Volontà - anno XX - n.4 - aprile 1967

lo considerano rnmc oggetto, parte di una realtà pili v~sta e pili complessa, che va dai genitori all'ambiente fami– lia1·ee sociale, e perciò si astengono dal giudicare. La morale tradizionale, pertanto, che attribuisce colpa e responsabilità al reo, deve lasciare il posto alla scienza che l'individuo riconduce alla realtà dello ambiente naturale e dell'organismo so– ciale, sottraendolo così alla pena e invo. cando per lui un processo di cure e di redenzione. L'allargamento di orizzonte che si ri. vela attraverso l'antropologia e la socio– logia criminale si nota anche nella co– siddetta psicologia sperimentale. La psi. cologia rinuncia ad entificare l'anima dell'uomo e, ridotto il soggetto ad og– getto, questo poi \'ede al dilà dei con– fini della s\Ja particolarità e ricollega attraverso un'infinità di rappo1·ti alla realtà. La psicologia sperimentale rivela tut– ta la sua portata se si passa a conside• rare la scienza che ne è derivata: la psicanalisi. E' la psicanalisi che spiega l'intrecciarsi dei fattori biologici psi– cologici e sociali, spingendo l'indagine nella sfera dell'inconscio e risalendo alle esperienze Jdl'elà infantile. E così facendo fornisce alla sociologia e alla antropologia criminale una conferma alle loro conclusioni. Affermando l'inconscio è possibile considerare il soggetto come oggetto cd allargare la realtà a tutta la real– tà. E parlare della responsabilità dello uomo, può dire giustamente Spirito, non ha più senso quando si è ricon– dotto la persona all'unità del reale, senza più alcuna <.!istinzionc tra corpo ed anima. Queste le conclusioni della scienza. Ci si accorge così che ment,·e la filosofia assolutizza arbitrariamente 218 il soggetto particolare e lo pone come giudice rispetto agli oggetti e agli al– tri soggetti, la scienza riconducendo il soggetto all'oggetto, il valore al fallo t", problematicizzando ogni realtà, fa ca– dere definitivamente la presunzione di giudicare. Ma se abbiamo che la filosofia vive intrinsecamente .illa scienza, anche il giudizio di fatto t'.eve contcnc1·c imma– nente il gtudizio di valore. E noi la– sciandoci guidare da questo ricono. scimento cercheremo di chiarire come avviene, secondo Spirito, la risoluzio– ne dell'un giudizio nell'altro. Proseguendo l'indagine dal punto do. ve l'abbiamo lasciata, vediamo che sì lo scienziato si è preoccupato di com· prendere la realtà senza approvarla o disapprovarla, ma in effetti ciò che ha escluso dal proprio giudizio è soltan– to la disapprovazione poichè la com– prenzione non può non implicare la spiegazione e quindi l'approvazione. In– fatti, spiega Spirito, comprendere un fenomeno, significa comprendere la ne• ccssità e cioè l'c::ssenziale legame del molteplice con l'uno. li che natural– mente è possibile soltanto se il lega– me esiste e cioè ~e il nostro ricercare presuppone il carattere sistematico o razionale del reale. Se cerchiamo di comprendere è per· chè ammettiamo la razionalità del rea– le. 11che vuol dire che la comprensione dovrà esprimersi in un giudizio di fatto come « giudizio di valore positivo». Comprendere significa g?udicarc po– sitivamente, giudica negativamente chi non comprende. A questo attcggiamen io Spirito dà il nc,me di «amore», in– tendendo con esso il processo di uni– ficazione e di comunione in cui si ccr• ca di eliminare c.gni distacco tra sog-

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