura della Federazione Giovanile Socialdemocratica di Rovigo.
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GIACOMOMATTEOTTInacque a Fratta Polesine il 22 Maggio 1885. Erano gli ;mni ·in cui le idee socialiste si propagavano rapidamente tra i contadini della Pianura Padana. Dopo lo sciopero del 1881 dei lavoratori delle risaie di Moglia di Gonzaga, nel Mantovano, nel 1884 fra i contadini del Polesine, mal nutriti, ammalati di pellagra, con salari di fame si estendeva il fermento. « La Boje » era il loro grido di battaglia, l'angoscioso grido di ribellione che fu come « segnacolo in vessillo che alimentò per decenni successivi la febbre dell'organizzazione proletaria e socialista, e nella quale, Giacomo Matteotti, giovinetto, eppoi studente e laureato, trovò dapprima lo specchio per la imitazione, e quindi il campo dell'azione diretta da Lui svolta sino alla Sua scomparsa ». Studiò al Liceo « Celio » di Rovigo dove si fece notare per diligenza, serietà e (>rofondità, frequentando nel contempo assiduamente la biblioteca dei « Concordi » <love attendeva a studi storici e letterari. Si laureò in giurisprudenza a Bologna, ma Suo primo maestro di vita fu il fratello Matteo, severo studioso di problemi sociali, di Lui più anziano e morto a soli 31 anni, quando aveva già scritto vari saggi, fra cui, note.vole « L'assicurazione contro la disoccupazione» (1901). Abbiamo voluto ricordare in quale ambiente e con quale severità Giacomo Matteotti preparò quella che sarebbe stata la Sua attività sociale e politica, per dimostrare che nulla in Lui vi fu di improvvisato e di superficiale. Una competenza particolare si venne formando anche come amministratore di Enti locali. Sindaco a Villamarzana, consigliere comunale e assessore a Fratta Polesine, Rovigo, Lendinara, Badia Polesine, S. Bellino, ecc. Al congresso dei Comuni socialisti, tenutosi a Bologna nel 1916, partecipò alle discussioni (figuravano .fra i relatori Zanardi Sindaco di Bologna, Caldara Sindaco di Milano) con tanta competenza che fu nominato Segretario al Comitato Direttivo della lega dei comuni socialisti. « Ma - scrive di Lui Alessandro Schiavi - più ampia e più profonda per la Sua opera nell'ordinamento agricolo che è preminente nel Suo Polesine, promuovendo la revisione generale dei vigenti rapporti di lavoro in agricoltura, per unificarli in un unico contratto collettivo, rapporti che, nel 1919, erano ancora regolati da ben 70 patti di lavoro in 63 Comuni della Provincia di Rovigo». Egli, fra l'altro, pose due problemi: l'imp_onibile di mano d'opera (un lavoratore ogni 5-6 ettari di terreno catastale) e, il collocamento della mano d'opera. La lotta fu durissima, ma il successo arrise alla Sua tenacia ed al sacrificio dei lavoratori polesani. Il 16 giugno 1926 a Roma veniva stipulato il patto agricolo per l'anno 1920-21. · Ma la Sua opera non si fermò qui - Egli fu uri severo critico di costume nel Suo stesso Partito. Ricorda Piero Gobetti: « Eretico e oppositore nel Partito Socialista, poi tra gli unitari una specie di guardiano della rettitudine politica e della resistenza dei caratteri: sempre alle funzioni più ingrate e alle battaglie più compromesse. Combattè tutta la vita il confusionismo dei blocchi, la massoneria, l'affarismo dei Partiti popolari. - 3 - BibliotecaGinoBianco
