Volontà - anno XX - n.3 - marzo 1967
attesa; ·doveva, nel pensiero degli educatori, costituire una tappa transitoria, indispensabile affinché i ragazzi provino essi stessi la, ne– cessità dell'ordine. Alcuni scolari chiesero che la disciplina fosse ri– stabilita dai maestri. Questi si rifiutarono; Schmid prosegue: « Quando gli scolari appresero che avrebbero dovuto far affidamento solo su se stessi, allora si preoc– cuparono di ristabilire l'ordine, e infatti lo fecero regnare. Delle as– semb!ee generali furono convoca– te, nel corso delle quali i ragazzi si rinfacciarono il disordine e cer– carono il mf:'zzo di rimediarvi... >. Così, progressivamente, il lavo– ro s'organizzò in seno a questa co– munità nuova, col concorso attivo dei genitori degli alunni. Questi stabilir0no che « la classe è un po– sto di lavoro e che quelli che vole– vano fare altre cose dovevano cer– carsi un altro luogo più. appropria– to ». Un ordine nuovo basato sulla libertà venne stabilito a poco a po– co. Wilhelm Reese scrisse a questo riguardo in « Unsere Schule (nu– mero di dicembre 1922): « In clas– :e gli alunni vanno e vengono a loro piacere. Le nostre comunità ignorano la classe della scuola uf– ficiale nella quale i ragazzi vengono incorporati senza che si domandi il loro parere e nella quale l'alun– no' stesso è costretto a restare fi– no a che le sue acquisizioni siano considerate sufficienti. A questa classe rigida è sostitui– to un gruppo elastico liberamente formato attorno all'educatore. Gli alunni scelgono essi stessi il gruppo al quale vogliono apparte- nere ed é sempre possibile cam– biarlo. In virtù. di questo sistema i ra– gazzi possono scegìiere i loro com– pagni e i loro maestri>. Il ruolo dei maestri nelle « Scuole comunitarie ». Poiché si doveva sperimentare il valore della libertà nell'insegna– mento, bisognava dunque conqui– stare la « vittoria sulla scuola», sopprimendo l'orditura rigida abi– tuale delle scuole tradizionali. Oc– corse ugualmente conquistare la vittoria sui maestri. Partendo dal principio, esposto da Muller, che « educare significa accompagnare il fanciullo sul cammino del suo li– bero sviluppo>, e che e lo sviluppo del fanciullo, la sua crescita fisica e intellettuale devono tracciare li– beramente la linea educativa, i maestri lasciarono alla spontaneità infantile la cura d'orientare natu– ralmente il processo educativo». Essi si « sottomisero > quindi a que– sta spontaneità, e si integrarono ai gruppi di scolari divenendo veri compagni di lavoro: questo Si rias– sume nell'espressione « maestro compagno». Il maestro, infatti, abbandonan– do tutta l'autorità che la sua fun– zione gli conferisce, non è altro che il compagno che agisce con l'u– nico mezzo dell'esempio, perché, come nota Fritz J0de, cié che for– ma la giovinezza non é ciò che noi diciam_o, ma ciò che noi siamo, e Rohl aggiunge: e Nella misura in cui noi sappiamo essere uomini vi– Vi che lasciamo entrare la vita nel– la scuola, i fanciulli diverranno 173
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