Volontà - anno XX - n.7 - luglio 1967
passando per Lido, Malamocco e Pelle– strina, pc1· una lunghezza totale di cir– Cé\ 40 chilometri. Queste breccie sono state colmate, piì1 o meno completa– mente, con i cosiddetti «murazzi», rea– lizzati dalla Repubblica Veneta dal 1744 al 1797 e misuranti in tullo 5.300 metri. Questa poderosa opera è stata poi com– pletata nel XTX secolo da due gettate, lunghe alcuni chilometri, che proteg– gono il porto (militare) di Malamocco dalle alluvioni trasportate dalle cor– renti marine del litorale, le stesse che hanno chiuso al traffico, dal 15.mo se– colo, il porto di Lido. Infatti - come scrive il Reclus - «senza gli sforzi de– gli ingegneri idraulici veneziani di de– viare tutti i torrenti che si gcuavano nelle lagune venete, quest'u!tirne sareb– bero da secoli ricolme e Venezia avreb– be perduto il suo prezioso mare inter– no». Ma oggi é dal mare che proviene il pericolo, un pericolo che potrebbe es– sere mortale. L'altezza delle maree au– menta: dal 1867al 1916 solo sette volte le marce hanno superato i 110 centime– tri, mentre dal 1917 ad oggi esse sono state 40. Si :.ggiunga a ciò il fatto che anche Venezia subisce un fenomeno di abbassamento: dal 1908 al 1961 sono stati registrati 18 centimetri. La città sprofonda. Arriviamo così alla Toscana e pilt particolarmente all'Arno il quale non è la prima volta, purtroppo, che inonda Firenze e Pisa, co<;Ìcome la campagna fra le due città. Tanto per la storia, si sono avute importanti alluvioni nel 1269, 1288, 1333, 1547, 1557, 1589, 1708, 1844 e 1864. Dal 1871 al 1941 sono state registrate 74 inondazioni di media for– ;,a, sufficienti però per invadere tutte le campagne al nord di Firenze. 400 Eppure, di tutta la regione climatica tirrenica, la Toscana è la zona meno piovosa. La piovosità maggiore si ri– scontra però sulle Alpi Apuane e su tutta la fascia degli Appennini al nord di Lucca e di Pistoia ed intorno al Monte Falterona (da cui nasce appun– to l'Arno), al disopra dei 1.500 metri: si superano qui i 2.000 millimetri an– nui di pioggia. Ora, tutti i corsi d'acqua dell'Appen– nino Toscano, formalo da terreni in p1·evalenza impermeabili, hanno un re– gim1;: torrentizio, cioé «frequenti piene alternate a forti magre tra l'autunno e la primavera», e di loro il Di Tella scriveva: «Ai torrenti rapaci dell'Aspro– monte, si alllinea, con graduali passag– gi, la lunga fila di 101-rcnti a calanchi - erosioni di banchi di argille - del– l'Appennino emiliano e tosco-romagno• lo». Così, l'Arno, con una portata me– dia di 100 meti·j cubi al secondo, ha avuto punte minime di 2 metri cubi nel 1931 e massime di 2.200 metri cubi nel 1949. Nel novembre scorso il volu– me della Sicve, affluente dell'Arno, è passato da 0,5 a 560 metri cubi al se– condo. Naturalmente, con la distruzione dei boschi, particolarmente forte dal 1920 al 1940, queste piene sono aumentate di intensità e contro di esse si è cercato di lottare alla meglio, costruendo, dal– l'Arno all'Ombrone, argini (nel 18.mo secolo importanti lavori di arginamen– to hanno avuto luogo nel Valdarno), regolarizzandO" gli alvei, proteggendo i terreni denudali dall'erosione .. Le responsabilità 11 problema delle inondazioni è un problema di ingegneria idraulica e fo– restale che può essere senz'altro riso I-
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