Volontà - anno XX - n.11 - novembre 1967

ra anche una promessa non poLrebbe coslringermi ad eseguirla» (151). « 11 fallo di aver commesso un errore non è motivo sufficiente per indurmi a corn– mellerne un allro » ( 156) « Supponiamo che io abbia promesso una somma di danaro per uno scopo buono e.cl onorevole. Prima che io abbia avulo l'occasio– ne di dare effetto al mio impegno, una causa più nobile e grande di quell'altra si presenta sollecitando il mio appoggio. Quale dovrò preferire? Quella che lo merita maggiormE:nle. La mia promessa non conta nulla nella mia decisione. E' il valore intrinseco delle. cose che deve guidarmi e non un punlo di vista esteriore ed estraneo. Orbene il valore intrinseco delle cose non è alterato dal fatto che io ho assunto un impegno» ( 151). In avvenire, « l'esame comune del bene pubblico» dovrà mantenere gli uo– mini in società. Ciò corrisponde al grado più elevato del bene generale. « Si sa– rà effettuato un passo in avanti quando un popolo avrà il coraggio di assolvere il compito dell'esame comune del bene pubblico; e tale passo avanti migliorerà necessariamente il carattere degli individui. Il fatto che degli uomini si riuni– scano per stabilire la verità costituisce un lodevole indizio della loro virtù. Inol- 1re, l'obbligo dell'individuo singolo, comunque grande si ritenga, di sottoporsi alle decisioni della comunità fa prova, per lo meno in apparenza, della verità del grande principio per cui ognuno deve sacrificare i propri vantaggi al pubbli· co bene». (164·165). 2 · Tali società dovranno mantenersi piccole ed intratlenere il minimo pos– sibile di relazioni fra loro. Bisogna che questi piccoli territori godano dappertutto di autonomia (561). « Fino a 1an10 che una comunità si attiene alle leggi della ragione, essa non può provare in modo anche minimo il desiderio di allargare il proprio territorio» (566). « Tutti i mali inerenti al!o Stato diventano più gravi se lo Stato si esten– de. mentre si fanno meno sensibili man mano che esso si rimpiciolisce. L'ambi– zione che nel primo caso si manifesta in modo più terribile della peste non n-o– va invece più spazio sufficiente per esercitare la sua azione nel secondo caso. I disordini popolari possono causare le conseguenze più funeste se hanno libe– ro campo come i movimenti del mare in una vasta estensione d'acqua; per con– Lro, in un ambiente limitato, rimangono inoffensivi come onde lievi sullo specchio di un laghetto. La moderazione e l'equità non si riscon1rano se non nelle aggio. merazioni di superficie ristretta» (562). « Il desiderio di allargare il nostro ter– rilorio, di conquistare gli Stati limitrofi o di contenerne la superficie entro i limiti da noi voluti; quello di innalzarci con l'astuzia o la violenza, tutto ciò non procede che per elfelto di pregiudizi e di illusioni. Chi dice potenza, non di– ce felicità ... Sicure-zza e pace valgono più di un nome che faccia tremare le altre nazioni; gli uomini sono fratelli. Se noi ci riuniamo sotto una latitudine qualsiasi, vuol dire che la nostra pace inlerna oppure la temerità di un avver– sario comune lo richiede. Ma la rivalità delle nazioni è un prodotto della nostra. immaginazione» (559). Questi piccoli territori dovranno, dunque, intratlenere il minor numero di relazioni fra loro. « Le relazioni fra individui non sono mai abbastanza frequen– ti nè abbastanza libere; ma per le società, non è giovevole che abbiano molti 653

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