Volontà - anno XX - n.8-9 - agosto-settembre 1967

Dopo lllnghi anni di volgari compromessi, di conformismi e u– briacature e/e11orali, /'idea di rivoluzione riappare in 1111ovesperien– ze. Sono clue metodi e due linguaggi diversi, due strcule divergenti che parlano però dalla stessa fede nell'azione dell'uomo e del popolo 11011 più manovrati dall'alto. « Lll guerra è inerente al capitalismo, particolarmente quando q1,esto riveste la forma de/l'imperialismo e per abolire ogni loua col– lettiva omicida ci vuole una rivoluzione di tutta la vita politica e so– ciale. Una rivoluzione prodotta da una nuova mentalità dei lavoratori manuali e intellet111ali; capaci di controllare e dirigere la vita econo– mica e sociale e dì rendere impossibile ogni guerra, una rivoluzione senza violenza percl,è: 1° una rivoluzione è sanguinosa nella misura in cui essa è mal preparata; 'l" il sangue sparso dalla rivoluzione è il segno della sua concrela imperfezione». Sono dichiara:,ioni del pacifisla olandese De Ugt, oggi riprese ed agitate dai gruppi nonviolenti. Dal canto suo, Régis Dehrey scrive nel suo libro: « Nella maggioranza dei paesi latino-mnericani solo la lolla annata ha incomi11ciato a far uscire la rivoluzione dal suo ghet- 10, dalle sue chiacchere 11niversitarie e da una casta di funzionari. Per dirla in linguaggio da filosofo, una certa problematica è nwrra ... Que– sta problematica è propria di quella che si chiama - politica spor– ca -. Per sfuggirvi bisogna cambiare terreno in flllti i sensi». E lo stesso autore si riallaccia ad una /ettera di Fide/ Castro guerriglie– ro, prima che divenisse uomo di Stato. « Adesso si che so cos'è il po– polo; lo vedo in questa forza invincibile che ci circonda da tutte ll parti, lo vedo nelle co/01111e cli trenta o quaranta 110H1ini, illuminati dalle lorce, che scendono pendii infangati, alle <lue o alle rre della mattina con sessanta libbre sulle spalle, che vengono a portarci i ri– fornimenti. Chi li ha organizzati in un modo così sple11dido? Da dove hanno preso tanta abilità, tanta astuzia, tanto coraggio, tanta abne– gazione? Non lo sa nessuno. E' quasi un mistero: si urganizzano da soli, spontaneamente! ... La forza non può più niente contro di loro. Dovrebbero ammazzarli rutti, fino all'ultimo contadino e questo non è possibile, nemmeno per la tirannia; e il popolo se ne rende conto e diventa ogni giorno pii, coscie11te della sua immensa forza ». La stessa fede nelle Cllpacità creative del popolo viene espressa nel libro di Capitini laddove trnlla della rivoluzione permanente at– lunta con i centri al livello delle moltitudini e del potere o controllo esercitato dal basso. Un altro motivo in comune in queste due espe. rienze tanto diverse è la rotrura vissuta con la società borghese ed i s11oimiti. Scrive Debray: « La giungla della cillà 11011 è così selvag– gia: non si lotta per non morire. La vita è di tutti, data in modo disuguale, ma comunque data. La ritroviamo nel co111111erciante sotto forma di prodotti finiti: la carne squartata, il pane collo, l'acqua nel 452

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