Volontà - anno XX - n.5 - maggio 1967
tra i primi Anabattisti, particolarmente in Johannes Denk (Cfr. Luctwig Keller: Ein Apostel der Wiedertduger). Rabelais e Fenelon nelle loro utopie, espressero anche idee simila– ri, che si trovano pure' nel secolo XVIII tra gli enciclopedisti francesi, dal Prologo di Oìderot al Voyage de Bouganville etc., oltre che in Rous– seau. E' quasi certo, tuttavia, che queste idee non poterono svilupparsi allora a causa della rigorosa censura della Chiesa cattolica romana. Queste idee hanno trovato successivamente la loro espressione du– rante la Rivoluzione francese. Mentre i Giacobini facevano il possibile per centralizzare tutto nelle mani del governo, da alcuni documenti pub– blicati recentemente sembra che le masse del popolo, nelle loro muni– cipalità e «sezioni>, compiessero un lavoro costruttivo considerevole. Ad esse sono attribuite le elezioni dei giudici, l'organizzazione dei cre– diti e dell'approvvigionamento dell'annata, come anche, nelle grandi città, il lavoro per i disoccupati, l'amministrazione delle opere di bene– ficenza, ecc. Esse anche cercarono di stabilire un rapporto diretto tra i 36.000 comuni della Francia, tramite la mediazione d'un «bureau> speciale, al di fuori dell'Assemblea Nazionale (Cfr. Sigismond Lacroix: Actes de la Comm.une de Paris.). Fu. Godwin, ntlla sua « Enquiry Concernig Political Justice > (1793), a formulare per primo le concezioni politiche ed economiche dell'anar– chismo, benché egli non abbia dato questo nome alle idee sviluppate nella sua importante opera. Le leggi - scrive - non sono un prodotto della saggezza dei nostri avi: sono il prodotto invece delle loro passioni, della loro timidezza, delle loro gelosie e delle loro ambizioni. Il rimedio che propongono è peggiore del male che vogliono curare. Solo se fosse– ro abolite tutte le leggi ed i tribunali e solo se le decisioni dei coflitti che insorgono venissero lasciate ad uomini ragionevoli, scelti a questo scopo, solo allora si svilupperebbe progressivamente la vera giustizia. Quanto allo Stato, Godwin ne ha reclamato chiaramente l'abolizio– ne. Una società - scrive - può esistere perfettamente senza alcun go– verno: le comunità dovranno essere piccole e perfettamente autonome. Parlando della proprietà, sostiene che i diritti di ciascuno « su ogni prodotto capace di contribuire al benessere dell'uomo> debbono essere regolati dalla sola giustizia: il prodotto deve spettare « a colui ct' ne ha più bisogno>. La sua conclusione era il Comunismo. Godwin, tuttavia, non ebbe il coraggio di mantenere le sue opinio~ ni. Egli, più tardi, riscrisse interamente il capitolo sulla proprietà e ad– dolcì i suoi punti di vista comunisti nella seconda edizione della Giusti– zia politica (8 vol., 1796). (continua) PIETRO KROPOTKIN 274
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