Era implacabile critico dei dirigenti e si ricorda che, giovanissimo, in una riunione socialista, un nume del socialismo locale aveva dovuto interromperlo: « Tasi ti che ti gà le braghe curte! ». Quando scoppiò la guerra Matteotti, contrario ad essa « per ragioni di principio e per istintiva ripugnanza alla violenza fisica » pronunciò un discorso pacifista al Consiglio Provinciale di Rovigo che gli valse un processo e una condanna. La· sentenza venne poi annullata dalla Cassazione. Nel 1919 venne eletto Deputato per il collegio di Ferrara-Rovigo, nel 1921 per il Collegio di Padova-Rovigo, nel 1924-in due circoscrizioni: Veneto e Lazio. · Ma diamo aricora una volta la parola ad un testimone. « Chi riesce a richiamarsi esattamente alla memoria la figura di Matteotti - scriveva Oddinq Morgari nel 1930 - nonostante il tempo trascorso, lo vede così: piuttosto esile, snello, slanciato, molto distinto; gli occhi grigi bene aperti, la fronte piccola ed energica; il volto giovane, sempre rasato all'inglese, per lo più sorridente, altre volte distratto; il passo svelto ed' elastico che lo faceva superare di volo i corridoi e le scale... ». « Era - cor{tinuava Morgari - un analizzatore e un documentatore: specie rara in Italia, ed a chi ci segue attentamente, in queste righe apparirà che Egli è morto per questo... ». · Mai osservazione fu più profonda e più giusta. Egli infatti proprio per la documentata. requi'sitoria nei· confronti della violenza fascista, proprio per la precisiohé e 'la inequivocabilità delle Sue accuse, fu soppresso dalla canaglia fascista. Del nefando delitto non vogliamo qui parlare, vogliamo, ancora una volta dare la' parola ad un testimone, all'uomo che sopra ogni altro seppe esprimere l'angoscioso sentimento di tutti, al socialista democratico che gli era stato maestro e padre:- Filippo Turati. Ea salma dèll'Eroe viene trasportata per l'inumazione al Sua Paese natio, a Fratta Polesine, in un vagone ferroviario. « Quando nella scialba mattina - ricorda Turati - dentro il borgo che era tutto silente come un campdsanto, il feretro fu portato a braccia di compagni dalla staziohe alla casa, il salotto a terreno era già convertito in Cappella ardente. Poco dopo, annunciata da un ansioso mormorio degli astanti, scendeva, barcollando, la Signora Isabella, la madre. La vedemmo lanciarsi sul feretro come indemoniata, nell'atto di una lupa cui si fossero uccisi i lupetti, e stringendolo convulsa come se non volesse abbandonarlo mai più, la udimmo errompere in un fragore di ululati e di imprecazioni che l'animo non mi regge di ripeterle tutte. « I me l'à coppà sti assassini! sti assassini! i zè lori, i zè lori. El me Giacomo i me l'à assassinà ». E urlava i nomi e i cognomi degli assassini, incurante di sè, nella sacra i"tangibile immunità che era di Lei sola. La dovemmo afferrare e trascinare a forza nel giardino, donde le ultime grida, dal petto esausto, dileguarono nella campagna. E in quel momento mi parve che quella larva di umanità, quella superstite ai suoi nati e a se stessa, quella morta che si torceva, quella sepolta viva in se medesima, raffigurasse, inconsapevole, l'Italia ugualmente assassinata. Guglielmo Shakespeare non scrisse mai nulla di più terribile, di pit1 grande ed orrendo ». - 4 - BibliotecaGino Bianco
" ... la responsabilità che è vostra. di aver diviso e indebolito il proletariato ..... (Una lettera di Matteotti a P. Togliatti) Biblioteca Gino Bianco
