Volontà - anno XX - n.3 - marzo 1967
l'ideale anarchico è di tutti il più bello, quello che più sforzi richiede. che più tempra e tormenta, che più offre dolcezza di sogni e più richie– de al contempo occhi bene aperti, quello infine che, essendo più im– praticabile ed esigente, più s'impregna della sostanza stessa della vita più la rende avventurosa e intensa». Con che scorno, con che sarcasmo, un anarchico così ispirato si volgerebbe all'anarchismo ufficiale, ai suoi occhi tutto formule e gram– mofonico, a base di frasi fatte, rigido, impermeabile e pietrificato! Per– ché l'anarchismo ufficiale infatti ospita gente che intende seriamente edificare il famoso palazzo di cristallo; ospita idolatri della ragione e della scienza, del due più due fanno quattro, della libertà intesa, non come balzo imprevidibile individuale, ma come norma logica universale. Tanti anarchici infatti hanno fatto il loro apprendistato .filosofico alla scuola del sensismo, del materialismo e del positivismo, e si con– siderano razionalisti al cento per cento. Predicano la tolleranza, ma so– no in tollerantissimi della irrazionalità, che non ammettono in loro stessi e sono pronti a schiacciare in altri come si schiaccia uno scor– pione. Nel miglior dei casi la riguardano con quella condiscendenza che si usa con un bambino o un malato, troppo debole e dipendente per poter resistere ad argomenti. Spesso pure i più convinti d'esser razio– nali sono quelli che meno sospettano la molteplicità della ragione. Par– lano di logica e non sanno a che punto essa sia stata portata dalle scuole analitica, semantica e logico-positivista. Credono fermamente alla possibilità di un rigore scientifico in discipline come la sociologia e la stor~a dove i miti e le ipostasi sono pressochè inevitabili; e dimenti– cano troppo facilmente, se pure l'hanno mai appreso, che ogni costru– zione logica non puramente formale è imp9ssibile senza postulati o gra– tuite supposizioni. Non li sconcertano la \"arietà e la complessità delle scienze, nè la relatività e il carattere provvisorio d'ogni conclusione spe– rimentale. Non sono infine sufficientemente rispettosi del linguaggio, cosa viva e solo log.i,ca in parte, perché evitino di cadere marchiana– mente in qualcuna delle mille trappole ch'esso tende a chi s'immagina di poterlo sottomettere a un enunciato logico perfetto. A scanso d'equivoci e di polemiche male impostate dichiaro subito che non sono un apostolo dell'irrazionale e che sono il primo a con– dannarlo, quando, e solo quando, specie nelle sue manifestazioni col– lettive e organizzate, esso offende la coscienza etieR, viola la santità della vita e deturpa il tabernacolo della soggettività. La ragione m'è cara, ma la voglio rispettosa di tutta quella trama d'irrazionalità di cui la nostra vita s'intesse, e sopratutto di quelle pascaliane ragioni del cuore che la ragione non intende. La ragione m'è cara, ma non come fomite di orgoglio o come maschera e strumento di una volontà di po– ten2ia. Essa m'è cara perchè coraggiosa e precaria, perchè l'amore che 150
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