Volontà - anno XX - n.8-9 - agosto-settembre 1967
per conseguenza, sulla decentralizzazio. ne, sull'azione piuttosto che ~ull'ideolo. gia, sulla solidarietà anzichè sugli in– teressi economici. Erano precisamente queste le qualità che mancavano ad un movimento socialista che aspirava alla influenza politica e al potere, nelle na– zioni in cui il capitalismo era in espan– sione. Korsch si preoccupava poco di sa– pere se questa interpretazione del mar– xismo rivoluzionario, improntata allo anarchismo, era fedele a Marx o meno. L'importante, nelle condizioni del capi– talismo al XX secolo, era c:i ritrovare queste tendenze anarchiche per risve– gliare un movimento operaio. Korsch sottolineava che il totalitarismo russo era strettamente collegato alla convin– zione di Lenin che si dovesse temere anzichè stimolare la spontaneità della classe operaia, e che certi strati non proletari della società - l'intelligcnt· sia - avevano la funziQne dì dare alle masse la coscienza rivoluzionaria, es– sendo queste incapaci di acquistare da sole la loro coscienza di classe. Lenin non fece che sprigibnarc e :l· dattare alle condizioni russe ciò che, in silenzio senza dubbio, aveva da mol– to tempo preso posto nel movimento socialista, cioè: il dominio dcll'organiz– zazibne sugli organizzati, il controllo dell'organizzazione da parte della ge– rarchia dei dirigenti. La ri\oluzione borghese a\'eva difru– so le idee di libertà e d'indipendenza, di razionalità e di democrazia, ma qu.::– ste idee non potevano esser tradotte nella rea,lftà, nella società cli classe borghese. La critica dell'economia po– litica svolta da Marx era, dunque, per questo motivo, un programma di ri– voluzione proletaria per l'abolizione delle relazioni di classe. Poco importil– va che la maggior parte del mondo si trovasse nelle strette della rivoluzione borghese o dovesse ancora ~ubirle. Do– ve tale rivoluzione trionfava, nello stes– so istante, aveva creato l::i sua nega– zione: le aspirazioni del proletariato industriale. La rivoluzione borghese non era la fine, ma al contrario, il prin– cipio di una rivoluzione !-ociale «per– manente» che non sarebbe cessata al– tro che quando non fosse più lo stru– mento dello sviluppo sociale, cioè nella società senza classe. Non si poteva pre– dire la durata di questo processo, se non in funzione dello sviluppo della coscienza di classe, dell'intensità delle lolle reali del proletariato. Ciò nono– stante l'esistenza di tale coscienza e delle lotte proletarie per degli obietti– vi di classe, se pur limitate ai quadri di una rivoluzione borghese, permette– va di presagire che la rivoluzione pro– letaria sarebbe stata l'esito finale dello sviluppo capitalista. Ma essendo il mondo dominato dalla borghesia, le funzioni rivoluzionarie del proletariato dovevano essere unica– mente di indO!e critica, tanto nel cam– po della teoria quanto in quello della prassi. Questa critica doveva anche es– sere rh 1 olta alle lacune della rivoluzio. ne borghese poichè il capitalismo ve– niva considerato come la precondizione del socialismo. Ma lo sviluppo del ca– pitalismo si accelerava e la durata dd– la sua vita si abbreviava in ~eguito al– l'iniziativa crescente della classe ope– raia e, contemporaneamente, delle azio– ni di classe del proletariato. Se era ne– cessario sostenere la rivoluzione bor– ghese ciò avveniva soltanto per creare una base di partenza per la ri,·oluziQne proletaria. Tale azione non poteva far a meno di una coscienza di e-lasse chia- 525
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