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A P. Togliatti, per il Partito Comunista d'Italia Ho ricevuto oggi la vostra lettera 24 corr. con allegata copia della deliberazione del vostro Comitato centrale già comunicata alla stampa. Voi ci proponete, in sostanza, un blocco elettorale, ma con tre con- . dizioni o pregiudiziali. Con la prima, e « al di sopra di tutte », voi intendete che l'unione delle forze operaie accetti il programma d'azione e l'indirizzo tattico comunista, che bene sapete antitetico al nostro, come dimostrano le continue polemiche, spesso offensive, contro di noi. Con la seconda voi innanzitutto approvate di partecipare alla lotta elettorale « in qualunque condizione »; e quindi venite a rendere senz'altro impo~sibile quell'astensione del blocco, che più immediatamente ed efficacemente esprimerebbe la protesta di tutto il proletariato contro il regime di dittatura fascista. · Con la terza voi escludete a priori, com'è detto sempre testualmente nel vostro comunicato, « qualsiasi blocco di opposizione al fascismo e alla dittatura da esso instaurata, che si proponga come scopo una restaurazione pura e semplice delle libertà statutarie », magari anche con l'appoggio di elementi non appartenenti ai tre partiti di classe. Il porre tali condizioni pregiudiziali ad una intesa - che, secondo noi, invece dovrebbe mirare, avanti tutto e in ogni modo, alla riconquista delle libertà politiche elementari, e a trarre il proletariato dall'attuale tragica situazione - significa non solo rendere assolutamente impossibile l'intesa, ma anche vana ogni discussione. Se tale era il Vostro scopo l'avete indubbiamente raggiunto. Ma non vi sarà permessa la solita co~oda manovra, per scaricare su di noi la responsabilità che è vostra, di aver diviso e indebolito il proletariato italianò nei momenti di più grave oppressione e pericolo. Quando ricordate che lo vostra precipitosa sconfessione di una nostra possibile astensione di protesta dalle elezioni è venuta a coincidere con le critiche e le ingiurie della stampa e degli organi fascisti, non vi meraviglierete neppure del tono preciso di questa nostra risposta. Saluti. Il Segretario: G. MATTEOTTI Roma, 25 gennaio 1924 - 7 - BibliotecaGinoBianco
~ O" o· ,... CD () O) G) :::i o CJJ O) :::i () o L'automobile "Lancia " con la quale fu rapito Matteotti, nel pomeriggio del 1O Giugno 1924
BibliotecaGino Bianco • • Nel terzo numero di « Libertà», il quindicinale della Gioventù Socialista, che 11scivaa Milano nel 1924, Matteotti pubblicò i! seguente articolo:
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Un solo consiglio va oggi dato ai giovani. Quello di essere giovani di non essere abili - di non diventare precocemente vecchi e prudenti! C'è già tanta gente prudentissima intorno, .quando la prepotenza trionfa, che non v'è proprio bisogno di predicare la prudenza. Ci sono sempre tante schiene ricurve sotto il dominatore, che non v'è proprio bisogno di insegnare la pieghevolezza. Ah sì, è vero: quando i lavoratori tornarono dalla trincea memori dei tormenti e delle promesse, ·e per le strade invidiarono i nuovi arricchiti, urlarono troppo, minacciarono troppo, esagerarono; fu necessaria la predica della misura, della moderazione, della calma. Ma la predica che continuava e persuadeva, mentre la reazione avversaria si scatenava accusando di viltà chi repugnava dalla guerra civile: la predica che continua dopo che la lezione dei fatti e l'espiazione troppo a lungo e duramente si sono infitte nella povera carne tormentata; quella predica non ha più ragione di insistere. Assomiglia troppo a quell'altra forma di viltà, ch'è in uso oggi presso i rivoluzionarissimi, secondo la quale il Governo attuale è uguale a tutti gli altri governi borghesi ... Sì, noi dobbiamo riconoscere e ripetere: alle maggioranze liberamente espresse, il diritto di governare, di dettare leggi e di difendersi dalle minoranze faziose che tentassero sopraffarle. Stolta è· la lusinga di redimere il proletariato con la conquista violenta e con la dittatura dei pochi che presumono averne la investitura. Ma, appunto