Volontà - anno XX - n.11 - novembre 1967

provenienti da csplora1ori esterni ed inferni. Da ques1a organizzazione sorge un clfe110 di senso. Ma l• evidente che, perchè vi sia or• ganizzazionc, occorre che il reale am· hirn1ale sia organizzabite, cioè che non sia un caos informe cd inslabilc. Un bJmbino che ascoltasse ogni gior• no una lingua diversa non ne apprende• rà ne~suna. Egli apprende le parnle, poi. più tardi, le fra~i di una, talvolta di dui..:,lingue. La lingua che apprende - nell'imparare a struttui-arc le serie di fonemi e la sem:rn1ica di queste serie, quindi, secondo la teoria di Chomski, in~eriorizzando una gram– matica generativa che genera ogni fra– se possibile di qul;'sta lingua - e quel• la che parlano gli adulti del suo am– hii..:nl!.!,Ess,1 è il prodotto di una pra· tica sociale, di quella di soggelli par– lanti che trasformano la lingua parlan– dola. come dimostra la linguistica diacronica, e che riprendono questa lingua per parlarla quotidianamente (8). Lo stesso avviene della maggior parte degli oggetti del mondo che co– ~lituiscono i riferimenti delle parole, che sono il prodotto di una auivi1à sociale poichè sono il risultato del la– voro umano. li loro essere stesso è condizionato dall'economia del gruppo 5ocialc nel quale è nato il bambino. Non è uguale nascere in un H.L.M., in un villaggio di indiani Bororo o nel palazzo della regina d'Inghilterra. Nella misura in cui la lingua, la paro– la degli adulti, gli oggetti che popolano il mondo, esprimono la struuura so· cialc che li ha prodotti, poichè questi oggelli e queste pratiche adulte sono slrutturanti per il bambino, si può di• re• che, per la mediazione della prassi del!li adulti, il bambino è strntturato dalla società nella quale ,,ivc on bisogna tuttavia interpretare questa attività strutturante del rondo sociale come un fenomeno passivo. Queste strutture ciel mondo, che si prc· sentano al soggetto, esso le percepisce e reagisce effettivamente. Per il pcn• siero prcoggettivo del bambino, pensie· ro •magico•, •selvaggio•, •affettivo• <c~sendo questi termini portatori di slumature di significati che li rendono complementari), le situazioni non han– no lo stesso significato che per gli a· dulti. Uno dei paradossi dell'educazione è che l'adulto ha dimenticato il signiri• calo delle cose per il bambino e che il hambino non può assolutamente cono· sccre il significato che esse hanno per fdi adulti. Vi è dunque, obbiettivamen– te, una incomprensione radicale fra il mondo del bambino e quello dell'adul· to che lo educa, quando, percependo ciascuno i comportamenti dell'altro come aventi senso per lui, sì produce una comunicazione a doppio senso u· nico, una comunicazione in una illu· sione di comprensione che dissimula una incomprensione r:.tdicale. Per il bambino, divcniare .grande•, significherà accedere nel mondo degli adulti attrawrso l'oblio del mondo dell'infanzia. Sarà cambiare il signifi· c"to delle cose per sé. Si vede dunque che questa incomprensione ha un valo· re formativo. Essa instaura una dialet. tica, fonte di evoluzione per il bambi· no, ma anche fonte di un conflitto esistenziale che, fin da questa età, fon. da l'essere dell'individuo come essere dialettico, conflittuale in lui e nella sua relazione con gli altri. Vedremo pili oltre che è solamente con l'edifica· zionc delle sovrastrullurc della coscicn- 627

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