Volontà - anno XX - n.7 - luglio 1967
non comprenderebbe che intanto esso mangia perch(' ha la bocca. di cui essendone privi !'altri membri non possono in conseguenza mangiare con essi? Se nell'esempio da me proposto è pazzo il capo di cui ho parlato, pazzi del pari saranno quelle per– sone, quei popoli e quei tiranni che affliggono i loro sudditi pcrchC non sel:!uono e non esercitano il medesimo culto di cui fanno essi professione. lmperciocchè come mai potranno esercitarlo. se in essi mancano i mezzi? Chiunque è ebreo, maomettano e di altra religione non può affabto abbandonare quei pregiudizi che ha succhiati as– sieme col latte dai suoi genitori. Per scuotere il giogo di tali pregiudizi. per far ravvedere dei loro errori i Turchi. !'Ebrei o altri simili. bisogna preparargli !'opportuni mez.-J, senza i quali non sarebbe possibile di richiamarli alle nostre massime, ancorchè usass;mo contro di loro ogni immaginabile violenza. Or quali sono questi mezzi? Sono essi l'istillargli quei principi di verità che sono atti a fargli conoscere ren-ori insegnati loro dai maestrj e congiunti. Insomma consistono. i mezzi dei quali io parlo. nel rimuovere e svellere dalle loro menti i pregiudizi inveterati che vi han fatte alte radici, e nello spargervi nuovi semi di sapienza e di verità. Quando non siano usati questi rimedi, nè J'F.brei. nè i gentili. nè qualunque altro popolo si ridurrà ad abbandonare la sua religione. ancorchè si ponesse loro davanti il fuoco, il ferro, la forca. Anz.ichè, adoprandosi centro di loro la violenza, si rarebbc peggio, e sempre pii'..1 si ostinerebbero nei loro errori e nelle massime ohe rin dall'infanzia hanno reputate sempre vere e sacrosante. L'esperienza ci insegna che un uomo per non farsi avvincere dal suo nemico di ceppi e per con– servare la libertà del suo corpo, agisce forsennatamente, nè cura di esporre a qua– lunque siasi repentaglio la propria vita. Il medesimo è da dirsi se alcuno scorge in pericolo la libertà del suo spirito, cioè se vedesi in stato di dovere abbracoiare quel culto che egli crede falso ed abbandonare quell'altro che crede vero. Le sue rorzc si unìscor.o allora. si stringono per respingere la violenza che g]i vien fatta, e se talora deve cedere alla maggior forza, diminuita questa o rimossa. il suo animo ri– prende la sua nativa elasticità, e torna l'uomo nuovamente al primiero suo stato, cioè a professare ed a sostenere l'antico suo culto. Per queste ragioni nessun regno antico. nessuno Stato o repubblica ha pensato mai di violentare i popoli a sè soggetti arrinchè seguissero per forza alcun genere cli religione o di setta. Quanti epicurei non vi erano in Roma, che negavano nei tempi antichi J'immort.alità dell'anima, le J)C'nceterne, e sino la provvidenza. prescienza, cd altri nobili attributi di Dio? Quantli stoici non vi esistevano, che erano panteisti, o sia reputavano essere lddio ìa stessa materia animata dell'universo? Queste dottrine crono contrarie al culto che in quei tempi si professava daJ popolo: e pure venivano tollerate e permesse. Perchè ciò? Pcrchè i saggi Romani conobbero col lume della retta ragione che non si debbono l'uomini rendere mai l'arbitri e i signori delle altrui opinioni, ma che si deve ciascun lasciare nella libertà di pensare a suo modo. Se così operarono i vostri antenati, o Romani, perchè non imitate il loro esempio, perchè non vi mostrate degni figli dei padri vostri? Non riguardate, io vi prego, ciò che hanno saputo per vari secoli fare in questa città i Papi e preti vostri. Hanno essi tenuto aperto sempre un macello per iVi far scannare tutti quelli i quali avessero abbcrndonato il loro culto. Quale sia stato questo 430
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