in correlazione a tale riconoscimento, che per noi è fondamento di vita civile, un'altra cosa oggi importa: il diritto delle minoranze all'esistenza e alla propaganda civile. Lo disconoscono i prepotenti armati di moschetto e digiuni di conoscenza e di civiltà, che oggi comandano. Non osano più rivendicarlo gli oppressi, che temono per sè, per le loro famiglie, per il loro salario, per la loro tranquillità. Tocca ai giovani rivendicarlo, con energia, con dignità, con fierezza, con sacrificio, con pericolo! Sacrificio inutile - diranno i prudenti - perchè i dominatori hanno tutti gli strumenti della forza e gli oppressi sono inermi. Sacrificio utile - diciamo noi - perchè tutte le grandi cause della civiltà hanno dovuto avere prima le loro vittime, i loro martiri, gli inutili eroi, - 11 - BibliotecaGinoBianco
che hanno aperto gli occhi e la strada agli altri. Conviene girare « abilmente » la posizione - dicono ancora i prudenti - non prendere di fronte l'avversario formidabilmente armato, ma cercare di avvicinarlo, di rabbonirlo, magari di conquistarselo. No, no, i giovani no, non saranno mai « alibi »! Essi sentono tutto lo schifo e l'obbrobrio di una situazione come quella italiana; nella quale tra i capi del pentolone fascista la lotta è scatenata ... per conquistarsi l'anima di Mussolini; nella quale tra i capi delle democrazie, del liberalismo, e del clericalismo, la lotta divampa ... per essere benevolmente considerati come amici del fascismo. No, no, i giovani una cosa sola sentono oggi: che il respiro è stretto alla gola, perchè non v'è più libertà, che non la scienza o la competenza domina, ma la brutalità del bastone. E i giovani odiano la prepotenza. Essi non tollerano che l'Italia debba essere sempre governata dal bastone: sia esso quello di Radetzky, sia esso quello di Mussolini. Essi sono convinti che anche il loro paese è, un paese civile, e può essere governato· come gli altri paesi civili. Essi non sopportano codeste stigmate di inferiorità nazionale. E tanto meno sopportano che in una nazione moderna vi siano ancora due classi diverse di cittadini: i dominatori fascisti, con tutti i diritti, compreso quello dell'impunità per assassinio e gli iloti che non possono nè muoversi, nè dire, nè pensare. Anche se materialmente essi subiscono tale stato di cose la loro mente, il loro sentimento vi si ribellano. Anche se la violenza cessa dall'essere atto, essi sentono che è in continuo stato di potenza, e domina, con la paura e col terrore. E per i primi, in prima lirica, appena possono, come possono, vogliono rivendicare il diritto di vita, di pensiero, di parola, di cittadinanza. Vogliono essi, che sotto ogni altro riguardo sono disposti ad apprendere dagli altri, vogliono essi in questa materia dare a tutti l'esempio della dignità umana che invincibilmente risorge e chiama intorno a sè tutti gli oppressi dal privilegio politico e dal privilegio economico. GIACOMO MATTEOTTI - 12 - BibliotecaGinoBianco
BibliotecaGinoBianco L' ulti1110 viaggio di Matteotti all'estero Il 18 di aprile 1924, il giornale socialista belga « Le Peuple » annunciava col titolo « Sotto lo stivale fascista »: « Mussolini ha impedito al delegato italiano di venire al Congresso del Partito Operaio Belga, in Bruxelles. Il passaporto gli è stato negato ». Il nome di Matteotti è nascosto o sfigurato: Matedi, Mattode o niente. Poscia si seppe che era arrivato clandestinamente. Infatti, la domenica 20 aprile, nella seduta del pomeriggio, Matteotti pronunciava davanti ai congressisti entusiasti il suo ultimo discorso all'estero, del quale qui di seguito riproduciamo il testo.
