Volontà - anno XX - n.3 - marzo 1967
è infine per quei principi generali di cui parla Shestov, al punto da sa– crificare loro la vita, preferibilmente quella degli altri. L_a vita, sia es– sa di un individuo, di un popolo o di una famiglia, non può essere sen– za passato, ma di esso si nutre, come una pianta dalle proprie radici, e in esso riconosce la propria identità, il bene carissimo dell'ipseità. Che cosa dunque distingue l'anarchismo ufficiale, per quanto è pos– sibile definirlo, da una qualsiasi altra ideologia che si richiami dell'avve– nire, e che cosa distinguerebbe il movimento anarchico, una volta ben esteso e strutturato come ci si auspica, da un partito politico non ostile ai metodi rivoluzionari? Non una cosa sola, naturalmente. Ma una sola ne voglio qui sottolineare, e cioè una persuasione d'innocenza che qual– che volta convince e commuove, irradiando dal carattere e dalla vita di un uomo, ma più spesso lascia stupefatti, quasi tradisse un difetto men– tale o lasciasse fortemente sospettare la mala fede e la commedia. Questa persuasione d'innocenza prende veste razionale con teorie che postulano una concordia naturale fra la società e l'individuo, con– cordia rotta ed impedita, vuoi da una repressione sessuale, vuoi dall'at– tività sfruttatrice di una classe, ma che si può ristabilire vuoi colla vir– tù taumaturga di una predicazione ben fatta, vuoi con un'amputazione a sangue freddo. Per l'anarchico sostenitore di tali teorie il male è qual– che cosa di esterno, una questione di organizzazione e di sistema, e pro– gresso in questo contesto significa per lui cosi strutturare la società da ridurre sempre più l'estensione e la varietà dei disagi e delle soffe– renze. Senonchè questo progresso indubitabile, a cui noi già assistiamo, è l'opera di fattori, di persone e d'organizzazioni che con l'anarchismo non hanno nè riconoscono parentela. Così è che, per quanto l'anarchismo ufficiale si mostri permaloso, violento, sprezzante o condiscendente, ogniqualvolta si accenna a un rie– same delle teorie dei suoi maestri o gli si chiede di uscire dalle formule e dalla nebulosità, egli si rivela, all'occhio perspicace, non già una teo– ria, ma un ideale, una fede, una lealtà, una memoria, una passione, o la innocenza di cui sopra, ma non una teoria che combaci colla realtà ed al medesimo tempo si distingua in modo valido e netto da teorie rivali in questa, se pur sporcamente, inserite. Avendo nel mio ultimo articolo teorico apparso in questa rivista in– cluso la fede nella bontà della natura umana fra i « Principi base dello nnarchismo », non mi posso dissociare interamente dalle posizioni dello anarchismo ufficiale, ma mi sento in dovere di rilevarne le debolezze, ed in particolare quella che al sentimento spesso inarticolato dei seguaci dell'altro anarchismo lo accomuna ad ideologie e a pressioni restrittive, normalizzatrici e uniformatrici inerenti alle grandi e rapide trasforma– zioni dell'epoca in cui viviamo. Per l'anarchico del sottosuolo una teoria, sia pure chiamata anar- l52
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