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All'acclamazione generale non appena si presenta alla tribuna, Matteotti risponde: « La vostra ovazione sarà sentita profondamente dai lavoratori italiani. « L'anima dei lavoratori - egli dice - rimane con noi, come hanno dimostrato anche le ultime elezioni. Dove è stata lasciata una relativa libertà di votare, il ·proletariato ha dichiarato che è con noi. Ma se l'anima è con noi, i corpi sono interamente soggetti alla violenza della fazione dominante. Con l'associazione delle forze illegali armate e dello Stato asservito al partito fascista si è resa ogni manifestazione di indipendenza impossibile. « Ma per riconquistare la nostra libertà noi non domandiamo alcun aiuto all'estero. Chi non sa riconquistare la sua libertà da solo non ne è degno. (Applausi). . « Oggi ho sentito dire che l'origine del fascismo consisteva negli eccessi del dopoguerra e si è parlato di occupazione delle fabbriche. Gli eccessi sono stati più nell'esagerazione delle parole che nei fatti. L'occupazione delle fabbriche non era, nell'intenzione dei dirigenti, che un mezzo per rendere impossibile la serrata, e per continuare il lavoro durante la discussione coi padroni. Peraltro, il primo tentativo di occupazione di fabbriche è stato fatto non dai comunisti, non dai socialisti, ma dai compagni di Mussolini. « Spesso gli estremisti hanno minacciato. Essi hanno esagerato e le loro minaccie non erano che verbali. Ma la borghesia spaventata è ricorsa alle armi. E adesso fascismo e comunismo si sostengono l'un l'altro. L'uno è il pretesto necessario per l'altro. «· E' con lo spettro comunista che il fascismo ha avuto la piena adesione della borghesia. (Applausi). « E' del pari dalla violenza della guerra nazionalista che probabilmente è venuto il bolscevismo. « Ma all'infuori dell'esperienza puramente italiana, c'è nel fascismo qualche cosa di internazionale. « Dapprincipio, la borghesia industriale era democratica. Ma dal momento in cui alfa concorrenza si è sostituito il trust, alla libertà di scambio il protezionismo e l'intervento dello Stato, la borghesia ha cessato di essere liberale e democratica. « Il giorno in cui, dopo la guerra, la borghesia è chiamata a pagare la guerra, essa si ribella e cerca il suo appoggio nella dittatura. « Ascoltando la discussione di questo pomeriggio, ho accertato • 15 • BibliotecaGinoBianco
che il nostro esempio a qualche cosa ha servito e che ha insegnato agli altri a difendersi. La libertà è come il pane, come l'aria. Non la si apprezza nel suo pieno valore, che il giorno in cui la si è perduta. « Non crediate che i lavoratori italiani abbiano rifuggito dalla battaglia. Essi si sono difest: tremila morti, parecchie migliaia di feriti, di abitazioni invase, incendiate. Ma essi non sapevano. E voi potete giovarvi della nostra esperienza. ·« Continuate a difendervi, non dicendo cose che non si fanno, ma facendo cose che non si dicono (lunghi applausi). « Difendete la vostra libertà con tutta la vostra energia. Marciate con la più grande speranza per il socialismo. Fate dei pr~gressi. E' il miglior modo di aiutarci. Se la democrazia dell'Europa progredisce, anche noi progrediremo. « Il nostro proletariato conserva nel cuore tutto il suo affetto al nostro ideale. Il proletariato italiano non sarà più domani il proletariato entusiasta, ma sarà al vostro fianco più solido, più puro sulla via della libertà e del socialismo ». (Una lunga ovazione saluta la perorazione del delegato italiano).' 1 Era stato detto che a Bruxelles· Matteotti avesse enunciato il presentimento, ritornando in Italia, di esse~e soppresso. Comunicandoci i! testo del discorso e le poche altre notizie, il compagno Max Tougouchi, bibliotecario dell'Istituto « Emile Vandervelde » (19 gennaio 1956), aggiunge: Nel resoconto del congresso « la frase in cui egli parlava della sua fine non c'è. Nella stampa fu riprodotta la stessa versione. Secondo alcune testimonianze, egli avrebbe parlato davanti alla Jeune Garde Socialiste su « La libertà ». Sfortunatamente, non ho scoperto alcuna traccia di questa dichiarazione sulla stampa ». Sempre a proposito di presentimenti, raccontò Piero Gobetti ( « La rivoluzione liberale » del 1 ° luglio 1924) che qualche tempo prima, a Torino, un antifascista profugo dal Veneto aveva chiesto a Matteotti: « Non ti aspetti una spedizione punitiva da qualche Farinacci? »; e che Matteotti aveva risposto cosl: « Se devo subire ancora una volta delle violenze, saranno i sicari degli agrari del Polesine, o la banda romana della Presidenza ». Si verificò la seconda ipotesi! Dal volume di A. Schiavi. « La vita e l'opera di G. Matteotti». - 16 - BibliotecaGino Bianco
Federazione Giovanile Socialista Italiana (f.G.S.I.) Sezione dell'lnternational Union Socialist Youth (1.V.S.Y.) FEDERAZIONE DI ROVIGO Tip. •la Grafica• - Rovigo Biblioteca Gino Bianco
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